domenica 31 marzo 2024

Santa e Grande Domenica della Pasqua della Resurrezione

Che Cristo Risorto doni la pace all'Ucraina e protegga tutti i suoi abitanti!   


La Resurrezione del Signore 

di Yaryna Moroz Sarno


Dov'è, oh Morte, il tuo pungiglione?! L'inferno, dov'è la tua vittoria ?!
Cristo è risorto e tu sei scacciato! Cristo è risorto e i demoni sono caduti!
Cristo è risorto e gli angeli gioiscono! Cristo è risorto e la vita trionfa!
Cristo è risorto e nessuno è morto nella tomba! Perché Cristo,
risorto dalla tomba, è il primogenito dai morti.
Gloria e potere a Lui nei secoli dei secoli! 

(Dall'annuncio di San Giovanni Crisostomo)




   La Resurrezione del Signore (gr. Ανάστασις) è l'evento centrale del Vangelo e la festa principale della Chiesa Orientale, che è chiamata anche la Chiesa della Risurrezione. La Pasqua del Nuovo Testamento è basata sulle parole di Gesù Cristo stesso: "Io sono la risurrezione e la vita" (Gv 11:25)La Risurrezione di Cristo è il fondamento della nostra fede. Come dice San Paolo apostolo, "Ma se Cristo non è risorto la nostra predicazione è vana e la tua fede è vana". Ma Cristo il primogenito dei morti" è risorto dai morti (1 Cor 15, 14 e 20). Rivelato nella sua gloria nella notte di Pasqua, il mistero della Risurrezione comincia a manifestarsi già sulla Croce. 
   La sua celebrazione della più grande festa cristiana inizia già nei Vespri e nella Liturgia del Sabato Grande. 
   La solennità della Risurrezione del Signore Nostro Gesù Cristo viene preceduta dalla Vigilia, madre di tutte le veglie cristiane. La Vigilia pasquale è il punto culminante, la vigilia liturgica per eccellenza. "Questa notte è più luminosa, è la gioia di tutta la chiesa", - disse San Gregorio di Nissa. In questa Santa Notte, i catecumeni ricevevano il Battesimo, mentre i fedeli stavano in preghiera e ascoltavano la parola di Dio. La celebrazione della santa Liturgia, celebrata nelle prime ore del mattino, concludeva la veglia. La liturgia della Notte delle Notti si cominciò a celebrare nelle ore serali del sabato dal VI secolo, poi, alle ore 3 del pomeriggio (nel IX secolo), e in modo definitivo nelle ore mattutine (dal XIII secolo). Il festeggiamento solenne della Pasqua si prepara liturgicamente con l'Ufficio di Mezzanotte. 
   Il Mattutino Pasquale è l'inno maestoso alla gloria del Cristo Risorto. Il Canone pasquale attribuito a San Giovanni Damasceno, che segue dopo la Grande ektenia (in gr. συναπτή μεγάλη), è la parte principale e il momento più importante del Mattutino pasquale, che concentra in sé il significato e splendore della celebrazione. Alle Lodi si canta: "Una pasqua sacra è stata rivelata oggi; pasqua nuova, santa; pasqua mistica, pasqua venerabilissima; pasqua, il Cristo Redentore; pasqua immacolata, pasqua grande; pasqua che ci ha aperto le porte del paradiso; pasqua di tutti i credenti" (stichirà di Lodi). 
    Nel giorno di Pasqua si legge l'omelia pasquale di San Giovanni Crisostomo: "Il Signore è generoso: Egli riceve l'ultimo come il primo, Egli ammette l'operaio dell'undicesima ora come quello che ha lavorato fin dalla prima ora... Entrate dunque tutti nella gioia del vostro Signore: ricevete la ricompensa, i primi come gli ultimi;; ricchi e poveri, giubilate insieme; asetinenti e pigri, onorate tutti questo giorno; voi che avete digiunato e voi che avete digiunato, rallegratevi oggi... Nessuno si dolga della sua povertà, nessuno pianga le sue colpe, nessuno paventi la morte... Il convito è pronto; partecipatevi tutti. Tutti si dilettino al banchetto della gioia". 
    L'iconografia della Resurrezione di Cristo, che è formata e modificata nel corso dei secoli III - XVII, si basava sui testi delle Sacre Scritture, sulle opere dei Padri della Chiesa, sull'innografia e sugli apocrifi. Inizialmente il mistero della Resurrezione si rappresentava attraverso i semplici simboli e le forme allegoriche (come gli affreschi nelle catacombe, le immagini simboliche sui sarcofagi). 
   Il tema principale della vittoria di Cristo risorto sull'inferno e sulla morte è molto sviluppato nell'arte dell'aria bizantina, perciò nella Chiesa orientale l'icona "Discesa agli Inferi" (in gr. Κατελθόντα εἰς τὰ κατώτατα) divenne l'icona della festa della Resurrezione del Signore. 
   La liberazione dei prigionieri degli inferi ha in parte un riferimento nella Prima Lettera dell'apostolo Pietro, dove l’apostolo dice che Cristo, "messo a morte nella carne ma vivificato nello spirito, in esso andò a portare l’annuncio anche agli spiriti in prigione che un tempo erano stati disobbedienti" (3, 18-19), dopo aggiungendo, che "è stata annunciata la buona novella anche ai morti, affinché, giudicati secondo gli uomini nella carne, vivano secondo Dio nello Spirito" (1 Pt 4, 6). Già Sant'Ireneo spiegava: "Il Signore osservò la legge dei morti per essere il primogenito dai morti, e rimase fino al terzo giorno nei luoghi sotterranei, e poi risuscitò nella carne ..." Tertulliano scrisse: "Cristo Dio, che morì come uomo, ed essendo sepolto secondo le Scritture, adempì la legge che, come tutte le persone che stavano morendo, discese agli inferi". Sant'Atanasio disse: "Il corpo morto di Cristo giaceva nella tomba, ma l'anima discese agli inferi". Nell'omelia a Sabato Santo di Sant'Epifanio troviamo: "La terra ha tremato e si è calmata, perché Dio si è addormentato nella carne ed è andato a ridestare coloro che dormivano da secoli: Dio è morto nella carne, e gli inferi hanno sussultato. Dio si è addormentato per un po' di tempo e ha ridestato dal sonno coloro che dimoravano agli inferi..." (PG 43, 440).  
   Nella sua omelia il scrittore spirituale dell'antica chiesa ucraina Cirillo di Turiv scrisse: "Oggi la gioia piena di tutti i cristiani e la allegrezza indescrivibile del mondo per la festa, invece del dolore davanti al mistero precedente. Qual era il dolore del mistero precedente? Altro ieri, nostro Signore Gesù Cristo come uomo era crocifisso e mentre come Dio oscurò il sole e trasformò la luna nel sangue, e l'oscurità era su tutta la terra. Come un uomo, piangendo, spirò  e come Dio scosse la terra e le pietre si sciolsero. Come uomo era perforato nella costola e come Dio strappò in mezzo velo di una legge antica! .... Come il Re era sorvegliato dalle guardie e gli impressi giacevano nella tomba, ma come Dio attraverso l'esercito angelico trasmetteva le forze demoniache nella roccaforte dell'inferno: "Prendi le tue porte delle tue ragioni e prendi le porte eterne: e le porte eterne Re della Gloria andrà" (Sal 23, 7).  
   Le porte degli Inferi furono schiacciate dalla sua parola e la sua fede fu spezzata a terra. Il Signore stesso venne agli Inferi e il regno demoniaco fu distrutto con la Sua Croce e uccise la morte e seduto nell'oscurità vide la luce e legati dalla povertà e dal ferro sono liberati ... Le anime umane schiavizzate vengono liberate ed entrate in paradiso, glorificando il nome di Cristo". 
   L'iconografia della Discesa agli Inferi corrispondente al Sabato Santo è stata sviluppata sotto l'influsso degli apocrifi, in particolare nel 21 capitolo del vangelo di Nicodemo (II - III secolo), nel 10 capitolo del vangelo di Pietro (II secolo) сhe allora si considerava come testo canonico e si leggevano durante la liturgia, così come "La parola sulla discesa di Gesù Cristo agli inferi" di Epifanio di Cipro, la parola "Sulla discesa del precursore agli inferi" attribuita a Eusebio di Alessandria. Si basava anche sui testi dei Salmi e delle epistole apostoliche, secondo le quali Cristo dopo la morte andò nell'Ade - il luogo dove aspettavano i giusti dell'Antico Testamento, non potendo entrare nel paradiso per il peccato originale (Adamo ed Eva, Abele, Noè, Abramo, i re Davide e Salomone, il profeta Daniele, Geremia, Giona, Giovanni Precursore, Giacomo, Mosè, ecc.). Questo insegnamento è confessato negli scritti dei Santi Melitone di Sardi (II secolo), Ireneo di Lione (II secolo), Atanasio Magno (IV secolo), Gregorio il Teologo (IV secolo), Giovanni Crisostomo (IV secolo), Sant'Agostino (V secolo), Andrea di Creta (l'VIII secolo), Giovanni Damasceno (l'VIII secolo). Simeone il Nuovo Teologo (l'XI secolo) nella sua Parola per la Santa Pasqua dice: “Cristo nostro Dio, dopo essere stato impiccato sulla croce e inchiodato su di essa il peccato del mondo intero, morì, discese negli inferi, poi, è entrato di nuovo nel suo corpo immacolato e subito è risorto dai morti ... " L'iconografia influenzò anche il Sermone di Eusebio sulla discesa agli inferi di San Giovanni Battista che racconta sul dialoghi di San Giovanni Precursore con i profeti e che si riflette nelle iscrizioni sui rotoli nelle mani dei profeti sulle icone. 
  Lo schema iconografico della Discesa agli Inferi conosciuto dal VI secolo (l'altorilievo non più tardi del VI secolo sulla colonna del ciborio nella cattedrale di San Marco a Venezia) si stabilì verso IX secolo e nei secoli X - l'XI acquisì la sua forma canonica. Tra i primi rappresentazioni sopravvissute di questo tema è l'affresco degli inizi dell'VIII secolo (705–707) nella chiesa di Santa Maria Antiqua a Roma.  
 
 
   L'affresco degli inizi dell'VIII secolo, Santa Maria Antiqua a Roma
 
                                                                                                          
L'affresco nella chiesa interiore di San Clemente a Roma
                                                                                     
 
 L'affresco del IX secolo nel sotterranio della basilica di Santi Giovanni e Paolo a Celio, Roma 

Il mosaico nella cappella di San Zenone, basilica di Santa Prassede a Roma, 822 ca. 

L'affresco della cappella, Anagni, Lazio, la metà del XIII secolo  
 
   Le prime immagini erano statiche e molto laconiche con pocci personaggi. Le porte dell'inferno calpestate da Cristo cominciarono a dipingere dal IX secolo (il motivo preso dal Vangelo apocrifo di Nicodemo). La composizione simmetrica della "Discesa agli inferi" dove al centro di Cristo con la croce come il strumento della vittoria e le figure di Eva ed Adamo sono di fronte uno ad altro si formò nell'arte bizantina dall'XI al XII secolo e si diffuse nell'arte paleologica dalla seconda metà del XIII secolo. Durante i secoli successivi (dal XIV al XV) l'iconografia della Resurrezione diventa più dinamica e maestosa con gran numero di personaggi.


La miniatura bizantina del XI secolo nel codice "Le Parole di Gregorio il Teologo" (Dionisiou 61),  
Monastero di Dionisio, Athos (Grecia) 

Il Lezionazio bizantino del XI secolo, Costantinopoli, 
Morgan Library MS M.639, fol.1 r

Il dettaglio della Pala d'Oro, 1100 ca, Costantinopoli, Museo di San Marco, Venezia 

La miniatura dal Vangelo bizantino, la fine del XIII secolo, 
The J. Paul Getty Museum, Ms. Ludwig II 5 (83.MB.69), fol. 191 v  

   La prima rappresentazione conservata della Discesa negli Inferi nell'arte ucraina è l'affresco della cattedrale di Santa Sofia a Kyiv. 
  Nella descrizione della luce che scende nel Sepolcro dell'egumeno Daniel, il Pellegrino dell'inizio del XII secolo (nel suo "Itinerario in Terra Santa") si riflette la comprensione medievale della Rus' di Kyiv della Pasqua della Resurrezione: "La luce santa non è come il fuoco terreno, ma miracolosa, risplende in modo diverso, insolito; e la sua fiamma è rossa come il cinabro; e risplende in modo completamente indicibile... Tale gioia non può essere in una persona in un altro caso, quale gioia è quindi per ogni cristiano che ha visto la luce di Dio". Le icone della festa dovevano esprimere la gioia della Resurrezione.

                                                 
 
L'affresco dell'XI secolo nella cattedrale di Santa Sofia di Kyiv

    Di solito il Salvatore che scende nelle tenebre è raffigurato circondato dallo splendore della luce di gloria. Con la croce nella mano sinistra Cristo discende nella caverna dell'inferno per condurre Adamo ed Eva fuori dalle loro tombe. Come si canta durante i Vespri: "Si aprirono a te con timore le porte della morte, o Signore; e i custodi dell’Ade, vedendoti, sbigottirono. Infatti, infrante le porte di bronzo e spezzate le sbarre di ferro, tu ci hai tratto fuori dalle tenebre e dall’ombra di morte, rompendo i nostri legami!" Il limbo, l'inferno si raffigurava, secondo antico concetto, come l'abisso nero. Il profeta Giobbe, l'inferno descriveva come "paese di tenebre", "dove è buio, come le tenebre stesse" (Gb 10, 21-22). 
   Ai lati sono raffigurati i giusti dell'Antico Testamento. Il re Davide e il re Salomone con le corone e vesti regali come i prototipi del Salvatore nell'Antico testamento sono diventano personaggi obbligatori nella composizione. Davide predisse la risurrezione: "Non lascerai la mia anima all'inferno e non permetterai al tuo Santo di vedere la corruzione" (Salmo 15,10).  
    Più tardi nelle scene della Discesa agli Inferi apparve Giovanni Battista - il profeta del Nuovo Testamento che, secondo le fonti apocrife, predicò la buona notizia di Cristo all'inferno. Sant'Ippolito di Roma (170-235) scriveva: "Egli [Giovanni Battista], avendo subito la morte di Erode, fu il primo ad annunciare a coloro che erano all'Inferno: anche lì divenne un precursore, a significare che il Salvatore aveva scendere anche lì, per liberare le anime dei santi dalla mano della morte". San Giovanni Battista, è raffigurato accanto al Cristo, spesso nel mano tiene un rotolo, che "ha proclamato la buona novella a quelli nell'inferno di Dio, che è apparso nella carne" (troparion della seconda voce). 
 
 
La miniatura del Salterio di Kyiv, 1397  

L'icona ucraina del XV secolo, villaggio Poliana, Museo Nazionale a Leopoli


L'affresco della cappella della Santissima Trinità, Lublino, 1418 

L'icona ucraina della fine del XVI secolo, Museo storico a Sanok

   Nelle icone bizantine Adamo quasi sempre è rappresentato inginocchiato davanti Cristo che lo prende per mano per tirarlo su. Romano il Melode, ponendo nella bocca a Gesù Cristo le parole incoraggianti: "Vieni, Adamo con Eva, venite a me, ora, senza timore per i debiti dei quali dovete rispondere, perché tutto è stato da me saldato, da me che sono la vita e la Resurrezione".     
    Nel vangelo di Nicodemo (V secolo) è descritto: "Venne, allora, una voce che diceva: "Aprite le porte!" Udita questa voce per la seconda volta, l'Ade rispose come se non lo conoscesse: "Il Signore forte e potente, Signore potente in guerra!" A queste parole, le porte bronzee furono infrante e ridotte a pezzi, le sbarre di ferro polverizzate... Entrò, come un uomo, il Re della Gloria e furono illuminate tutte le tenebre dell'Ade... Il Re della Gloria stese la sua mano, afferrò e drizzò il primo padre Adamo; poi si rivolse a tutti gli altri e disse: "Dietro di me voi tutti che siete morti a causa del legno toccato da costui! Ecco, infatti, che io vi faccio risorgere tutti per mezzo del legno della Croce".    
   Nell'Omelia attribuita ad Epifanio di Salamina (di Cipro) si aggiunge: "presolo per mano, lo scosse, dicendo: "Svegliati, tu che dormi, e risorgi dai morti... A te comando: Svegliati, tu che dormi! Non ti ho creato perché rimanessi prigioniero nell'inferno. Risorgi dai morti... Io sono la vita dei morti. Risorgi, opera delle mie mani! Risorgi, mia effigie, fatta a mia immagine. Risorgi, usciamo di qui..." 


Il frammento dell'icona

L'icona ucraina del XVI secolo, Museo Nazionale a Leopoli 

 
Frammento dell'icona ucraina della Passione del Sione, XVI secolo 

L'icona del XVI secolo, Museo Nazionale a Leopoli

L'icona ucraina della devozione popolare, XVI secolo, Lybochory, 
Museo Nazionale di Leopoli

L'icona ucraina del XVI secolo, Museo Nazionale a Leopoli 

Frammento dell'icona del XVII secolo, Museo Nazionale a Leopoli 



L'incisione del XVII secolo 

L'icona ucraina del XVII secolo, Perecopana, Museo Nazionale di Peremyshl'

L'icona ucraina della seconda metà del XVII secolo, Museo delle icone di Suprasl 

Ivan Rutkovych, l'icona dall'iconostasi di Zhovkva, la fine del XVII secolo





    «Il Cristo è risorto dai morti, con la sua morte calpestando la morte 
e ai morti nei sepolcri  donando la vita. 
Risorgendo dalla tomba, come aveva predetto, 
Gesù ci ha donato la vita eterna e la grande misericordia!»

 (Canone di Giovanni Damasceno, Ode I)
 
 

venerdì 29 marzo 2024

Il Venerdì Santo, il giorno della Passione, della Morte e della Sepoltura di Cristo


  Il Venerdì Santo 
 La Passione, la Morte e la Sepoltura di Cristo 

Yaryna Moroz Sarno


Nell'alto sul trono,
e in basso nella tomba,
tale Ti contemplarono, o mio Salvatore,
gli esseri celesti e quelli sotterranei,
sconvolti dalla Tua morte:
poiché Tu, oltre ogni comprensione,
Ti mostravi morto,  suprema origine della vita.

 (Orthros, tropario dall'ode 1)

Frammento dell'icona del XV secolo, Zdvyzhen', Museo Nazionale a Leopoli

  
   Il Venerdì Santo (gr. Μεγάλη Παρασκευή, lat. Dies Passionis Domini) è il giorno della Passione, della Morte e della Sepoltura del Signore Gesù Cristo, che nella Chiesa antica era chiamato “Pasqua della Croce” come l’inizio del Passaggio salvifico verso la Risurrezione.
   Uno dei più antichi testi poetici che glorificano la Passione di Cristo è opera di Melitone di Sardi (II secolo) che, come si presume, originariamente aveva uno scopo liturgico. La celebrazione solenne del Venerdì Santo era già presente nella Chiesa gerosolimitana del IV secolo testimoniata da San Cirillo di Gerusalemme (ca 313 - 386) e dal Diario del Pellegrinaggio (381-384) di Egeria. Secondo queste fonti,
la celebrazione si svolgeva durante tutta la note dal giovedì al venerdì. La processione dei fedeli guidata dal vescovo percoreva successivamente tutti i luoghi legati all'arresto, al processo, alla morte in croce e alla sepoltura di Cristo, e in ognuno di questi luoghi si leggeva  il brano corrispondente dei Vangeli. Questo ufficio ha influenzato la formazione dell'ufficio moderno del Mattutino. 
  Nella Città Santa dopo l'edificazione nel 335 della basilica del Santo Sepolcro voluta dall'imperatore Costantino ed un crescente afflusso dei pellegrini nei luoghi della Passione le celebrazioni pre-pasquali si sono sviluppati nel culto stazionario.  
  La liturgia della Passione del rito bizantino si basa sull'antica tradizione gerosolimitana (con le testimonianze a partire dal VI sec.) e costantinopolitana con i riti rievocativi della sepoltura di Cristo. Il ciclo delle antifone si sono formati nei secoli X-XII, risalendo all'antica tradizione di Gerusalemme. I dodici tropi delle Ore sono probabilmente più antiche delle 15 antifone del Mattutino. Triodi sono attribuiti a San Cirillo d'Alessandria, ma possono essere di San Sofronio di Gerusalemme (VII secolo). 

Il frammento dell'icona ucraina della Passione del Signore, XV secolo, villaggio Trushevychi, 
Museo Nazionale a Leopoli 

Il frammento dell'icona del villaggio Mygiv, 
Museo Nazionale a Leopoli 

 
Gli affreschi nella chiesa a Goriany (Uzhgorod), XIII- XIV secolo

La miniatura del Salterio di Kyiv, 1397

Frammento dell'icona del XV secolo, Museo Nazionale a Leopoli 

L'icona del XVI secolo, villaggio Stara Skvariava, Museo Nazionale a Leopoli 

La Crocifissione del XVI secolo, Rogatyn, regione di Ivano-Frankivsk


Perché Cristo fu messo in croce? Non già per qualche suo delitto, e ne è conferma pure la sua resurrezione. Perché, se Cristo fosse stato peccatore, come avrebbe potuto risorgere da morte? Il fatto, dunque, che è risorto, è prova evidente che non fu un peccatore. E, allora, perché fu messo in Croce? Proprio per gli altri, come per gli altri è poi risuscitato" 
 (Giovanni Crisostomo)     


Ivan Rutkovyc, La crucifissione dell'iconostasi di Zhovkva, 1697, Museo Nazionale a Leopoli

L'icona del XVII secolo, Museo Nazionale a Leopoli
 
Дрогобич – частина 2 (дерев'яно-зодчеська) Святий Юр | Via est Vita
 Gli affreschi della chiesa di San Giorgio a Drogobych,
1657-1659 
 
Zbiór bezcennych ikon, wśród nich Wielka Męczennica [FOTOREPORTAŻ]
 L'icona ucraina della Passione del Signore, XVII secolo, Museo Nazionale a Cracovia

Потелич
Gli affreschi della chiesa dello Spirito Santo, 1502, Potelych, regione di Leopoli


     Al mattino del Venerdì Santo si celebra il Vespro della Deposizione. Nello stesso momento in cui si narra di Cristo che rese il Suo spirito, già risuonano gli inni alla Risurrezione: "La mirra conviene ai morti, ma Cristo si è mostrato libero dalla corruzione". Nella celebrazione del Sabato Santo si esprime il trionfo sulla morte: "Benché il tempio del tuo corpo fosse distrutto al momento della passione, pure anche allora unica era l'ipostasi della tua divinità e della tua carne" (Mattutino, canone, ode 6).
    Fin dal IX secolo, soprattutto nei monasteri di Costantinopoli si affermò la nuova liturgia della Passione che sottolinea la sofferenza del Signore e il pianto della Sua Santa Madre che gli stava accanto a Gesù. 
Il Canone della Crocifissione del Signore e il Canone "Il pianto della Santa Madre di Dio" composti da Simeone Logofet nel X secolo si canta dopo i Vespri. I testi innografici del Venerdì Santo sono una delle principali realizzazioni della poesia bizantina. 
    I Vespri degli uffici della sepoltura di Cristo includano gli inni e le letture con i rimproveri solenni di quelli che decisero l'uccisione di Cristo. La lettura dell'Evangelo di Giovanni (13, 31) si inizia con il solenne annuncio: “Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e in Lui Dio è stato glorificato”, agli stichira alla fine del Vespro – vi è l’accrescersi della luce, il lento evolversi della speranza e della certezza che “la morte sarà calpestata dalla morte...”
       Nell'Ufficio mattutino (l'Orthros) si canta la prima parte del celebre kontakion di Romano il Melode:

"Venite, esaltiamo tutti
Colui che per noi è stato crocifisso!
Maria lo vide sul legno, e diceva:
Anche se patisci la Croce,
tu sei il mio Figlio e mio Dio!"
 
 
Потелич с Церква св.духа Людмила Міляєва - «Оплакування» (2,57 : 2,57 м)
L'affresco del XVІ secolo nella chiesa dello Spirito Santo, Potelych, regione di Leopoli


     Negli Aposhicha delle Lodi del Santo e  Grande Venerdì si cantano le verse di Melode:

"Vedendoti appeso al legno, o Cristo,
te, il Creatore di tutte le cose e Dio,
Colei che senza seme ti aveva generato,
diceva amaramente: Figlio mio,
dove è scomparsa la bellezza del tuo volto?
Non posso vederti iniquamente crocifisso" 
***

"Poiché non abbiamo parresia
per i molti nostri peccati,
o Madre di Dio Vergine,
supplica tu il Nato da te...
Non sdegnare le suppliche dei peccatori,
o Tutta santa,
perché è misericordioso e potente nel salvare
lui che ha accettato anche di patire per noi".


Il frammento dell'icona della Passione di Gesù del XV- XVI secolo, villaggio Ugertsi, 
Museo Nazionale a Leopoli 
 
 
 Вознесенская церковь в Лужанах – не все то золото, что блестит — Блог о  турах по Украине
 Gli affreschi nella chiesa della Resurrezione del Signore a Luzhany, XIV secolo 

 
 Андрій (живописець) — ВУЕ
 La Deposicione, gli affreschi della capella della Santissima Trinità, 
Maestro Andrea con i discepoli, l'inizio del XV secolo 

Rilievo sulla facciata della Cappella di Boim a Leopoli 
 

La Deposizione e Sepoltura del Signore

Beato Giuseppe d'Arimatea,
depose dall'albero il tuo corpo purissimo,
lo avvolse nella pura sindone con aromi,
lo accudì e lo pose nel sepolcro nuovo 
 
(Tropario di Venerdì Santo)


Новини Львова: Гаптована золотом і сріблом найдавніша плащаниця XV ст  зберігається у Львові
L'epitafion ucraino del XV secolo, villaggio Zhyrivka, provincia Pustomyty, regione di Leopoli, 
Museo Nazionale di Leopoli




    Il vertice degli uffici della Passione costituisce l'Ufficio della Sepoltura del Signore con il cantico degli enkomia, (lamento funebre o lamentazione sull'epitafios).
   Alla conclusione della celebrazione maestosa dei Vespri del Venerdì Santo si pone al centro l’immagine di Cristo nel sepolcro sulla particolarmente venerata Sacra Sindone. Principalmente, nella parte centrale della Sindone è  rafiggurata la Deposizione di Gesù Cristo nel Sepolcro. Al canto dell'Apolitikion "Il beato Giuseppe d'Arimatea, deposto dalla Croce l'intemerato Tuo corpo, lo avvolse in una candida sindone con aromi e, resi gli onori funebri, lo pose in un sepolcro nuovo" in processione retto da quattro presbiteri viene potato al centro della chiesa e solennemente esposto l'epitafion, il velo ricamato (dipinto) che rappresenta il corpo del Signore nella sua sepoltura. 
   L'Epitaphios (Ἐπιτάφιος, epitáphios, o Ἐπιτάφιον, epitáphion; Плащаниця, plashchanitsa), velo funerario, come fosse il Corpo di Cristo condotto alla tomba, si pone solennemente nel fatos o un'arca ricoperto di fiori, che simboleggia il Santo Sepolcro, per rendergli omaggio. Lo venerano i sacerdoti e il popolo, baciandolo.
Per San Germano, Patriarca di Costantinopoli (713 -730) l'Epitaphios è un simbolo della pietra con cui Giuseppe d'Arimatea coprì la tomba del Signore. Secondo Simeone di Tessalonica († 1429), l'Epitaphios simboleggia Gesù nudo e morto, che viene portato alla tomba. 
     L'iconografia del Cristo sofferente aveva il suo sviluppo nell'Oriente attraverso l'imago pietatis e degli epitafioi con Cristo deposto rappresentato in posa sindonica che erano in uso liturgico nel Venerdì Santo a partire dal XII secolo. L'epitafio potrebbe considerarsi come una riproduzione della Sindone, che, secondo alcune testimonianze, c'era a Costantinopoli in questi tempi (per esempio, Constantinus VII Porphyrogenitus, De contionibus militaribus, 8).
  Nel mattutino del Sabato Santo nella Chiesa della tradizione bizantina con i lamenti funebri si piange sulla deposizione di Cristo. L'epitafion sull'arca viene portato fuori del tempio in processione al canto di un lungo tropario.      
    Al Sabato Santo davanti all'epitafion si canta gli enkomia. All'inizio della veglia pasquale, durante la notte di Pasqua, l'epitafion si toglie dall'arca e si depone sull'altare, rimanendo tutto il tempo pasquale е fino alla vigilia dell'Ascensione.
    La pratica devozionale dell'adorazione dell'Epitafios fu conosciuta in Ucraina dal XIV secolo con l'arrivo della Regola gerosolimitana introdotta dal metropolita Cipriano (m. 1406). Le riproduzione dei luoghi sacri della Città Santa, cominciando dal Santo Sepolcro, furono già diffusi a Costantinopoli, da dove proveniva il metropolita. L'adorazione della Sacra Sindone dai secoli XVII-XVIII diventa una pratica comune a tutta la Chiesa orientale.
    
L'epitafio ucraino della fine del XVI secolo, Museo Storico a Kamjianets-Podilskyj 
 
 I frammenti dell'epitafio

  
   L'epitafio del 1545, Museo Nazionale a Kyiv
 
 
 

 
 
 
 
 I frammenti dell'epitafio del 1545, Museo Nazionale delle Arti a Kyiv

Quando Giuseppe d'Arimatea depose Te morto dal legno, 
Tu, o Cristo, che sei vita di tutti, 
egli Ti avvolse con mirra in un lenzuolo. 
L'amore lo sospingeva a baciare, con il cuore e le labbra, 
il Tuo corpo immacolato;
ma, trattenendosi per il timore, a Te gridava con gioia: 
Gloria alla Tua condiscendenza, o amico degli uomini!
 Giuseppe insieme a Nicodemo Ti dipose dal legno, 
Tu che Ti avvolgi di luce come di una manto. 
Contemplandoti morto, nudo, insepolto, 
iniziò un lamento pieno di compassione, e dolente diceva:
"Ahimè, Gesù dolcissimo! poco prima, vedendoti perdere dalla croce, 
il sole si ammantava di tenebre; la terra tremava per il timore; 
il velo del tempio si lacerava. 
Ma ecco, io ora Ti vedo volontariamente disceso nella morte, per me. 
Come portò seppellirti, o Dio mio?
Come Ti avvolgerò in una sindine? 
Con quali mani toccherò il Tuo corpo immacolato? 
Quali canti potrò mai intonare per il Tuo esodo, o pietoso? 
Magnifico i Tuoi patimenti, inneggio alla Tua sepoltura 
insieme alla Tua Risurrezione, acclamando: Signore, gloria a Te! 
 

L'epitafion ucraino del XVII secolo, Museo Nazionale a Leopoli


“Quando Tu, il Redentore di tutti,
fosti posto per tutti nel sepolcro nuovo,
l’Ade, che di nessuno ha timore, vedendo Te si chinò impaurito.
I chiavistelli furono infranti, le porte sconquassate,
le tombe furono aperte, i morti risuscitati.
Allora Adamo, con gioiosa gratitudine, Ti gridò:
“Gloria alla tua condiscendenza, o Misericordioso Sovrano”.
 
 
     Il frammento dell'icona ucraina del XV secolo, villaggio Trushevychi, Museo Nazionale a Leopoli 


 
  Durante i Vespri si canta il salmo 103 e si cantano le stichera: 
Tutta la creazione è cambiata dal timore, vedendoti appeso alla croce, Cristo: 
il sole si oscura, e le fondamenta della terra sono scosso. 
Tutta compassione per il Creatore di tutto. 
Volontiere hai sofferto per noi, 
oh Signore, gloria a Te".

 
  Antimension dell'Arcivescovo di Chernihiv Teodosio Uglickyj, 1695
 
 
 Іван Щирський. Антимінс архієпископа Іоана Максимовича. 1697 р. <a href="Степовик Д. Іван Щирський: Поетичний образ в українській бароковій гравюрі. – К.: Мистецтво, 1988. – С. 97">Джерело ілюстрації</a>
 Ivan Schyrsky, Antimins dell'arcivescovo Ioan Maksymovych, 1697

 Reliquario, il dono dell'etmano Ivan Mazepa al patriarca di Gerusalemme, si conserva nella basilica del Santo Sepolcro


Sudario del XVIII secolo, Museo Nazionale della Storia d'Ucraina, Kyiv


Sudario dipinto a più figure, Museo Nazionale a Leopoli, 1750

 
                      
 
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M. Bianco, Liturgia orientale della settimana santa, Roma 1974, vol. II
S. Janeras, Le Vendredi -Saint dans la tradition liturgique byzantine, Roma 1988  
E. Morini, Le "Sindoni" ricamate: simbologia e iconologia dei veli liturgici nel rito bizantino, in Guardare la Sindone: Cinquecento anni di liturgia sindonica, Torino 2007, 229-257.
S. Rosso, La celebrazione della storia della salvezza nel rito bizantino. Misteri sacramentali. Fraste e tempi liturgici, Città del Vaticano 2010.
G. M. Zaccone, La Sindone: Una storia nella storia, Torino 2015

 http://ukrartstory.com.ua/tekst-statti-23/ukrainian-antimensions-xvii-xviii-ct.html

http://collegiogreco.blogspot.com/2010/04/venerdi-santo-la-deposizione.html
Per consultare icone vedi: http://icon.org.ua/gallery/strasti-hristovi/

Crocifissione - ICON.ORG.UA



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