mercoledì 19 marzo 2025

LINA KOSTENKO (19 marzo 1930), famosa poetessa e scrittrice ucraina contemporanea.



LINA KOSTENKO 

la famosa poetessa e scrittrice ucraina


di Yaryna Moroz Sarno





  Lina Kostenko (in ucr. Ліна Костенко, nata 19 marzo 1930, Rzhyshchiv), grande poetessa, drammaturga e scrittrice contemporanea ucraina, una esponente brillante della generazione degli anni Sessanta (periodo del disgelo chrusceviano), la vincitrice di un gran numero di premi e riconoscimenti letterari; ha contribuito al rinnovamento radicale della letteratura ucraina sul piano concettuale e formale: la sua poesia varia da una strofa classica al verso libero, dalla monumentalità delle opere storiche al minimalismo delle strutture poetiche "dissolte", come in Inkrustaciji (pubblicato in Vybrane "Opere scelte", 1989; trad. it. Intarsi, 1994). Con i romanzi in versi Marusja Churaj (1979) e Berestechko (1999), ambientati nel Seicento ucraino, la scrittrice ha modernizzato il genere storico, conferendogli attualità psicologica ed estetica. E’ stata uno dei principali esponenti del gruppo di poeti ucraini che iniziarono l’attività letteraria a cavallo tra gli anni ’50 e ‘60 del secolo scorso. Le sue prime raccolte Raggi della Terra (1957) e Le vele (1958) furono subito apprezzate dai lettori e dalla critica, e il terzo volume Viaggi di spicco nella poesia ucraina. Tuttavia, a partire dal 1961, fu sempre più oggetto del cuore (1961) confermò il successo della giovane poetessa, consacrandola quale figura di denigrazione da parte delle autorità del regime, per la sua apoliticità e dissidenza.
      Lina Kostenko è nata nel 1930 a Rzhyshchiv. Il padre della poetessa, insegnante e poliglotta Vasyl Kostenko, padroneggiava da solo 12 lingue e insegnava quasi tutte le materie nella scuola locale. Nel 1936 era dichiarato "un nemico del popolo" e condannato a 10 anni di campi di concentramento.


Vasyl Kostenko, padre della poetessa 



   Nel 1936, Lina con mamma si sono trasferiti dalla nonna a Kyiv, sull'isola di Trukhaniv. La scuola n. 100, dove si recò Lina nel 1937, fu incendiata insieme a tutto il villaggio nel 1943. In seguito scrive una poesia: "Sono cresciuta nella Venezia di Kyiv". La poetessa è andata a scuola n. 123 di Kurenivka dove Lina si diplomò e  iniziò a frequentare uno studio letterario presso la rivista "Dnipro", diretta dal famoso poeta ucraino Andriy Malyshko. Nell'Archivio Centrale di Stato-Museo della Letteratura e dell'Arte dell'Ucraina conserva un quaderno di poesie di Lina Kostenko, studentessa del 6° anno della scuola n. 123 di Kyiv n. 123, datate 1944-1945, regalati dalla giovane poetessa al poeta-accademico, l'allora Commissario del Popolo per l'Istruzione dell'Ucraina Pavlo Tychyna, nel cui fondo personale è conservato (fondo 464, op. 1, sp. 8503).

L'Autografo della poesia di Lina Kostenko "L'incontro", 1944-45


Autografo di L. Kostenko, "Poesie selezionate", Raccolta di poesie.
Dedica a P. G. Tychyna. Archivio Centrale di Stato dell'Ucraina, f. 464

    La prima poesia è stata pubblicata sul giornale per bambini "Zirka" nel 1946 quando aveva l'età di 16 anni. Dopo essersi laureata con lode, è entrata prima nell'Istituto pedagogico di Kyiv e poi ha continuato i suoi studi presso l'Istituto letterario di Mosca.


La foto del 1948 

La prima raccolta delle poesie "Raggi della terra", 1957






   Cresciuta in una famiglia di intellettuali segnata dalle persecuzioni staliniane, la Kostenko, dopo aver compiuto gli studi a Mosca, tornò in Ucraina alla fine degli anni Cinquanta. Dopo le prime tre raccolte di poesie (Prominnja zemli, 1957, ("Raggi della terra"); Vitryla, 1958, ("Le vele"); Mandrivky sercja, 1961, Viaggi del cuore). Vasyl Symonenko, recensendo "I viaggi del cuore", scrisse: "Lina Kostenko dipinge gli acquerelli più delicati e le tele larghe con uguale grazia, e con magica facilità si eleva a riflessioni filosofiche e generalizzazioni. È bella nella sua tristezza e abbagliante nella sua gioia. Inoltre, è spietata nella sua rabbia, femminile e gentile con il suo amante e i suoi amici. La sua coscienza della cittadina trova la sua manifestazione non nella chiacchierona loquacità, ma nel desiderio di vita di oggi. ....Questa è la semplicità che viene da Shevchenko, Franko e Lesya Ukrainka nella poesia ucraina. Questa è la semplicità che unisce bellezza, saggezza, sottile sensibilità emotiva con buon gusto." 
     Il suo libro delle poesie "Zoryany Integral" (Integrale stellare)  nel 1963 viene ritirato dalla stampa, il libro "Knyazha Gora" ("La montagna principesca") viene rimosso dall'impaginazione. Durante questi anni, le poesie di L. Kostenko furono pubblicate su riviste in Cecoslovacchia, giornali in Polonia e solo occasionalmente in Ucraina. Le sue poesie erano pubblicate in "samvydav".
       Nel matrimonio con poeta polacco Jerzy Pachlovskyj nasce figlia Oxana, adesso professoressa dell'Università La Sapienza a Roma, famosa poetessa e critica letteraria, una tra migliori ucrainisti contemporanee. 
   Nel 1963, Lina Kostenko incontrò Vasyl Tsvirkunov, direttore dello Studio cinematografico di Kyiv intitolato ad O. Dovzhenko. Nella loro famiglia nasce un figlio, Vasyl. Molto viaggiavano. Tali viaggi trovarono la loro risposta nell'animo della poetessa, ma nessuna casa editrice osò pubblicare le sue opere. La poetessa non volle sopportare restrizioni, divieti e, a partire dal 1968, lavorò "in un cassetto". Ma le sue poesie furono pubblicate su riviste in Cecoslovacchia, giornali in Polonia. Le opere di Lina Kostenko sono state pubblicate su "samizdat". 
    Nel 1973, Vasyl Tsvirkunov è stato licenziato dallo studio cinematografico. La coppia rimase senza guadagno, vivevano in modo molto modesto, ma questo non fece che rafforzare il loro legame.
    Nel 1969, Osyp Zenkevych pubblicò una vasta raccolta di "Poesie" nella diaspora, che comprendeva tutto il meglio creato dalla poetessa in quel momento, in particolare, la poesia che veniva distribuita in "samizdat" a causa del divieto della censura comunista. Un'altra raccolta "La montagna principesca" è stata dispersa nel 1972, il che non sorprende, perché il suono della poesia della collezione era così audace per l'epoca che è impossibile anche solo immaginare che queste opere possano essere state stampate.
   Lina Kostenko non poté pubblicare fino al 1977, quando uscì "Nad berehamy vichnoji riky" ("Sulle rive del fiume eterno"), a cui seguirono Marusja Churaj (1979), "Nepovtornist´" (1980, "L'irripetibilità"), "Sad netanuchych skulptur" (1987, "Il giardino delle sculture che non si sciolgono"), "Korotko, jak diahnoz" (1994, Brevemente, come una diagnosi) e Berestechko (1999). 

    Ha esordito con alcune raccolte di poesie nell'ambito della "generazione degli anni Sessanta" (shistdesjatnyky), un gruppo di giovani intellettuali ucraini che si opponevano al sistema totalitario. Nel 1965 sottoscrisse una lettera di protesta contro l’arresto dei giovani intellettuali ucraini (i fratelli Goryn, Myroslava Zvarychevska, Mychaylo Osadchyj ed altri) venne il 15 aprile del 1966 Leopoli con il gruppo dei poeti e giornalisti a sostenerli moralmente, portando i fiori ed esclamando "Slava!", riesce mettere nella mano di Myroslava Zvaryshevska la tavoletta di cioccolato, che convoglio tolse immediatamente. In seguito ad altri suoi interventi in difesa di personalità perseguitate, per lunghi anni il suo nome scomparve dalla stampa dell’Ucraina sovietica. 






     Messa da parte dalle autorità sovietiche, in seguito Kostenko ha partecipato attivamente alle vicende culturali e politiche in Ucraina fino all'indipendenza (1991). Dopo l'opposizione al regime, che incluse anche scioperi della fame, poté ricominciare a pubblicare solo nel 1977, quando uscì Nad berehamy vichnoji riky ("Sulle rive del fiume eterno"), il romanzo storico in versi Marusia Churaj, con tirature che arrivarono a centinaia di migliaia di copie.  
     Il poema drammatico Snig u Florenciji ("Neve a Firenze", 1989) è ambientato nella Firenze rinascimentale, dedicato alle questioni etiche, all'arte intesa come misura e testimonianza etica del tempo. Nel 1994 questo poema vince in Italia il Premio di Petrarca.
   Un'architettura complessa, in cui compaiono personaggi reali e immaginari, si presentano anche nel suo poema Skifs'ka Odiseja (1989, "Odissea scitica"), poema-ballata brioso e ironico, ambientato nel periodo a cavallo tra il VI e il V secolo a. C., quando le antiche colonie greche del Mar Nero intrattenevano rapporti commerciali con la popolazione dei cosiddetti Sciti Reali.



    Con i romanzi in versi Marusja Churaj e Berestechko la scrittrice ha modernizzato il genere storico, conferendogli attualità psicologica ed estetica. In una complessa struttura polifonica ha ricostruito il tessuto storico e psicologico del Seicento ucraino, filtrato attraverso la sensibilità dei protagonisti. In particolare, nel secondo romanzo, che ricorda la sconfitta cosacca nella battaglia di Berestechko contro i polacchi (1651), il protagonista, l'etmano Bohdan Khmelnyckyj, una figura tragica della storia ucraina, svolge un'amara riflessione sulla sconfitta e sul difficile cammino verso la redenzione. Una delle caratteristiche principali dei romanzi storici di Kostenko è rappresentata dalla lingua, che esplora i più svariati piani espressivi dell'ucraino antico e moderno, attualizzando il tempo storico. 
   La filosofia di un sacrificio 'anonimo' è presente invece nel poema drammatico Duma pro brativ neazovs'kych (1989, Duma sui fratelli nonazovski). La poesia di Lina Kostenko spazia dalla strofa classica (con rima sempre innovativa) al verso libero, dal monumentalismo delle opere storiche al minimalismo delle strutture poetiche dissolte: in particolare in Inkrustaciji (pubblicato in Vybrane, 1989, Opere scelte; trad. it. Intarsi, 1994) Lina Kostenko rompe la struttura poetica proponendo schegge di pensiero in cui ogni verso può essere letto come una singola poesia. Analisi sociopolitiche si alternano a dubbi esistenziali, in un caos generale che vede l'io al centro della storia e del tempo. 
        


      Dopo il disastro di Chornobyl, Lina Kostenko è stata quasi l'unica scrittrice ucraina che si è recata nella zona di esclusione quasi ogni anno per 20 anni. Tra le opere più recenti è il romanzo Zona vidchuzhennja (1999, Zona d'estraniamento), in cui la scrittrice affronta il dramma dell'era postatomica di Chornobyl, esplorando con un linguaggio innovativo il "buco nero della coscienza umana" dove "tutti sono estraniati da tutti". Nel 2005, la poetessa ha preso parte a una spedizione, dove, insieme ai storici e culturologi, era impegnata nella conservazione del patrimonio di Polissia. Il tema di Chornobyl ha avuto un posto importante nella vita e nell'attività creativa di Kostenko. Così, nel 2011 è stato pubblicato il suo libro "La stemma di nome l'Artemisia ricordando Chornobyl" che includeva le poesie della poetessa e la sua sceneggiatura cinematografica "Chornobyl: Tryzna" in traduzione italiana.
     Nel 2011 sono apparsi due libri: "Madonna delle Crocevie" e una raccolta di poesie "Il fiume di Eraclito", che comprendeva poesie scritte in precedenza e 50 nuove poesie. Un anno dopo, la casa editrice "A-ba-ba-ba-ha-la-ma-ha" pubblicò una raccolta di poesie "Trecento poesie. Le poesie scelte". 
    Il romanzo storico in verse Marusja Churaj del 1979 (pubbl. 1982, 1990) e raccolta delle poesie "L'irrepetibilità" (1987) sono stati distinti con il Premio Nazionale di Taras Shevchenko, maggior riconoscimento del contributo alla cultura ucraina. Lina Kostenko riceve Premio onorario del Presidente dell'Ucraina (1992). Nel 1994 la poetessa ha ricevuto il prestigioso Premio Francesca Petrarca per il libro "Intarsi", pubblicato in lingua italiana. Nel 1998 scrive il romanzo-saggio Posmertna zustrich Pushkina (L'incontro postumo di Pushkin), ricostruzione di alcuni episodi della vita del poeta legati all'Ucraina.
   Nel 1998, a Toronto, il Congresso Mondiale dell'Ucraina ha conferito a Lina Kostenko il suo più alto riconoscimento: la medaglia San Volodymyr. Lina Kostenko è professoressa onoraria dell'Università Nazionale Accademia Kyievo-Moghylanska. Nel 2002 ha ricevuto la laurea ad honorem all'Università Nazionale di Chernivci, poetessa è vincitrice del Premio Antonovych per la collezione "Il giardino delle sculture che si sciolgono" (1989), vincitrice del Premio Internazionale di Letteratura di Olena Teliga (2000), Ordine del Principe Yaroslav il Saggio, V grado (2000), "Scrittore d'oro dell'Ucraina" (2012), del Beato martire Omelyan Kovch (2013), Ordine della Legione d'Onore (2022). 



   Nel 2023 a Lina Kostenko è stato conferito il titolo di "Cittadina onoraria della città di Kyiv". 

   Le sue opere sono state tradotte in molte lingue europee e sono ben note al di fuori dell'Ucraina, se anche la poetessa stessa non ama apparire in pubblico e preferisce uno stile di vita riservata. 

Lina Kostenko con sua figlia Oxana Pachlovska 


Lina Kostenko con la figlia Oxana e nipote Jaroslava Francesca Barbiere 


    Recentemente è stata pubblicata in italiano la sua raccolta delle poesie "Sulle rive del fiume eterno" (in ucr. "Над берегами вічної ріки") con l'introduzione di Alois Woldanedito (Castelvecchi Editore, Roma, 2023), nella traduzione di Giovanna Brogi e Oxana Pachlovska.


***

Le parole sono terribili quando tacciono, 
quando si nascondono all'improvviso, 
quando non sai da dove cominciare, 
perché tutte le parole erano già di qualcuno.

Qualcuno con loro ha pianto, ha sofferto, è stato 
ferito, 
ha iniziato con loro e  finiva con loro. 
Miliardi di persone e miliardi di parole, 
ma tu devi dirle per la prima volta! 

Si ripeteva tutto: bellezza e bruttezza. 
Già c'era tutto: asfalti e spore. 
La poesia è sempre irripetibilità, 
un tocco immortale all'anima.


***

E il terrore, e il sangue, e la morte, e la disperazione,
E il ruggito dell'orda predatore,
Un piccolo uomo grigio
Ha causato i disastri neri.
Una bestia di una razza disgustosa,
Loch Ness dal Neva freddo
.
I popoli, dove state guardando?
Oggi siamo noi, ma domani sarete voi.


***

Che intenzione satanica si deve avere,
covare in sé una rabbia così incurabile,
per deriderci dolorosamente,
e poi incolparci di tutto!


***

Ci sono poesie: fiori.
Ci sono poesie come querce.
Ci sono giocattoli: poesie.
Ci sono ferite.
Ci sono padroni e schiavi.
E ci sono poesie - detenuti
Attraverso i muri delle prigioni, sulle spine del grave disastro
camminano, camminano traghettando a tappe dei secoli...


***

"E pioggia, e neve, e bufera di neve, e vento..." 

E pioggia, e neve, e bufera, e vento. 
Linea ad alta tensione del Calvario. 
Sul campo bianco, i corvi di lettere 
cadranno come nuvole, intere nuvole di strofe. 

Il nuovo secolo è già all’orizzonte, 
e il tempo crea nuova bellezza. 
E i ritmi corrono, come i cavalieri sul campo. 
E la rima delle poesie sta intrecciando. 

E nell'epicentro della logica e dello stress, 
dove tutto è mescolato: germano e straniero, 
la mente apprezza il grido del progresso, 
ma anima custodisce antichi tesori.


***


La mia prima poesia è stata scritta in una trincea, 
su quel muro grondante di esplosioni, 
quando perse le stelle nell'oroscopo 
la mia infanzia, uccisa in guerra. 
La lava vulcanica scorreva in fiamme, 
i giardini stavano nei crateri grigi. 
E la nostra traversata si è soffocata 
con una folle raffica di fuoco e acqua. 
C'era un mondo bianco, non più bianco, ma nero. 
La notte infuocata illuminava il giorno. 
E quella trincea... 
come un sommergibile  
in un mare di fumo, orrore e fuoco. 
Era già né un coniglio né un lupo - 
mondo sanguinoso, stella carbonizzata! 
E scrivevo quasi con un scheggia 
lettere maiuscole, fresche dell'alfabeto.
Dovrei ancora giocare a nascondino e in classe,
volare nelle fiabe sulle ali delle copertine dei libri.
Ma scrivevo poesie sulle mine antiuomo,
e ho già visto la morte da vicino. 
Oh il primo dolore di quelle impressioni non infantili, 
cosa dovrebbe lasciare nel cuore! 
Poiché non si può dire l'indicibile nelle poesie, 
l'anima non diventerà muta?! 
L'anima nelle parole è come il mare in un periscopio, 
E quel ricordo è come una luce sulla fronte... 
La mia prima poesia è stata scritta in una trincea. 
Era semplicemente stampata sulla terra.

 

Tutto il mio, si chiama Ucraina.

A volte divento abbagliata dalla bellezza.
Mi fermo, non capendo che miracolo sia –
queste steppe, questo cielo, queste foreste,
tutto è così bello, pulito, vero, 
tutto  – la strada, gli aceri
tutto questo mio, tutto si chiama Ucraina.
Così questa bellezza è alta e indistruttibile, 
che almeno fermarsi per parlare con Dio.


***
Era mattina. C'era nebbia. C'erano centomila d'esercito. 
E la spada era sacra. Tutto era allora. 
Le bandiere sventolavano. E nessun uccello domestico 
allevato i pulcini nel nido dell'aquila 
I carrelli erano incatenati insieme 
E l'orizzonte era offuscato dalla falce di luna dei tartari 
E rotolarono sotto i piedi dei cavalli le teste dei petardi coperte di fumo.

[...]

"Noi siamo guerrieri. Non pigroni. Non sdraiati.
 La nostra causa è santa e 
 giusta.
 Chi è per cosa, ma noi siamo per l'indipendenza.
 Perciò così è difficile per noi".

Siamo crocifissi tra ovest e est.
Quello che non è l'aquila - punge a noi il fegato.
Abbi pietà, o destino, sul mio popolo,
perché non ceda a sfigurarsi!

....

   Frammento dal romanzo storico "Berestecko"

***

La vita va avanti e sempre senza le correzione 
E il tempo vola, non rallenta il galoppo.
Il marchese di Pompadour non c'è già da tempo,
e noi viviamo dopo il diluvio.
Non so cosa accadrà dopo di noi,
in quali vesti si vestirà  la natura.
L'unico che non si stanca è il tempo.
E siamo vivi, dobbiamo sbrigarci.
e fare qualcosa, per lasciare dopo di se,
ma noi, niente, passeremo, come le ombre,
solo che gli occhi del cielo siano azzurri
questa terra è sempre stata vista in fiore.
Affinché queste foreste non si estinguano come un tour,
affinché queste parole non appassiscano cristallizzate.
La vita va avanti e tutto senza correzione,
e come scrivi, così sarà.
Ma non aver paura della rima fastidiosa.
Non aver paura delle illuminazioni, perché loro sono come la medicina.
Non temere la verità, se anche amara,
non temere i dolori, anche se sono come fiumi.
Abbiate paura di ingannare la persona,
perché sbaglierai in questo - questo è per sempre.


 


  ***

Vorrei sapere se mi ami,
o è solo un sogno che non lo sogno più?
Il mio destino è un inferno segreto,
il mio segreto per me stessa!

Darai la tua anima per me,
o cambierai invano e meschino?
Bellezza – e solo, un po' di bellezza,
l'anima non desidera nient'altro.

O forse, in questo caleidoscopio degli anni,
dove tutto è spietatamente abituale e consueto,
tu soltanto mi segui con sguardo quando mi allontano  
e ami un po' i tuoi sogni su di me?


***

Non dimenticate di sognare ogni giorno.
Non dimenticate di sorridere al dolore.
Le labbra sorridenti sono quell'armatura
Che nemmeno il vostro destino potrà spezzare.


*** 

E come posso dimenticarti adesso?
La mia anima se ne andata al limite.
Veleno così strano
Non ho mai bevuto prima
Così tristezza pura,
un desiderio così assetato,
Così grido nel silenzio,
Così radiosità intorno.
Un silenzio così stellato,
una tale immensità nel giorno...
Questi forte anche non sono versi,
ma fiori sono lanciati a te.


***

Ti dirò un pensiero segreto,
una congettura strana mi bruciò:
resterò nel tuo cuore
per oggi, per domani, per sempre.
E il tempo passerà, mettendo
insieme centinaia di impressioni, nomi e paesi -
per oggi, per domani, per sempre!
Tu rimarrai nel mio cuore.
E perché? Questo è lo strano teorema
al quale mi avevo condannato.
È tutto insieme, ma tu sei separato.
E oggi, e domani, e per sempre.


***

Non era da ridere per noi.
La notte sollevava sua tenda:

bianca sinfonia di neve 
fluttuava sugli alberi della foresta.

E la foresta, come una goletta alla deriva,
scricchiolava, avvolta nel ghiaccio...
E il ragazzo, commoventemente giovane,
disse con tristezza adulta:

"Tu sei il mio canto del cigno,
il mio ultimo amore..."

A questa età, una persona 
ama sempre l'ultima volta.

Perché è già una questione di onore:
la vita, vedete, come un sogno, balenò via.
Gli adolescenti per solidità 
devono avere un passato.

Le vele coperte di neve 
pendevano come una cima bianca...
Anche io gli dicevo qualcosa,
ed anche, forse, qualcosa di tragico.

C'è stato un amore fatale,
quasi dal dramma di Rostan...
Ricordo solo la neve,
quella che si è già sciolta da tempo.


Sinfonia bianca di neve,
una goletta avvolta nel ghiaccio...
E te e me da ridere!
E noi con te non siamo tristi!

E tu stai bene, ed è allegro
vivere nel mondo.
A te, come a tutti i risuscitati,
non piace parlare di morte.

Ed hai forse ragione.
Il passato si congela in ghiaccio.
E questa non è più una decorazione...
Sinfonia bianca di neve.

Geme cumulo di neve fino al mattino,
rompendo la sua ala sulla foresta...
Tu sei il mio primo amore.
L'ultimo è già successo.


***

Ho un giorno, ho un momento,
ho l'eternità per me stessa.
Avevo la mia felicità, l'ho scambiata con la sfortuna.
Con piogge azzurre
piangerò su di te cento volte.
Il sole del giacinto sorgerà
su di te cento volte.

Tu ed io siamo così indifesi l'uno di fronte all'altro.
Questo amore era simile
al sacramento della prima comunione.
Ogni mattina era notte.
Ogni sera era il giorno prima.
Ogni giorno era una sensazione bruciante di pre-felicità.

Ed ora... Ed adesso? Il mio cuore durerà per sempre.
Sul fuoco del dolore brucerò la mia memoria.
Se solo sapessi quanto è dolce,
insopportabile e quanto ti amo per primo!


***

Il Dnipro, il vecchio débarcadère, le rive gialle come un leone giacciono,
piegando la criniera verde della conchiglia sui loro artigli.

Una piroga ormeggia nella sabbia.
Qualcuno cucina la zuppa di pesce, affumica e affumica.
La strada secca e frastagliata striscia come un coccodrillo assetato.

Kupava nuota nel Dnipro. Avevo ancora solo un anno, forse tre.
E sto aspettando un piroscafo dalla montagna trypilliana.

La mia inaudita pazienza non ha vinto ancora nessuno,
perché dietro la pazienza è Trypillia*, dietro Chernighiv è Chernig.

Chernig fa paura, è molto nera. All'alba sul Dnipro,
Chernig sale su una barca nera e mette yatyri neri.

E quegli strappi, e quelle radici, spazzate via dall'alluvione della primavera,
e dalla sera dorata nei verdi riccioli dei pini.

E quegli anni che sono volati così velocemente, e quel piroscafo, e la montagna...
Questi sono già ormeggi invisibili
nella memoria profonda del Dnipro.


*(Qua c'è un gioco di parole pazienza in ucr. terpinnia (терпіння) e Trypillia)




******

Lui esce verso sera. 
Firenze piange dietro di lui. 
Ma lacrime queste sono già inutili. La vita è passata. 
Non c'è ritorno in questa città. 
Firenze piange: è di qui, è nostro! 
Una volta lei stessa l'ha maldetto e l'ha cacciato. 
L'alto esule le dice: no. 
Ma hai quel condottiero a cavallo. 
E l'anello di pietra di quella piazza, 
dove mi hai condannato a bruciare. 
Considera che sono bruciato. Mi sono bruciato. Sono morto. 
Sette città consideravano Omero è loro. 
E tu, la mia città, sei l'unica! — 
Oh, come mi hai perseguitato ed inseguito! 
Sei diventata famosa, mia cara. Osanna a te. 
Che sboccia l'iris sul tuo stemma... 
Le dona il suo profilo. Le ghirlande non prende. 
Dove vorrà risorgerà, dove vorrà morirà.
I suoi vestiti sono di stoffa sottile. 
Capelli grigi prematuri sono sulle tempie sue. 
Lui va tranquillo, va lentamente. 
La sua fronte è ancora così giovane! 
Chi dirà di lui: è vecchio quanto il mondo? 
Lui è Dante. Ha solo mille anni.


Gabbiano su un lastrone di ghiaccio

Quest'anno, l'inverno non ha indossato un veste bianco.
A volte l'ho provato, ma qualcuno l'ha subito rubato.
Cercava, piangeva... Cosa fare? 
Era povero della vecchia di erbe appassite dall'anno scorso.

Era furiosa come prima, stendeva una tela di ghiaccio.
Discuteva con il mare, portava la confusione dei venti.
Sempre si rinforzava, ma prima che avesse il tempo di guardarsi intorno,
gli alberi si svegliarono e il ghiaccio si oscurò sull'Oder.

Il ghiaccio sfondò violentemente la porta aperta dello stretto.
Il ghiaccio si sbriciolava, sbattendo contro le pietre della riva...
E infine, sull'Oder – scuro, largo –
sull'ultimo lastrone di ghiaccio, naviga un gabbiano solitario.

"Dove hai accelerato?" Non è tutto il tragitto fino al mare?
I gabbiani si attaccano al gruppo e tu navigherai da solo.
E il lastrone di ghiaccio è sottile. E il lastrone di ghiaccio è quasi trasparente...
Bene, cosa succede se viene lavato via dall'acqua primaverile?

Beh, cosa succede se non riesce a tenerti?
creperà e si romperà... L'acqua girerà in tondo...
"O strano uomo! Ho le ali,
che serve agli alati la terra sotto i piedi?



Le ali

E’ vero, agli alati il suolo non serve.
Non c’è terra, ci sarà la volta celeste.
Non c’è un campo, ci sarà la libertà.
Non c’è una coppia, ci saranno le nubi.
In questo è la verità dell’uccello.
E per l’uomo? Com’è per l’uomo?
Vive sulla terra. Non sa volare.
Ma ha le ali. Ma ha le ali!
E sono ali non di penne e piume,
Ma di verità, di onore, di fede.
Chi le ha come fedeltà in amore.
Chi come eterna aspirazione.
Chi come onestà nel lavoro.
Chi come generosità e premura.
Chi come canti o speranza.
O come poesia, o come sogni.
L’uomo non sa volare…
Ma ha le ali. Ma ha le ali! 



Che sia lieve…

Che sia lieve. Con tratto di penna.
Che sia eterno. Con la memoria fulgida.
Questo mondo bianco è corteccia di betulla,
Questo mondo bianco è corteccia di betulla,
imbiancata da qualche parte nei giorni neri.

Oggi già provato a nevicare.
Oggi l’autunno soffocava dal fumo.
Che sia amaro. Come il ricordo di Te.
Che sia lucente. Con ricordo stupendo.

Che non si svegli il telefono della tristezza.
Che il dolore non si desti con le lettere.
Che sia lieve. E’ stato solo un sogno,
Che ha sfiorato le memoria con le labbra.

***


E ha sorriso la primavera: E’ ora!

E ha sorriso la primavera: – E’ ora! –
dietro alla Nera Strada, dietro al Grande Prato –
guardo: tutti i miei avi e proavi –
vanno dietro al tempo, come dietro all’aratro.

Campo dietro campo, campo e ancora campo,
dietro alla Nera Strada, dietro al Grande Prato,
loro sono già nella nebbia – come nebbia –
vanno dietro al tempo, come dietro all'aratro.

Come pesa il passo dell’eternità! –
dietro alla Nera Strada, dietro al Grande Prato.
Così arbitraria, così libera e giovane –
davvero anch’io vado già dietro all’aratro?!

E cosa arerò? Quali сampi seminerò?
Dietro alla Nera Strada, dietro al Grande Prato.
Davvero anch’io nella nebbia – come nebbia –
e vado dietro al tempo, come dietro all’aratro?


* * *

Sento la pioggia… Giunta furtiva scroscia.
Un suono di latta, di liete gocce i passi.
Attimi, attimi, solo attimi e attimi,
e ad un tratto guardo, e sono già anni e anni!
Forse anche secoli. Nessuno lo sa più
nelle nebulose dell’anima o del cielo –
nel manto della pioggia, diafana come vetro,
io vado dai vivi e i morti rivedo.
Bacio tutti i boschi. Ringrazio il violinista.
Vi ha sonato bene una volta la mia presenza.
Io sono albero, neve, ogni cosa che amo.
E forse è in questo tutta la mia essenza.



Pioggia allegra 

Sole serale, grazie per il giorno! 
A quanto pare, il futuro è già iniziato... 
Sole con gli occhi a vortice 
Esco in giardino, nero e magro... 
Apro l'alba con una chiave di violino... 
I secoli vivono in un vecchio tomo... 
I venti ronzavano con il violoncello, 
le palme dipingevano acquarelli 
Ventaglio di Madame Poletica 
Ci sono sempre più poeti sulla terra... 
Abeti rossi gotici su cupole di faggio... 
[...]

***

Mi fermerò
ad ascoltar a lungo
come l'agosto vaga sulla terra mia.
Ancora sul Dnipro soffocamento vorticoso 
l'achillea grigia profuma di steppa
I salici si inchinano,
le rose rosse impallidiscono, 
perché il rotolacampo stava inseguendo 
l'estate sulle orme fresche.

***

L'ombra della regina Edvige

Ieri ho passato la notte nella stanza del re Ferdinando.
Letto a baldacchino, frangia dorata.
Per tutta la notte i cupidi portavano le ghirlande dal soffitto.
E' stato molto triste, perché - non so.   

Un silenzio vellutato opprimeva. Le ombre nella tenda erano gonfie.
L'inverno si bloccava fuori dalla finestra e la stufa era così riscaldata 
che scricchiolava silenziosamente di notte la vecchia porta stretta,
il noce si seccava
e le pareti mormoravano tutta la notte.

Dicevano che quella porta strana conduceva alle camere superiori.
Un tempo Edvige viveva lì, la felice tra le regine.
Di notte scendeva le scale,
toccava la porta con la mano e
il re si sdraiava ai piedi della regina 
come un leone addomesticato.

Quali troni e corone ci fossero, qui c'era solo amore.
Se c'è mezzo regno per un cavallo,
che cosa  allora per l'amore?!
Le porte invisibili scricchiolavano e si udiva un sospiro silenzioso,
volavano gli amorini di stucco e l'alcova respirava i segreti.

Questa strana musica delle scale...
Questo silenzio del colore indaco ...
Non ho dormito, non ho dormito!
Qualcuno piangeva... E un'ombra sul vetro.
Perché cammini, Edvige? Il tuo re è morto, Edvige!
Solo su tutto, su tutto, i suoi stemmi e monogrammi.

Questa notte sarà per me lunga,
come un'antica ballata cavalleresca.
L'inverno. L'antico castello. La tristezza dei tigli reali.
È tutto passato, Edvige. E il regno è scomparso, e il potere.
C'è solo una cosa rimasta, Edvige.
Questo tuo singhiozzo femminile.

*** 

Oh, autunno, autunno, colori meravigliosi!
Come le tue gru che gridano: "Kurly!
Che persone passano irrepetibili!
Se potessero 
rimanere perlomeno un po' !
Gli alberi sono già come cervi cornuti.
Le ultime foglie volano intorno alle corone.
L'anima sta nella memoria come in un diluvio.
E brillano solo le boe di Caronte.


***

E giorno, e notte, e momento, ed eternità,
e silenzio, e nona asta:
la magica tenerezza dei tuoi occhi 
e metallo fuso delle labbra.

Nella notte del riparo bisestile,
quando la terra va in giro,
mi abbraccerai sulla spalla 
con il movimento di violinista immortale.

***

"Il non detto rimaneva indicibile"

Con i tuoi occhi mi hai detto: ti amo.
L'anima superava il suo difficile esame.
Come il suono silenzioso del cristallo roccioso,
e quello che non è stato detto rimaneva indicibile.
La vita andava avanti, quel binario è già passato,
il silenzio suonava come un clacson sulla stazione.
Molte parole sono scritte con una penna.
Il non detto rimaneva indicibile.
Le notti albeggiavano, le giornate diventavano serali.
Più di una volta il destino ha fatto tremare la bilancia.
Le parole sono salite come il sole in me.
Il non detto è stato lasciato indicibile.


*** 

In un mondo malvagio e freddo,
dove la felicità è intessuta di addii,
ci perdoneremo l'un l'altro
per questa tristezza inaspettata?

Se dobbiamo rimproverarci 
l'eternità?
Ma per сhe cosa, o Dio mio!
Per quello che il cuore 
ha osato battere nella tenerezza muta?!

Per quei saluti?
Per uno sguardo silenzioso, che inebria?
Lasciamo che questo sole splenda.
Lasciamo che questo desiderio risuoni.



***

Un sogno serale dell'estate innamorata
e nelle mani, magnetiche di notte.
Una bella donna, riscaldata dalla tenerezza, 
giace sulla sua spalla dell'estate, autunno.

La passione è maturata per il fuoco e la frutta.
Odore di fuoco sul languido livello. 

E trionfa il saggio genio del genere
di tutti gli esseri viventi sulla terra vivente.

L'estate sta dormendo, e al mattino sorgerà l'autunno -
nella treccia d'ambra un filo di capelli grigi,
possenti fianchi della vita d'oro,
va nei campi - i campi si piegano.

Chicchi gemelli si stringono nelle falciature,
corre la folla di rose dalle guance rosse
I circassi-negrotosi dormono dolcemente,
mele bionde e pere di razza gialla.

Il vento azzurro squarcia i fianchi bianchi.
E nel cuore dell'estate sta sole generoso.
E come i lingotti del sole fuso  
sono i limoni, le pere e l'uva.

Il raggio si addenserà nei grappoli surriscaldati.
E quando nevica nelle giornate fresche,
il sogno ardente dell'estate innamorata
nell'inverno freddo fermenta nel vino!


***

Destino

Sognavo un bizzarro bazar:
sotto il cielo in campo aperto,
per gente diversa,
per generosi e avari,
si vendevano vari Destini.
Alcuni non erano peggio delle principesse,
e altri erano come poveri Mignon.
Chi ha comprato il suo Destino per centesimo.
E chi per milioni.
Qualcuno ha pagato con la sua felicità.
Altri hanno pagato con la coscienza.
Qualcuno - con oro.
E qualcuno con molti dubbi.
Gli indovini, rimescolando le giornate,
si rivolsero agli acquirenti.
I destini stessi si buttavano addosso a me.
E solo uno si voltò.
Ho guardato il suo viso chiaro,
ho chiamato i suoi occhi con l'anima...
«Non mi prenderai comunque»,
disse con riluttanza.
"E se forse prendo?"

"Devi pagare per me",
disse con severità,
"devi pagare per me con la tua vita".
E io vi porterò dolore.
"Allora, chi sei?"
Come ti chiami?
Ne vale la pena?
"La poesia è mia sorella.
E la verità umana è nostra madre.
E l'ho accettata come una legge.
E accadde un grande miracolo:
passò la notte. E il sogno finì.
E il destino è rimasto con me.

Ho scelto io stessa un Destino per me.
E qualunque cosa mi accadrà,
non mi lamenterò 
sul Destino, da me scelto.



***

Due donne…
E’ davvero necessario
che la donna sia virile?
Grazie a tutti, grazie
per questa priorità.
In ogni epoca ai poeti
è stata necessaria la Musa.
E alla donna chi è necessario,
se lei stessa è poeta?
Davvero io e lei – due donne –
supereremo la massa
di problemi e controversie
che senza tregua pungono?
Io davanti ai suoi occhi
sono lacerata, muoio.
E lei che farà, poveretta? –
solo torcersi le mani.
E chi ci aiuterà?
Colui che è uno in tre persone?
A chi lancerò un fiore
bello come l’alba?
Io e la Musa – noi due – due donne –
dov’è il nostro cavaliere?!
Proprio la Musa lo suggerirà,
e io lo creerò.


***

E il mondo mi dirà:
"Tu sei una briciola in me.
Sei un dolore luminoso in un forte uragano.
Il tuo amore è sull'orlo dell'illusione 
e la fede è sull'orlo dell'ingenuità.

Che cosa puoi fare tu, un bambino confuso,
per il progresso dell'umanità?
"Posso solo gettare la vita
 sotto le ruote 
della storia sanguinosa.

Anche se so che tutto questo non è novità per lei.
Ma un giorno si ubriacherà fino all'orlo!
Desidererà bere non più sangue, ma un vino
per la felicità dell'umanità, per la salute dell'universo!


* * * 

Occhi verdi delle orchidee. 
E qualcuno suona violino. 

Vedova è l'ombra tra la gente, 
Candela che si sta spegnendo.


***

La mia memoria piange sulle nevi,
dove ci sono betulle e croci.
Negli amalgami invernali d'argento, 
il sole bianco vuole germogliare.

Vivo perché devo ancora vivere.
Poiché vivo, Dio mi ha dato la forza.
Dal tuo cuore invisibile, 
il sangue del viburno cade nella neve.


***

Ieri era tutto verde 
Oggi  fiorisce il bianco.
Ai tempi della bella Elena 
Non volavano ancora UFO. 
C'erano Eracle e Pericle, 
E non il porno, ma il Parnaso. 
Perché siamo abituati a tutto 
Perché tutto si è abituato a noi? 
La vita è breve e bizzarra
Vola come numeri su un tabellone segnapunti. 
Ieri era tutto verde 
Ieri ancora c'era.


***

O quanto fa freddo! L'acacia fiorisce.
Si erge come un lampadario sull'asfalto umido.
L'occhio d'oro della stella triste,
e il treno gridava contralto.

Silenziosamente vado. Così camminano i violinisti 
senza scuotere la musica con le parole.
Momento unico - 
sotto il cielo sulla terra
così restare da soli con Lei! 

Tu anche forse cammini silenzioso da qualche parte.
La nostra sofferenza è pura e paziente.
O quanto fa freddo.. L'acacia fiorisce.
Quanto fa freddo! L'anima mia rimpiange Lei.


***

E tutto nel mondo deve essere vissuto,
e ogni fine è, infatti, l'inizio,
e non c'è bisogno di indovinare in anticipo,
e non si deve piangere per il passato.

Ma si deve vivere. In qualche modo si devi vivere.
Questo si chiama esperienza, resistenza e indurimento.
E non si deve in anticipo indovinare,
E non si deve piangere per il passato.

Che tutto ciò che non è stato visto sia visto,
che tutto ciò che è perdonato sia perdonato,
che la vita sia vissuta dignitosamente,
purtroppo, da noi non dipende niente ...

Così com'è. Ma può essere peggio, 
Ma può essere molto, molto male. 
Ma mentre la mente non è ancora amareggiata dai guai, 
- Non essere schiavo e ridi come Rabelais!

Ma si deve vivere. In qualche modo si devi vivere.
Questo si chiama esperienza, resistenza e indurimento.
E non si deve in anticipo indovinare,
E non si deve piangere per il passato.

Ma si deve vivere. In qualche modo si devi vivere.
Questo si chiama esperienza, resistenza e indurimento.
E non si deve in anticipo indovinare,
E non si deve piangere per il passato.

E tutto nel mondo deve essere vissuto,
e ogni fine è, infatti, l'inizio,
e non c'è bisogno di indovinare in anticipo,
e non si deve piangere per il passato.




***

Nelle giornate vissute tristemente e con semplicità,
tutto era come neve immacolata.
Come un ospite meraviglioso dagli occhi scuri, 
ti aspettavo dalle strade.

Sei stato in ritardo, non arrivasti presto.
Ho sprecato i miei giorni nel rimpianto.
E nel momento inopportuno,
ho detto a qualcuno: "Io amo..."

Per cuore c'è una tale penitenza:
piuttosto dimenticare il male
che quello che avrebbe dovuto essere
e ciò che non è stato mai nella vita.


***
 
Sole serale, ti ringrazio per la giornata!
Sole serale, ringrazio per la tua stanchezza.
Per quelle foreste l'Eden illuminato,
e per la centaurea nella segale dorata.
Per la tua alba, e per il tuo zenit,
e per i miei zenit incendiati.
Per quello che domani vuole essere verde,
per quelli che ieri è stato suonato.
Per il cielo nei cieli, per le risate dei bambini.
Per quello che posso fare e per quello che devo.
Sole serale, grazie per tutti coloro 
che non hanno contaminato l'anima.
Per domani che ancora aspetta le sue ispirazioni.
Per quello che da qualche parte nel mondo 
il sangue non è stato ancora versato.
Sole serale, ti ringrazio per la giornata,
per questa necessità di parola come della preghiera.


* * *

Nel secondo giorno del Diluvio Universale,
i galli stavano ancora cantando.
Da qualche altra parte, una donna
colse l'aneto nel giardino,
perché il mondo non era ancora tutto inondato.

Non tutti Dio avvertì, come Noè.
Nessuno aveva l'arca di riserva.
Così qualcuno si è sposato, qualcuno andava a cheder.
Qualcuno batteva l'olio e qualcuno pascolava le capre.

Così strano è il destino delle persone,
tutte aspettano epoca d'oro.
Quando l'onda li colpì all'improvviso,
nessuno ha avuto il tempo di stupirsi. 




(le traduzioni delle poesie di Lina Kostenko sono a cura di Yaryna Moroz Sarno)
  
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https://musashop.wordpress.com/2019/03/04/lida-kostenko/
www.magicamente.net/c/148988/5617/-lina-kostenko.html 
Ліна Василівна Костенко (1930) – ЦДАМЛМ

Ripubblicato ed aggiornato, la prima pubblicazione del 19/03/20


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