Profeta Abacuc
La miniatura del Menologio di Basilio II
Il profeta Abacuc o Abacucco (dall'accadico Habakkuk, ebr. Hăbaqqūq, חֲבַקּוּק "forte combattente"; gr. Ἀμβακούμ, Ambakoúm; in lat.: Habăcuc) è un profeta ebreo dell'Antico Testamento, l'ottavo dei dodici profeti minori; discendente della tribù di Simeone, visse e profetizzò intorno al 650 a. C. poco prima della distruzione di Gerusalemme ed fu contemporaneo al profeta Geremia. Nella tradizione ebraica Abacuc è il figlio della donna di Sunem, la cui nascita era profetizzata dall'profeta Eliseo (2 Re 4, 16).
Secondo altra versione, profeta Abacuc apparteneva alla tribù di Levi e aveva chiaramente un legame con il servizio del tempio, e quindi predicò nel regno di Giuda, il periodo del suo ministero può essere determinato dalla natura dei discorsi che smascherano la malvagità dei suoi contemporanei. La maggior parte degli studiosi concorda sul fatto che il libro sia stato probabilmente composto durante il regno di Gioachino, re di Giuda (609-597 a.C.).
Come dice profeta, per i peccati degli ebrei, come strumento della Sua punizione, Dio promette di inviare i Caldei. Sulla base di questo fatto, gli studiosi ritengono che Abacuc visse durante il regno del malvagio re Gioachino, che assunse il potere dopo il pio Giosia. Giosia stesso morì in battaglia contro il faraone Neco II, nella battaglia presso la famosa collina di Meghiddo (da cui proveniva il nome greco Armageddon, che l'apostolo Giovanni usa nell'Apocalisse (Ap 16, 16)). Ciò accadde nel 609. Pertanto, re Gioachino fu inizialmente un tributario dell'Egitto e, dopo l'attacco di Nabucodonosor, di Babilonia.
Secondo racconto di Sant'Epofanio di Cipro nel suo libro "Sulla vita dei profeti", profeta Abacuc era figlio di Sunammita e il suo nome significa "abbraccio", proveniva dalla tribù di Simeone, dalla terra di Giudea, Durante la sua vita virtuosa, ricevette da Dio il dono della profezia e profetizzò sulla schiavitù di Gerusalemme, la distruzione del tempio e la schiavitù delle persone, e pianse amaramente, prevedendo i guai che dovevano accadere.
Il libro del profeta probabilmente risale al periodo dal 605 (della battaglia di Carchemis) al 597 (primo assedio di Gerusalemme). Le sue profezie costituiscono l'ottavo libro della raccolta dei 12 profeti Minori (Treassar) nel canone ebraico e sono composti da 56 versetti divisi in tre brevi capitoli.
Abacuc era preoccupato dal fatto che Nabucodonosor distruggerà il tempio e lo deriderà. Il beato Girolamo di Stridone sottolinea che il profeta, nel suo tormento spirituale, non sa ancora che l'oro si purifica col fuoco, perché circa un secolo dopo apprenderemo che anche i tre giovani uscirono dalla fornace molto più puri di prima (Dn 3, 94).
Miniatura bizantina del XIV secolo
Il suo tempo è stato determinato dalla previsione dell'invasione dei Caldei (Ab 1, 6) e dalla descrizione dello stato e della comunità ebraica, in cui, nonostante l'illegalità regnante, il servizio nel tempio continuava. Secondo le tradizioni dei Padri della Chiesa - Epifanio di Cipro, San Teodoreto, San Girolamo, Sant'Agostino e Sant'Isidoro di Spagna, il luogo di nascita del profeta era il piccolo villaggio di Betzohar, altrimenti noto come Viezakhir. Cresciuto nell'amore della gloria del Nome di Dio, con zelo denunciò le iniquità del suo popolo. Dopo la fine della guerra contro i Babilonesi, il profeta Abacuc tornò in patria e morì in tarda età.
La visione dei Ezechiele ed Abacuc, icona serba 1395
L'ottavo libro dei dodici profeti minori, fu scritto dal profeta del VII secolo a. C. (probabilmente tra il 605 e il 597 a. C.) ed è composto da tre capitoli. Nel primo capitolo della profezia invoca: "O Signore, fino a quando implorerò aiuto e tu non mi ascolti?" (cap. 1, ver. 2). L'ultimo capitolo è un inno che anticipa la liberazione che sarà operata dal Signore.
Il profeta Abacuc predisse la distruzione del tempio di Gerusalemme, la cattività babilonese e il ritorno dei prigionieri in patria. "Saccheggio e violenza sono davanti a me, e sorge l'inimicizia, e sorge la discordia. Perciò la legge è indebolita e non c'è giustizia; poiché l'empio prevale sul giusto, perciò il giudizio è pervertito" (Ab 1, 3-4). Durante la guerra contro i babilonesi, il profeta si recò in Arabia, dove gli accadde un miracolo simile. Mentre portava il pranzo ai mietitori, un Angelo di Dio lo incontrò e lo trasportò all'istante, con il potere del suo spirito, a Babilonia, dove il profeta Daniele si trovava in prigione in quel momento. Così, il profeta perseguitato si saziò del cibo destinato ai mietitori.
Il libro prefigura l'imminente destino del regno dei Caldei, così come la distruzione di Babilonia. Il profeta Abacuc predisse la distruzione del tempio di Gerusalemme, la cattività babilonese e il ritorno dei prigionieri in patria. Il Signore rivelò al Suo profeta che tutta la salvezza del popolo eletto tra queste calamità sta nella fede, e gli stessi Caldei orgogliosi e sfrenati avrebbero dovuto sperimentare lo stesso destino che avevano preparato per il popolo sconfitto (Ab 2, 4). Il profeta Abacuc predicò un futuro, quando "la terra sarà piena della conoscenza della gloria del Signore, come le acque riempiono il mare" (Ab 2, 14).
Per timore di gettare i suoi compatrioti nella disperazione della loro imminente prova da parte di Dio, che pronunciò una parabola del destino dei Caldei, il profeta Abacuc annunciò il quintuplice destino degli oppressori (Ab 2, 9-19). In questa parabola mostrò che tutto degli idoli e della potenza dei Caldei è il nulla davanti alla grandezza del vero Dio, che si prese cura della salvezza del Suo popolo.
Quando Nabucodonosor, il re dei Caldei, venne a Gerusalemme con le sue truppe, Abacuc fuggì nel paese degli Ismaeliti e fu in terra straniera. Durante la guerra con i babilonesi, il profeta si ritirò in Arabia, dove gli accadde un altro miracolo. Nel libro di Daniele (Dn 14, 33-39) si racconta una storia su Abacuc, trasportato a Babilonia dall'angelo "con la forza del suo spirito", portò cibo alla profeta Daniele, gettato nella fossa con i leoni. Mentre portava la cena ai mietitori, un angelo del Signore lo incontrò e lo trasferì immediatamente con il potere del suo spirito a Babilonia, dove in quel momento il profeta Daniele languiva in prigione.
Mosaico del 1180-90 nella cattedrale di Monreale
L'ultimo terzo capitolo è un canto religioso poetico che ricorda i salmi, con quale il profeta loda il Signore, concludendo così: "Io invece mi rallegrerò nel Signore, esulterò in Dio mio Salvatore! Dio, mio Signore è la mia forza, Egli rende i miei piedi più veloce di quelli dei cervi e mi condurrà sopra le alture" (Ab 3, 18-19).
Mosaico del XII secolo, basilica di San Marco a Venezia
Mosaico nella basilica di San Marco a Venezia, 1230 -40
Il testo della profezia di Abacuc è importante per l'ebraismo e alcuni brani del libro sono citati nel Nuovo Testamento, e il suo messaggio ispirano gli inni cristiani. L'apostolo Paolo cita profeta (Ab 2, 4) tre volte per sostenere la sua dottrina (Rm 1, 17; Gal 3, 11, 13; Eb 10, 37-38), ed, inoltre, nel discorso di San Paolo nella sinagoga di Antiochia a Posidia (At 13, 41). Il profeta Abacuc predisse la grazia della giustificazione mediante la fede: "Ecco, soccombe colui che non ha l'animo retto, mentre il giusto vivrà per la sua fede" (Ab 2, 4; cfr. Gal 3,11; Eb 10, 38). Le parole di Paolo alla fine del versetto 17 sono tratte da Abacuc 2, 4: "Il giusto vivrà per fede" (Rm 1, 17), "Il mio giusto vivrà mediante la fede; ma se indietreggia, la mia anima non si compiace in lui" (Eb 10, 38). Le stesse parole che l'apostolo cita nelle Epistole ai Galati 3, 11: "E che nessuno possa giustificarsi davanti a Dio per la legge risulta dal fatto che il giusto vivrà in virtù della fede". Nella Lettera ai Romani San Paolo afferma: "potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede, del Giudeo prima e poi del Greco" (Rm 1, 16) e "giustizia di Dio per mezzo della fede in Gesù Cristo, per tutti quelli che credono"(Rm 3, 22)
Origene e Girolamo commentavano profeta Abacuc. Il suo commentario Girolamo finì nel 393, dedicandolo al vescovo d' Aquileia Cromazio.
Sul profeta Abacuc si canta nel canone pasquale: "Sulla Divina Guardia, Abacuc ispirato da Dio...".
Nell' arte paleocristiana profeta Abacuc spesso è raffigurato presso da angelo per capelli e trasportato da Daniele per portarli cibo nella fossa dei leoni. La scena del profeta Daniele nella fossa dei leoni (Dan 14, 33-39) si rappresenta sul rilievo delle porte della chiesa di Santa Sabina a Roma (ca 430), nelle miniature della topografia cristiana di Cosma Indicopleuste (IX secolo, Vat. Gr. 699), del Menologio di Basilio II (IX secolo), nel mosaico di San Marco a Venezia.
Durante il regno dell'imperatore bizantino Teodosio il Giovane (408-450 d. C.), furono ritrovate le sue reliquie. Secondo una tradizione medievale le spoglie del profeta Abacuc ci sono nella cattedrale di Nocera Inferiore. .
Affresco del XIX secolo nella chiesa di San Cirillo a Kyiv.
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