Il Venerdì Santo
La Passione, la Morte e la Sepoltura di Cristo
Yaryna Moroz Sarno
Nell'alto sul trono,
e in basso nella tomba,
tale Ti contemplarono, o mio Salvatore,
gli esseri celesti e quelli sotterranei,
sconvolti dalla Tua morte:
poiché Tu, oltre ogni comprensione,
Ti mostravi morto, suprema origine della vita.
(Orthros, tropario dall'ode 1)
Frammento dell'icona del XV secolo, Zdvyzhen', Museo Nazionale a Leopoli
Il Venerdì Santo (gr. Μεγάλη Παρασκευή, lat. Dies Passionis Domini) è il giorno della Passione, della Morte e della
Sepoltura del Signore Gesù Cristo, che nella Chiesa antica era chiamato
“Pasqua della Croce” come l’inizio del Passaggio salvifico verso la Risurrezione.
Uno dei più antichi testi poetici che glorificano la Passione di Cristo è opera di Melitone di Sardi (II secolo) che, come si presume, originariamente aveva uno scopo liturgico. La celebrazione solenne del Venerdì Santo era già presente nella Chiesa gerosolimitana del
IV secolo testimoniata da San Cirillo di Gerusalemme (ca 313 - 386) e dal Diario del Pellegrinaggio (381-384) di Egeria. Secondo queste fonti,
la celebrazione si svolgeva durante tutta la note dal giovedì al venerdì. La processione dei fedeli guidata dal vescovo percoreva successivamente tutti i luoghi legati all'arresto, al processo, alla morte in croce e alla sepoltura di Cristo, e in ognuno di questi luoghi si leggeva il brano corrispondente dei Vangeli. Questo ufficio ha influenzato la formazione dell'ufficio moderno del Mattutino.
Nella Città Santa
dopo l'edificazione nel 335 della basilica del
Santo Sepolcro voluta dall'imperatore
Costantino ed un crescente afflusso dei pellegrini nei luoghi della
Passione le celebrazioni pre-pasquali si sono sviluppati nel
culto stazionario.
La liturgia della Passione del rito bizantino si basa sull'antica
tradizione gerosolimitana (con le testimonianze a partire dal VI sec.) e
costantinopolitana con i riti rievocativi della sepoltura di Cristo. Il
ciclo delle antifone si sono formati nei secoli X-XII, risalendo
all'antica tradizione di Gerusalemme. I dodici tropi delle Ore sono probabilmente
più antiche delle 15 antifone del Mattutino. Triodi sono attribuiti a
San Cirillo d'Alessandria, ma possono essere di San Sofronio di
Gerusalemme (VII secolo).
Il frammento dell'icona ucraina della Passione del Signore, XV secolo, villaggio Trushevychi,
Museo Nazionale a Leopoli
Il frammento dell'icona del villaggio Mygiv,
Museo Nazionale a Leopoli
Gli affreschi nella chiesa a Goriany (Uzhgorod), XIII- XIV secolo
La miniatura del Salterio di Kyiv, 1397
Frammento dell'icona del XV secolo, Museo Nazionale a Leopoli
L'icona del XVI secolo, villaggio Stara Skvariava, Museo Nazionale a Leopoli
La Crocifissione del XVI secolo, Rogatyn, regione di Ivano-Frankivsk
Perché Cristo fu messo in croce? Non già per qualche suo delitto, e ne è conferma pure la sua resurrezione. Perché, se Cristo fosse stato peccatore, come avrebbe potuto risorgere da morte? Il fatto, dunque, che è risorto, è prova evidente che non fu un peccatore. E, allora, perché fu messo in Croce? Proprio per gli altri, come per gli altri è poi risuscitato"
(Giovanni Crisostomo)
Ivan Rutkovyc, La crucifissione dell'iconostasi di Zhovkva, 1697, Museo Nazionale a Leopoli
L'icona del XVII secolo, Museo Nazionale a Leopoli
Gli affreschi della chiesa di San Giorgio a Drogobych,
1657-1659
L'icona ucraina della Passione del Signore, XVII secolo, Museo Nazionale a Cracovia
Gli affreschi della chiesa dello Spirito Santo, 1502, Potelych, regione di Leopoli
Al mattino del Venerdì Santo si celebra il Vespro della Deposizione. Nello stesso momento in cui si narra di Cristo che rese il Suo spirito, già risuonano gli inni alla Risurrezione: "La mirra conviene ai morti, ma Cristo si è mostrato libero dalla corruzione". Nella celebrazione del Sabato Santo si esprime il trionfo sulla morte: "Benché il tempio del tuo corpo fosse distrutto al momento della passione, pure anche allora unica era l'ipostasi della tua divinità e della tua carne" (Mattutino, canone, ode 6).
Fin dal IX secolo, soprattutto nei monasteri di Costantinopoli si affermò la nuova liturgia della Passione che sottolinea la sofferenza del Signore e il pianto della Sua Santa Madre che gli stava accanto a Gesù. Il Canone della Crocifissione del Signore e il Canone
"Il pianto della Santa Madre di Dio" composti da Simeone Logofet nel X secolo si canta dopo
i Vespri. I testi innografici del Venerdì Santo sono una delle principali realizzazioni della poesia bizantina.
I Vespri degli uffici della sepoltura di Cristo includano gli inni e le letture
con i rimproveri solenni di quelli che decisero l'uccisione di Cristo. La lettura dell'Evangelo di Giovanni (13, 31) si inizia con il solenne
annuncio: “Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e in Lui Dio è
stato glorificato”, agli stichira alla fine del Vespro – vi è
l’accrescersi della luce, il lento evolversi della speranza e della
certezza che “la morte sarà calpestata dalla morte...”
Nell'Ufficio mattutino (l'Orthros) si canta la prima parte del celebre kontakion di Romano il Melode:
"Venite, esaltiamo tutti
Colui che per noi è stato crocifisso!
Maria lo vide sul legno, e diceva:
Anche se patisci la Croce,
tu sei il mio Figlio e mio Dio!"
L'affresco del XVІ secolo nella chiesa dello Spirito Santo, Potelych, regione di Leopoli
Negli Aposhicha delle Lodi del Santo e Grande Venerdì si cantano le verse di Melode:
"Vedendoti appeso al legno, o Cristo,
te, il Creatore di tutte le cose e Dio,
Colei che senza seme ti aveva generato,
diceva amaramente: Figlio mio,
dove è scomparsa la bellezza del tuo volto?
Non posso vederti iniquamente crocifisso"
***
"Poiché non abbiamo parresia
per i molti nostri peccati,
o Madre di Dio Vergine,
supplica tu il Nato da te...
Non sdegnare le suppliche dei peccatori,
o Tutta santa,
perché è misericordioso e potente nel salvare
lui che ha accettato anche di patire per noi".
Il frammento dell'icona della Passione di Gesù del XV- XVI secolo, villaggio Ugertsi,
Museo Nazionale a Leopoli
Gli affreschi nella chiesa della Resurrezione del Signore a Luzhany, XIV secolo
La Deposicione, gli affreschi della capella della Santissima Trinità,
Maestro Andrea con i discepoli, l'inizio del XV secolo
Rilievo sulla facciata della Cappella di Boim a Leopoli
La Deposizione e Sepoltura del Signore
Beato Giuseppe d'Arimatea,
depose dall'albero il tuo corpo purissimo,
lo avvolse nella pura sindone con aromi,
lo accudì e lo pose nel sepolcro nuovo
(Tropario di Venerdì Santo)
L'epitafion ucraino del XV secolo, villaggio Zhyrivka, provincia Pustomyty, regione di Leopoli,
Museo Nazionale di Leopoli
Il vertice degli uffici della Passione costituisce l'Ufficio della Sepoltura del Signore con il cantico degli enkomia, (lamento funebre o lamentazione sull'epitafios).
Alla conclusione della celebrazione maestosa dei Vespri del Venerdì Santo si pone al centro l’immagine di Cristo nel sepolcro sulla particolarmente venerata Sacra Sindone. Principalmente, nella parte centrale della Sindone è rafiggurata la Deposizione di Gesù Cristo nel Sepolcro. Al canto dell'Apolitikion "Il beato Giuseppe d'Arimatea, deposto dalla Croce l'intemerato Tuo corpo, lo avvolse in una candida sindone con aromi e, resi gli onori funebri, lo pose in un sepolcro nuovo" in processione retto da quattro presbiteri viene potato al centro della chiesa e solennemente esposto l'epitafion, il velo ricamato (dipinto) che rappresenta il corpo del Signore nella sua sepoltura.
L'Epitaphios (Ἐπιτάφιος, epitáphios, o Ἐπιτάφιον, epitáphion; Плащаниця, plashchanitsa), velo funerario, come fosse il Corpo di Cristo condotto alla tomba, si pone solennemente nel fatos o un'arca ricoperto di fiori, che simboleggia il Santo Sepolcro, per rendergli omaggio. Lo venerano i sacerdoti e il popolo, baciandolo. Per San Germano, Patriarca di
Costantinopoli (713 -730) l'Epitaphios è un simbolo della pietra
con cui Giuseppe d'Arimatea coprì la tomba del Signore. Secondo
Simeone di Tessalonica († 1429), l'Epitaphios simboleggia Gesù nudo e
morto, che viene portato alla tomba.
L'iconografia del Cristo sofferente aveva il suo sviluppo nell'Oriente attraverso l'imago pietatis
e degli epitafioi con Cristo deposto rappresentato in posa sindonica
che erano in uso liturgico nel Venerdì Santo a partire dal XII secolo.
L'epitafio potrebbe considerarsi come una riproduzione della Sindone,
che, secondo alcune testimonianze, c'era a Costantinopoli in questi
tempi (per esempio, Constantinus VII Porphyrogenitus, De contionibus militaribus, 8).
Nel mattutino del Sabato Santo nella Chiesa della tradizione bizantina con i lamenti funebri si piange sulla deposizione di Cristo. L'epitafion sull'arca viene portato fuori del tempio in processione al canto di un lungo tropario.
Al Sabato Santo davanti all'epitafion si canta gli enkomia. All'inizio della veglia pasquale, durante la notte di Pasqua, l'epitafion si toglie dall'arca e si depone sull'altare, rimanendo tutto il tempo pasquale е fino alla vigilia dell'Ascensione.
La pratica devozionale dell'adorazione dell'Epitafios fu conosciuta in Ucraina dal XIV secolo con l'arrivo della Regola gerosolimitana introdotta dal metropolita Cipriano (m. 1406). Le riproduzione dei luoghi sacri della Città Santa, cominciando dal Santo Sepolcro, furono già diffusi a Costantinopoli, da dove proveniva il metropolita. L'adorazione della Sacra Sindone dai secoli XVII-XVIII diventa una pratica comune a tutta la Chiesa orientale.
L'epitafio ucraino della fine del XVI secolo, Museo Storico a Kamjianets-Podilskyj
I frammenti dell'epitafio
L'epitafio del 1545, Museo Nazionale a Kyiv
I frammenti dell'epitafio del 1545, Museo Nazionale delle Arti a Kyiv
Quando Giuseppe d'Arimatea depose Te morto dal legno,
Tu, o Cristo, che sei vita di tutti,
egli Ti avvolse con mirra in un lenzuolo.
L'amore lo sospingeva a baciare, con il cuore e le labbra,
il Tuo corpo immacolato;
ma, trattenendosi per il timore, a Te gridava con gioia:
Gloria alla Tua condiscendenza, o amico degli uomini!
Giuseppe insieme a Nicodemo Ti dipose dal legno,
Tu che Ti avvolgi di luce come di una manto.
Contemplandoti morto, nudo, insepolto,
iniziò un lamento pieno di compassione, e dolente diceva:
"Ahimè, Gesù dolcissimo! poco prima, vedendoti perdere dalla croce,
il sole si ammantava di tenebre; la terra tremava per il timore;
il velo del tempio si lacerava.
Ma ecco, io ora Ti vedo volontariamente disceso nella morte, per me.
Come portò seppellirti, o Dio mio?
Come Ti avvolgerò in una sindine?
Con quali mani toccherò il Tuo corpo immacolato?
Quali canti potrò mai intonare per il Tuo esodo, o pietoso?
Magnifico i Tuoi patimenti, inneggio alla Tua sepoltura
insieme alla Tua Risurrezione, acclamando: Signore, gloria a Te!
L'epitafion ucraino del XVII secolo, Museo Nazionale a Leopoli
“Quando Tu, il Redentore di tutti,
fosti posto per tutti nel sepolcro nuovo,
l’Ade, che di nessuno ha timore, vedendo Te si chinò
impaurito.
I chiavistelli furono infranti, le porte sconquassate,
le tombe furono aperte, i morti risuscitati.
Allora Adamo, con gioiosa gratitudine, Ti gridò:
“Gloria alla tua condiscendenza, o Misericordioso
Sovrano”.
Il frammento dell'icona ucraina del XV secolo, villaggio Trushevychi, Museo Nazionale a Leopoli
Durante i Vespri si canta il salmo 103 e si cantano le stichera:
“Tutta la creazione è cambiata dal timore, vedendoti appeso alla croce, Cristo:
il sole si oscura, e le fondamenta della terra sono scosso.
Tutta compassione per il Creatore di tutto.
Volontiere hai sofferto per noi,
oh Signore, gloria a Te".
Antimension dell'Arcivescovo di Chernihiv Teodosio Uglickyj, 1695
Ivan Schyrsky, Antimins dell'arcivescovo Ioan Maksymovych, 1697
Reliquario, il dono dell'etmano Ivan Mazepa al patriarca di Gerusalemme, si conserva nella basilica del Santo Sepolcro
Sudario del XVIII secolo, Museo Nazionale della Storia d'Ucraina, Kyiv
Sudario dipinto a più figure, Museo Nazionale a Leopoli, 1750
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M. Bianco, Liturgia orientale della settimana santa, Roma 1974, vol. II
S. Janeras, Le Vendredi -Saint dans la tradition liturgique byzantine, Roma 1988
E. Morini, Le "Sindoni" ricamate: simbologia e iconologia dei veli liturgici nel rito bizantino, in Guardare la Sindone: Cinquecento anni di liturgia sindonica, Torino 2007, 229-257.
S. Rosso, La celebrazione della storia della salvezza nel rito bizantino. Misteri sacramentali. Fraste e tempi liturgici, Città del Vaticano 2010.
G. M. Zaccone, La Sindone: Una storia nella storia, Torino 2015
http://ukrartstory.com.ua/tekst-statti-23/ukrainian-antimensions-xvii-xviii-ct.html
http://collegiogreco.blogspot.com/2010/04/venerdi-santo-la-deposizione.html
Per consultare icone vedi: http://icon.org.ua/gallery/strasti-hristovi/
Crocifissione - ICON.ORG.UA
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