martedì 6 agosto 2024

La Trasfigurazione di Nostro Signore


La Trasfigurazione di Nostro Signore

di  Yaryna Moroz Sarno

Sei stato trasfigurato sul monte, o Cristo Dio, 
mostrando ai Tuoi discepoli la Tua gloria quanto più potevano. 
Possa la Tua luce originale splendere anche su noi peccatori. 
per le preghiere della Madre di Dio, o Datore di luce, gloria a Te.

Troparion, voce 7


 
 


   La Trasfigurazione di Gesù è legata con la Passione e la Croce del Salvatore. Per questo la festa della Trasfigurazione del Nostro Signore (Μεταμόρφωσις τοῦ Κυρίου καὶ Θεοῦ καὶ Σωτῆρος ἡμῶν Ἰησοῦ Χριστοῦ) che accade il 6 (19) agosto, ciò 40 giorni prima della festa dell’Esaltazione della Croce che è il 14 (27) settembre. Come diceva Sant'Anastasio Sinaita, "Sul Tabor furono preannunciati i misteri della crocifissione, rivelata la bellezza del Regno e manifestata la Seconda discesa e venuta in Gloria di Cristo".
   Questa sollenità è stata posta tra le dodici più grandi feste dell'anno liturgico nel calendario bizantino. La festa della Trasfigurazione del Signore si celebrava localmente in Palestina dal IV secolo, forse è stata introdotta in Armenia nel IV secolo e nel V secolo nell’area siriaca; è documentata nel VII secolo nella Siria occidentale. I canoni ed inni della festa sono stati creati da San Cosma il Melode di Maiuma (674 ca - 751 ca) e San Giovanni Damasceno e si usano ancor adesso. Il Grande Vespro è stato composto da Cosma di Maiuma,  il Mattutino con i due canoni uno di Cosma ed altro di Giovanni Damascemo (650 ca - 749 ca), che scrisse anche sulla Trasfigurazione del Signore (PG 96, coll. 545-576).   
   Fin dall'antichità la tradizione della Chiesa il monte Tabor è stato compreso come luogo della Trasfigurazione, anche se il nome del monte non è stato menzionato nei Vangeli. Secondo la tradizione attestata già nel IV secolo da Cirillo di Gerusalemme e da Girolamo, il luogo dove sarebbe avvenuta la Trasfigurazione si indetificava con il monte Tabor. Nel IV secolo Sant'Elena costruì la chiesa della Trasfigurazione e la chiesa dedicata ai testimoni della Trasfigurazione: gli apostoli Pietro, Giacomo e Giovanni sul monte Tabor.
   Nella Trasfigurazione si mostrano le due nature inseparabili di Gesù: divina ed umana; scopre lo splendore della natura divina e la missione salvifica di Gesù. Come scrisse San Giovanni Crisostomo, questo è avvenuto "per mostrarci la futura trasformazione della nostra natura e il Suo futuro che verrà sulle nuvole in gloria con gli angeli". Ai testimoni oculari Cristo "quello che era svelò ai suoi discepoli, aprendo i loro occhi: da ciechi, li rese vedenti" (Giovanni Damasceno, Omelia sulla Trasfigurazione 12, PG 96, 564 C). Secondo Cosma di Maiuma, durante la Trasfigurazione è stata trasformata tutta la natura dell'umanità, rinnovata l'immagine di Dio di ogni persona.   
  La Trasfigurazione è la teofania, che anticipa la Risurrezione di Gesù di cui condivide proprio il simbolo della luce ed è anche una manifestazione trinitaria. Infatti, mentre il Figlio appare  trasfigurato e il Padre è presente con la voce, c’è anche lo Spirito Santo, rappresentato dalla nube luminosa: "Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!»" (Mc 9, 6-7). La nube è anche un segno della presenza di Dio, che era comparsa sul monte Sinai (Es 16, 6; 19, 9; 24, 16), nel deserto (Es 40, 34-45), quando Dio dimorava in mezzo al suo popolo (Es 40, 35) e al momento della consacrazione del Tempio di Salomone (1 Re 8, 10). La nube rivelava l'apparizione escatologica (Dn, 7, 8 - 10, 13; 2 Mac 2, 7-8). "Attraverso quella luce, apprendiamo cosa dobbiamo fare per giungere all'interno dei raggi della virità. Poiché non è permesso ai piedi calzati di salire verso quella altura dove si scorge la luce della verità, finché prima non è stata allontanata dalle fondamenta dell'anima la crusta di pelle morta nella quale era stata vestita la natura umana", spiegava Gregorio di Nissa.    
   Scegliendo di portare con sé Pietro insieme a "i figli del tuono" (Mc 3, 17) Giacomo e Giovanni, Gesù "salì sul monte a pregare. Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. Ed ecco, due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elia, apparsi nella gloria, e parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme" (Lc 9, 28-31)Le figure di Mosè ed Elia rappresentavano la Legge e i Profeti, che avevano annunciato la venuta del Messia, la sua Passione e gloria (Es 24, 12-18; 33, 7-23; 34, 29-35; 1 Re 19, 1-18) apparsi nella loro gloria, parlavano con Lui del compimento del suo sacrificio in Gerusalemme. Nel suo commento alla Trasfigurazione Origene scrisse: "Ma se il Figlio di Dio trasfigurato sarà compreso e contemplato in modo che il suo volto brilli come sole e le sue vesti diventino candide come luce, allora dovrebbero subito apparire a chi ha visto Gesù in tale condizione, Mosè, cioè la Legge, ed Elia, che per sineddoche non è uno solo, ma tutti i Profeti, che tutti insieme conversano con Gesù" e poi disse: "La nube luminosa contiene e avvolge Mosé ed Elia ...; ma solamente il Padre parla attraverso la nube e solo la nube luminosa manifesta la parola del Padre. é cosi che la grazia del Nuovo Testamento avvolge e custodisce la legge e i profeti, li cela e li contiene. ... Ma una volta che si è arrivati alla nube luminosa, una volta che la nube luminosa ha avvolta Mosè ed Elia, allora Mosè tace, Elia mantiene il silenzio; attraverso la nube luminosa la voce del Padre risuona: Costui è il Figlio mio prediletto, ascoltatelo" (Hom. in Trasf. 18).    
   Così Cristo, prima della Passione, apparve nel suo Corpo glorioso (Mt 17, 1-13; Mc 9, 1-12; Lc 9, 28-36). L'evento ricorda l'ascesa di Mosè al Sinai (Es 24, 9; 34, 29). "La manifestazione di Dio viene data prima a Mosè nella luce; poi egli ha parlato con lui nella nuvola", scrisse Gregorio di Nissa (In Cant, Om. 11; PG 44, 1000 C-D). 
   Nell'Apocalisse apocrifa di Pietro leggiamo: "Il mio Signore, nostro Re, Gesù Cristo, mi disse: "Andiamo sul monte santo". I suoi discepoli andarono con lui pregando. Ma ecco che sul monte v'erano due uomini, e noi non potevamo guardare in faccia a nessuno dei due giacché da essa emanava una luce più brillante di quella del sole, e i loro abiti erano splendidi. Descrivere questo è impossibile, non essendovi nel mondo nulla di simile, e non avendo la bocca bastante dolcezza per esporre la bellezza delle loro forme. Il loro aspetto era meraviglioso, prodigioso, ineffabilmente maestoso. Erano più brillanti del cristallo..."
  La festa della Trasfigurazione rivela anche all'uomo la sua vocazione alla divinizzazione attraverso l’espressione della divinità di Cristo. Nell'inno della festa: "In questo giorno sul Tabor, Cristo trasformò la natura ottenebrata di Adamo. Avendola coperta del suo splendore, la divinizzò". Sant'Atanasio il Grande scrisse: "sul monte Tabor non soltanto la Divinità appare agli uomini, ma l'umanità appare nella gloria divina".   
   Il Padre e dottore della Chiesa San Gregorio Nazianzeno (329-390 ca) nel suo "In laudem Basilici Magni" scrisse: "l'uomo ha ricevuto l'ordine di divenire Dio secondo la grazia" (PG 36, 560 A). Gregorio di Nissa (Cesarea in Cappadocia, 335 – Nissa, 395 ca) disse: "essendosi avvicinata alla luce, l'anima si trasforma in luce" ("In cantica canticorum homilia" 5, PG 44, 869A).
  I Santi Efrem il Siro, Giovanni Crisostomo (tre omelie), Basilio Magno, Giovanni Crisostomo, Esichio di Gerusalemme, Cirillo d'Alessandria ed altri hanno scritto le loro omelie festive alla Trasfigurazione. San Cirillo di Gerusalemme che era il primo a indicarlo nel Tabor e nelle sue Catechesi ai battezzandi nel 347 scrisse: "Portiamo due testimoni che stettero davanti a Dio nel Sinai: Mosè… ed Elia… Essi furono presenti con colui che fu trasfigurato sul monte Tabor e parlarono ai suoi discepoli della dipartita che egli stava per compiere a Gerusalemme". Il termine dell'esicasmo era usato nel VI secolo in Palestina nella Vita di Cirillo di Scitopoli (525 ca- 559 ca). 
   Il tema della luce increata del Tabor nella mistica orientale è stata elaborata nel sistema teologico dell'esicasmo, divenne un simbolo dell'esperienza che introduce in un percorso interiore della trasformazione profonda dell'uomo interiore, la sua divinizzazione (theosis). Nel cuore dell'uomo è possibile la presenza della luce increata della Divinità che è stata visibile nella Trasfigurazione di Cristo sul monte Tabor. La tradizione esicasta affermava la possibilità di percepire la luce divina emanata da Gesù durante la Trasfigurazione. Palamas diceva: "Che cosa significa che il Signore fu trasfigurato? Egli aprì uno spiraglio sulla sua divinità e agli iniziati mostrò il Dio che abita in lui" (Gregorio Palamas, Omelia 34, 6). 
 La tradizione prepalamita aveva esponenti di spicco come Simeone di Mesopotamia, Simeone il Nuovo Teologo, Gregorio Sinaita e Niceforo Atonita. La dottrina di Simeone il Nuovo Teologo (949-1022) insegnava sulla possibilità di partecipare alla vita divina, di comprendere la luce increata della Trasfigurazione  nell’interiorità del cuore. 
   L’esicasmo (dal gr. ἡσυχία, hēsychia - calma, pace, silenzio, quiete) – una forma della spiritualità ascetica basata su una preghiera interiore da ripetere incessantemente con l'invocazione del Nome di Gesù (Κύριε Ἰησοῦ Χριστέ, Υἱὲ τοῦ Θεοῦ, ἐλέησόν με τὸν ἁμαρτωλόν - Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me peccatore). La spiritualità dei padri sinaiti del VI e VII secolo era concentrata sulla custodia del cuore, l'esichia come la preparazione alla visione di Dio. Già al cavallo del VI-VII secolo nella sua Scala della divina ascesa o Scala del Paradiso ("Κλῖμαξ") San Giovanni Climaco (Giovanni Sinaita), eremita ed abate del Sinai (579 ca- 649 ca)  spiegava che "l’esichia consiste nello stare in continua adorazione del Signore, sempre alla sua presenza con il ricordo di Gesù aderente al suo respiro dell’orante".
 Il mistico bizantino Gregorio Palamas (ca 1296-1359), arcivescovo di Tessalonica, uno dei maggiori rappresentanti degli esicasti, sosteneva la possibilità di percepire le energie divine, ossia le azioni di grazia, che Dio rivolge agli uomini. "Il regno di Dio eterno e infinito, la mente trascendente e la luce irraggiungibile, la luce celeste, senza tempo, che illumina l'eternità divinizza coloro che la vedono". E quello che riceve una parte dell'energia "diventa stesso come Luce ed è con la Luce ed insieme alla Luce vede coscientemente le cose, che senza tale grazie sono nascoste per tutti". 
  Nella sua omelia Palamas scrisse: "Questa luce divina è donata in modo proporzionale ed è ricevuta in misura maggiore o minore, a seconda della condizione di chi la riceve, dividendosi senza divisione. Eccone la dimostrazione: il volto del Signore brillò più del sole e le sue vesti divennero splendenti e bianche come la neve, Mosè ed Elia furono visti nella stessa gloria, ma nessuno di loro rifulse allora come il sole, e gli stessi discepoli videro quella luce senza poterla fissare. In questo modo dunque questa luce è misurata; essa è divisa senza divisione, è ricevuta in misura maggiore o minore, ed è conosciuta in parte ora e in parte nel futuro" (Omelia sulla Trasfigurazione, PG 96, 41-42). Nella sua omelia XXXV Palamas sviluppò il concetto della luce taborica: "Cristo, sole di verità e di giustizia, ha voluto prima mostrarsi da vicino agli apostoli. Poi, entrato in una nuvola luminosa e splendente di maggior fulgore, è divenuto invisibile ai loro occhi a causa della sua superiore luminosit', come quando si fissa il sole". "Quella luce è immateriale e senza tramonto, eterna e superiore non solo ai sensi, ma anche all'intelletto. Quella luce, dunque, è la luce della divinità, ed è increata", spiegava Palamas.  "… il Signore non chiamò alla visione del Tabor, indicibile ed invisibile per la potenza della percezione, tutti gli apostoli insieme, ma solo alcuni che scelse. Se, infatti, il grande Dionigi l’Areopagita dice che solo nel secolo futuro saremo irraggiati “dalla teofania visibile di Cristo come i discepoli nella Trasfigurazione, partecipando del dono intellettuale di luce con un intelletto privo di passioni ed immateriale, e dell’unione superiore all’intelletto con un’imitazione più divina degli intelletti sovracelesti” [cfr. De Divinis nominibus I,4, PG 3,592C], tuttavia neppure così noi supporremmo che lo splendore che irraggia da quel corpo adorato sia percettibile e possa essere colto da organi si senso non provvisti della potenza di un’anima razionale, la quale è la sola potenza in grado di accogliere la potenza dello Spirito, attraverso la quale è vista la luce della grazia" (Gregorio Palamas, Triadi in difesa dei santi esicasti I, 3, 35). 
   I principali discepoli di Palamas erano Nicola Cabasilas, Simeone di Tessalonica. 
  Il concetto della luce increata (ἄκτιστον φῶς) del Tabor aveva un impatto molto significativo sull'atmosfera spirituale e sull'arte dell'epoca. Aprendo la possibilità di vedere la luce del Tabor (φῶς τοῦ θαβώρ) con gli occhi corporali ed essere trasformata (trasfigurata) in Cristo, l'insegnamento esicastico cambiava la comprensione dell'immagine. La manifestazione visibile della luce spirituale aveva la sua espressione nell'arte, perché se luce può essere vista - può essere anche raffigurata. Le discussioni sulla natura della luce del Tabor hanno dato un'importanza al tema della Trasfigurazione nelle icone. Nelle rappresentazioni iconografiche della Trasfigurazione ogni cosa è illuminata. I Concili degli anni 1341, 1344, 1347 e 1351 a Costantinopoli confermavano la dottrina esicastica sulla luce del Tabor. 
  La luce è una delle categorie principali della teologia dell'icona. La mistica dell'esicasmo trova la sua espressione attraverso la luce dell'icona. La luminosità maggiore dell'iconografia nei secoli XIV - XV era basata sul misticismo esicastico della luce. La questione esicasta dell'unità dell'energia interiore che unisce il mondo terrestre a quello celeste, ispirava le immagini. Lo spazio iconico doveva irradiare la luce. La metafisica della luce nelle icone aveva in questo il suo aspetto simbolico ed ontologico. La dottrina dell'esicasmo aggiunse alla luce nelle icone la profondità e pienezza. Esiste la profonda connessione della luce trascendente con la bellezza e la gloria. Nell'Omelia sulla Trasfigurazione di Giorgio Palamas è descritta la luce "divina e soprannaturale e gloria increata". "La luce della Trasfigurazione del Signore, che non appare e non scompare, e non è limitata" dominò nell'iconografia del XIV secolo. 
    Il sistema dottrinale della teologia esicasta dell'icona si formò dopo la vittoria di Palamas con un sostegno spirituale e politico dell'imperatore bizantino Giovanni VI Cantacuzeno (1292-1383) e il patriarca Filoteo Kokkinos (1300-1379), che canonizzò Palamas nel Sinodo del 1368.   


La miniatura del manoscritto dell'imperatore bizantino Giovanni VI Cantacuzeno, 
Costantinopoli, 1370-1375 , BNF, Gr. 1242, fol. 92 v

L'icona bizantina del XIV secolo
   
    Nel XIV secolo da Bizanzio ed attraverso la Bulgaria e la Serbia l'influenza  dell'esicasmo giunse nella Rus'-Ucraina, penetrando nella chiesa di Kyiv durante il periodo c. d. "la seconda influenza slava meridionale". L'esicasmo si diffuse ai tempi del metropolita di Kyiv Teognosto (1328-1358). La diffusione dell'esicasmo nell'Ucraina fu facilitata dal metropolita di Kyiv Cipriano (Kyprian) Tsamblak (ca. 1330-1406), che studiò in Bulgaria, Costantinopoli e sul Monte Athos, che portò con sè molti libri esicasti. Ancor più importante fu l'attività del metropolita di Kyiv Grygoryi Tsamblak (1364-1426), allievo del patriarca bulgaro Eutimio, l'autore delle numerose opere dell'orientamento esicasta ed Omelia sulla Trasfigurazione del Signore. Il centro dell'esicasmo divenne il monastero delle Grotte (Pechersk) a Kyiv, che fin dalla sua fondazione ha avuto stretti contatti con il Monte Athos. 

Mosaico nel catino absidale del 565-566, 
 monastero di Santa Caterina sul Sinai

Mosaico absidale nella chiesa dei Santi Nereo ed Achileo a Roma, IX secolo 

Mosaico del monastero di Dahni dell'XI secolo   

  Tra le prime rappresentazioni conosciute della Trasfigurazione sono mosaici absidali delle basiliche di Eufrasio di Parenzo (543-554) e di Sant'Apollinare in Classe a Ravenna (549 ca). Nel mosaico ravennese Cristo è stato raffigurato in forma simbolica nel medaglione al centro della croce gemmata con dodici agnelli. 
  Alla metà del VI secolo, l'imperatore Giustiniano il Grande commissionò ai mosaicisti di Costantinopoli per il monastero di Santa Caterina del Sinai (548-565), la raffigurazione che divenne il prototipo di tutte le altre icone della Trasfigurazione. Il pannello riprende completamente la trama e la composizione del mosaico ravennate, ma al posto delle allegorie raffigura vere figure umane. Cristo racchiuso in una mandorla azzurra di forma ovale, è circondato dai profeti Mosè ed Elia. Gli apostoli sono presentati come persone con i propri caratteri e tratti distintivi. Dalla seconda metà del XIII al XIV secolo le figure degli apostoli ricevono un'interpretazione emotiva ed espressiva. 
 Nell'arte tardo bizantina e postbizantina, questa composizione è stata completata anche da due scene che raffigurano gli apostoli che salgono e scendono dal monte, guidati da Cristo (per esempio, nei monumenti del XIII-XIV secolo: i murales della Chiesa dell'Annunciazione a Gracanitsa (1321) e la Chiesa della Vergine Peribleptos a Mistra (terzo quarto del XIV secolo)).

 
L'icona ucraina del XIV secolo, villaggio Busovyska, regione di Leopoli, 
Museo Nazionale a Leopoli 

 L'icona ucraina dalla chiesa di San Giorgio, villaggio Vilshanycia, provincia di Yaniv, 
l'inizio del XV secolo, Museo Nazionale a Leopoli

Frammento dell'icona ucraina della metà del XV sec.

L'icona del XV secolo, dalla chiesa S. Dymytry del villaggio Zhogatyn,
Museo Nazionale di Leopoli

 

L'icona ucraina del XV secolo, Museo Storico di Sanok (Polonia)


Іконографія Преображення Господнього

L'affresco nella cappella della Santissima Trinità a Lublino del Maestro Andrea con gli allievi, 1420.

L'icona della fine del XVI secolo, Kalush

Іконографія Преображення Господнього

La metà del XVI sec., villaggio Kurash , Volyn'


 MHS Przemienie Panskie I pol XVI w Weremien p.jpg

L'icona ucraina del XVI secolo, Weremien', Museo Storico di Sanok (Polonia)

L'icona della metà del  XVI secolo, villaggio Poliana, regione di Leopoli 


L'icona del XVI secolo dalla chiesa dell'Annunciazione dal villaggio Yabluniv, regione Turka

L'icona dell'iconostasi della chiesa Parasceva a Leopoli, l'inizio del XVII secolo 

  

L'icona ucraina del XVII secolo 

L'icona ucraina della metà del XVII secolo, Volyn'


La seconda metà del XVII secolo, villaggio Volia-Vysocka, provincia Zhovkva


L'icona della metà del XVII secolo, villaggio Konizh, scuola di Sudova -Vyshnia, regione di Leopoli 

Ivan Rutkovych, l'icona dall'iconostasi dal villaggio di Skvariava Nova, fine del XVII secolo, 
Museo Nazionale di Leopoli 


L'icona della fine del XVII -l'inizio del XVIII secolo, Lutsk, Museo delle icone di Volyn'

Yov Kodzelevych, Frammento dell'icona dell'iconostasi di Skyt Maniavsky, 1698-1705


L'icona nella chiesa della Trasfigurazione a Zhovkva, XVIII secolo

      L'icona dal monastero di Bilogirsk, XVIII secolo, Museo dell'arte di Kharkiv

L'icona della fine del XVIII secolo, chiesa della Trasfigurazione di Drogobych, 
Museo della regione di Drogobych


Antifona 1 della festa 

Verso 1. Invoca il Signore, tutta la terra! Cantate al suo nome, cantate inni alla sua lode. Attraverso le preghiere della Madre di Dio, Salvatore, salvaci.
Verso 2. La voce del tuo tuono nel firmamento, i Tuoi lampi illuminarono l'universo, la terra tremò e tremò. Attraverso le preghiere della Madre di Dio, Salvatore, salvaci.
Verso 3. Ti sei rivestito di gloria e maestà, e Ti sei vestito di luce come di una veste. Attraverso le preghiere della Madre di Dio, Salvatore, salvaci.

L'icona dell'iconostasi del XVIII secolo nella chiesa della Trasfigurazione del Salvatore, 
Velyki Sorochynci

Троїцька церква у Жовкві — ВУЕ

L'icona nella struttura dell'iconostasi dell'inizio del XVIII secolo, Zhovkva, regione di Leopoli 


"...la conoscenza trasfigurata di Gesù, la meraviglia, la gioia, la sempre progressiva scoperta della sua umano-divina realtà, così che occorre che continuamente, mentre dura questa penombra della vita presente, sia risvegliata la nostra contemplazione di Gesù Cristo" 

                                                                                                San Paolo VI.   


Le immagini delle icone ucraine vedi anche: 



Data di prima pubblicazione
18/08/20

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