venerdì 2 febbraio 2024

Presentazione del Signore al Tempio


Presentazione del Signore al Tempio

di Yaryna Moroz Sarno 

La miniatura bizantina dell'XI secolo dal monastero di Dionigi sul monte Athos (cod. 587)


Rallegrati, Beata Vergine Maria,
poiché da Te splende il Sole della Giustizia, 
Cristo nostro Dio, 
illuminando coloro che sono nelle tenebre.
Rallegrati, o anziano giusto, 
che abbracciato il Liberatore delle nostre anime, 
che ci dona la risurrezione.

(Troparion della festa)

   La Presentazione del Signore al Tempio (Ἡ Ὑπαπαντὴ τοῦ Κυρίου) o la Festa dell’Incontro (in gr. συνάντησις — incontro, Стрітення) è una delle dodici grandi feste nel calendario della Chiesa Orientale. La festa è legata al Natale: quaranta giorni dopo la nascita Gesù viene presentato al Tempio da Maria e Giuseppe, dimostrando un profondo rispetto per la legge del Signore e la tradizione ebraica. Essa pone l’attenzione sulla Purificazione, l’offerta del Bambino al Tempio e sull’incontro tra il vecchio Simeone e Gesù, tra l’uomo vecchio e l’Uomo Nuovo, tra il Vecchio e il Nuovo Testamento (Lc 2, 21-40). La narrazione dall'evangelista Luca (Lc 2, 22-39) rievoca il momento di quaranta giorni dopo la nascita di Gesù, Maria con Giuseppe e il Bambino si presentano al Tempio di Gerusalemme, per consacrarlo a Dio, seguendo l’ordine dell’Esodo (13, 2) che prevedeva il sacrificio di ogni primogenito a Dio, con un’offerta, a cui fa già cenno il Levitico (12, 6-8) ed anche per la purificazione della madre. Qui trovano Simeone e Anna, che indicano nel neonato il segno di una promessa della salvezza e luminoso futuro. Simeone accoglie Gesù con le mani velate con un gesto, che esprime profonda venerazione. Immaginando la scena, l'innografo bizantino San Romano il  Melode (+ 556 ca), esprimere attraverso all'anziano Simeone: "Tu sei grande e glorioso, sei stato generato misteriosamente dall’altissimo, figlio tutto santo di Maria …; oso tenerti come una lampada: perché chiunque tra gli uomini porta una lampada è rischiarato, non bruciato".  
  San Metodio di Patara (+ 312) nella sua omelia scrisse: "L'anziano Simeone, togliendosi di dosso l'infermità dell'età e rivestito della forza della speranza, si affrettò ad incontrare dinanzi alla legge il Datore della Legge, il Maestro, il Dio di Abramo, il Difensore di Isacco, il Santo d'Israele, il Mentore di Mosé, che promise di aprirgli, come di dietro (Es 33, 23), l'incarnazione divina, ricca di povertà, eterna nell'infanzia, invisibile in il visibile, incomprensibile nell'incarnato, il più grande nella piccola forma, situato nel tempio e in cielo, seduto sul trono regale e sul carro cherubino, dimorando incessantemente giù, esistendo in forma di servo e nella forma di Dio Padre, che ubbidisce e regna su tutto".    
   I sermoni della festa furono anche scritti da San Cirillo di Gerusalemme (+ 360), Gregorio il Teologo (+ 389), Anfilochio di Iconio (+ 394), San Gregorio di Nissa (+ 400), San Giovanni Crisostomo (+ 407), Timoteo di Gerusalemme, Modesto, patriarca di Gerusalemme (+634), Sofronio di Gerusalemme (+638) ed altri. "Sermone sulla presentazione di nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo" è stato scritto da Esichio, presbitero di Gerusalemme (+ dopo il 450).  Molte omelie festive, attribuite dalla tradizione ai famosi Padri della Chiesa del III-IV secolo non sempre sono riconosciute non autentiche. I canti liturgici della festa erano creati dai famosi innografi bizantini (nel VII secolo Sant'Andrea, arcivescovo di Creta, nell'VIII secolo, San Cosma, San Giovanni di Damasco, San Germano, patriarca di Costantinopoli, San Giuseppe Studita, l'arcivescovo di Salonicco). 
  Le testimonianze storiche della celebrazione liturgica risalgono alla fine del IV secolo, al 26 capitolo del Diario del pellegrinaggio in Terra Santa di Egeria (381-384), pellegrina che raccontava di questa festa che fu celebrata nella grande basilica dell’Anastasis (la chiesa della Resurrezione). Nel capitolo 26 così è stata descritta la celebrazione della festa: "Il quarantesimo giorno dopo l'Epifania è davvero celebrato con la massima solennità. In questo giorno c'è una processione alla Chiesa della Resurrezione, dove tutti si radunano per la liturgia, spiegano il testo del Vangelo, che racconta come Giuseppe e Maria aquarantesimo giorno portarono il Signore al tempio". Il manoscritto liturgico Lezionario armeno da Gerusalemme mostra la pratica liturgica della festa dell'inizio del V secolo. Da Gerusalemme, la festa si diffuse in tutto l'Oriente.   
   L'affermazione definitiva della festa avvenne nel VI secolo: secondo le vari versioni o sotto l'imperatore Giustino I (518-527) o sotto Giustiniano I (527-565). Nella sua Storia Ecclesiastica Niceforo indicò che nel 527 Giustino I istituì la festa.  Secondo Giorgio Amartolo (IX secolo), la celebrazione della Candelora è stata introdotta dall'imperatore Giustino I (518-527), il suo successore Giustiniano (527-566) realizzò l'unificazione della data della festa alla tradizione del calendario della Chiesa romana (iniziò a celebrare il 2 febbraio). 
   La celebrazione più solenne dai tempi dell'imperatore Giustiniano (527-565) era associata al ricordo della salvezza di Costantinopoli dalla terribile pestilenza. Nella Cronaca di Teofano si dice che Giustiniano ordinò di celebrare la festa in tutto l'impero bizantino e nella capitale il 2 febbraio in memoria della cessazione dell'epidemia della peste.   
  Perciò, è molto probabile che alla base della solenne celebrazione della Presentazione del Signore furono due eventi straordinari: la peste a Costantinopoli e dintorni e il terremoto ad Antiochia. Alla fine del 541 una pestilenza colpì Costantinopoli e i suoi dintorni, uccidendo ogni giorno migliaia di persone e durando tre mesi. Prima ad Antiochia ci fu anche un grande terremoto. Secondo la leggenda, un uomo giusto ebbe una rivelazione da Dio, che la disgrazia accaduta andrà via quando sarà stabilita la solenne celebrazione della Presentazione del Signore. Nel 542, per ordine dell'imperatore Giustiniano, ebbe luogo una solenne celebrazione della festa e finì la peste. 
   Dall'Oriente la festa della Candelora passò nel V secolo a Roma, nel VII secolo in Francia e Spagna, nell'VIII secolo alla Germania. L'istituzione della festa in Occidente è stata attribuita al papa Gelasio (+ 496) e da altri al papa Gregorio Magno (+ 604). L'usanza di andare in processione con le candele per la festa del Presentazione (che si svolgeva di solito dalla chiesa di Sant'Adriano ai Fori verso la basilica Santa Maria Maggiore) fu introdotta probabilmente durante il pontificato del papa Sergio (687-701). Questa usanza arrivò rapidamente da Roma a Gerusalemme e in altre città palestinesi. 
   Cirillo di Scitopoli (+ 557) nella sua Vita di San Teodosio il Grande racconta di una ricca matrona romana di nome Vicelia, che visse nei tempi dell'imperatore Marciano (450-457) fece costruire una chiesa in onore della Beata Vergine Maria tra Gerusalemme e Betlemme, suggerendo l'usanza di celebrare la festa della Candelora con le candele accesi. Questa usanza è stata menzionata anche dal patriarca di Gerusalemme Sofronio (+ 641) nel suo sermone per la festa della Presentazione del Signore. Il lume di candela è un  simbolo della vera luce di Dio, che è il nostro Signore Gesù Cristo stesso. 
   La processione con le candele durante la festa fu precedentemente praticata ad Alessandria. San Cirillo d'Alessandria (+ 444) nel suo sermone sulla Presentazione del Signore al tempio menzionò l'usanza di portare delle candele in questo giorno:  "Festegiamo in modo splendente con lampade brillanti il mistero di tale giorno" (PG
114, 469). In simile modo descritto nell'omelia anonima della stessa epoca, che si pronunciava a Gerusalemme: "Siamo splendenti e le nostre lampade siano brillianti. Quali figli della luce che è  Cristo" (PG 33, 1201). Teodoto di Ancira (+446 ca) parla della stessa pratica in Ancira. L'usanza di benedire e consacrare le candele si ebbe solo dopo il X secolo.
  

                         Il mosaico della basilica di Santa Maria Maggiore a Roma (432–440).

  L'iconografia della festa si formò alla base del Vangelo e Protovangelo di Giacomo. La prima rappresentazione conservata della Presentazione del Signore al Tempio si trova sull'arco trionfale della basilica di Santa Maria Maggiore a Roma (432–440). Nei mosaici romani Simeone era rappresentato con i capelli corti e la barba, negli affreschi della chiesa di Santa Maria a Castelseprio in Italia, realizzati da un maestro bizantino (secolo VII), Simeone è raffigurato come un vecchio dai capelli grigi con i capelli lunghi. Secondo la pia leggenda, San Simeone, in attesa dell'incontro con il Signore promesso dall'angelo, visse per più di trecento anni. L'iconofrafia simile si presenta sull'affresco dell'inizio dell'VIII secolo di Santa Maria Antiqua a Roma. 

Mosaico dalla chiesa Theotokos Kyriotissa a Costantinopoli

L'affresco del VII secolo nella chiesa della Madonna Santissima a Catelseprio, Italia

La miniatura del codice delle Omelie di Gregorio di Nazianzo, Bisanzio. 
879–882, Parigi, Biblioteca Nazionale di Francia

 Nel corso dei secoli nell'arte bizantina si sviluppò un schema compositivo simmetrico dove al centro sono raffigurate la Vergine e Simeone sullo sfondo della rappresentazione dell'altare sotto il ciborio, che indica il sacrificio espiatorio del Salvatore. Sulla miniatura del Menologio di Basilio II (986 circa, Biblioteca Vaticana, gr. 1613) la Presentazione è raffigurata sullo sfondo del tabernacolo a porte chiuse. Il Bambino è raffigurato tra le braccia della Madre di Dio in una posizione reclinata, con le gambe rivolte a San Simeone. La Presentazione del Signore  è una delle scene principali nei mosaici delle chiese bizantine: del monastero di Ossios Loukas in Grecia, a Nea Moni sull'isola Chio, nella chiesa dell'Assunzione della Vergine Maria a Dafni, nella cattedrale a Monreale. 

    
 
  La miniatura del Menologio di Basilio II (ca 986), Roma, Biblioteca Vaticana, Vat. gr. 1613

Mosaico della chiesa del monastero Ossios Loucas a  Focide, 1022 ca

Mosaico della cattedrale a Monreale, tra XII e la metà del XIII secolo  

  L'esempio più antico della scena della Presentazione del Signore al Tempio nell'arte ucraina sono gli affreschi del XII secolo nella Chiesa di San Cirillo d'Alessandria a Kyiv. Una caratteristica interessante nella raffigurazione della Chiesa di San Cirillo è che il Bambino non è seduto tra le braccia della Madre di Dio, ma è presentato steso su di esse. La Vergine Santissima lo porta su due braccia velate. 

Gli affreschi nella chiesa di San Cirillo a Kyiv, XII secolo  


Frammenti degli affreschi nella chiesa di San Cirillo d'Alessandria a Kyiv, XII secolo

     Il Bambino divino può essere ritratto sia nelle mani della Madre che sulle braccia di Simeone. Si raffigurava anche proprio il momento stesso della trasmissione quando la Beata Vergine ancora sta tenendo il Figlio, ma l'anziano ha già toccato il Salvatore, però non lo ha ancora preso in braccio. Questa soluzione compositiva rende l'immagine più drammatica. L'intera umanità nelle persone di Simeone e Anna accetta la buona novella dell'Incarnazione del Figlio di Dio. Gesù Bambino visibilmente rappresenta l'unione dell'Antico Testamento e il Nuovo Testamento.


L'icona ucraina del XIV-XV secolo dal villaggio Stanylia,
Museo Nazionale di Leopoli

Maestro Andrea con alunni, gli affreschi della cappella della Santissima Trinità, Lublino 1418 

L'icona ucraina del XV-XVI secolo

L'icona ucraina, la prima metà del XVI secolo,
villaggio Zvertiv, Museo Nazionale dell'Arte

L'icona ucraina del XVI secolo, Maestro Fedusco da Sambir,
Museo Nazionale di Leopoli

L'icona ucraina della prima metà del XVII, villaggio Vola Kryvecka, Museo a Premyschl' 


L'icona ucraina del XVII secolo

Tropario, la voce 1

Rallegrati, Beata Vergine Maria, perché da Te sorge il Sole della giustizia - 
Cristo nostro Dio, che illumina coloro che sono nelle tenebre. 
Rallegrati anche tu, l'anziano giusto, che tenevi tra le tue braccia 
il Liberatore delle nostre anime, 
che ci dona risurrezione.

Тропар, глас 1
 Радуйся, Благодатная Богородице Діво, бо з Тебе засяяло Сонце правди — Христос Бог наш, що просвічує тих, що в темряві. 
Веселися і ти, старче праведний, що прийняв в обійми 
Визволителя душ наших, 
Який дарує нам воскресіння.

Kondak, la voce 1

Hai consacrato l'utero verginale con il Tuo Natale e hai benedetto le mani di Simeone come avrebbe dovuto, dopo averlo avvertito, e ora salvaci, Cristo Dio. Calmi l'inimicizia tra i popoli e rafforzi le persone che hai amato, 
L'unico Amatore dell'umanità.

Кондак, глас 1
Утробу Дівичу освятив єси Різдвом Твоїм і руки Симеонові благословив, 
як подобало, попередивши його, і нині спас нас, Христе Боже. 
Втихомир ворожнечу народів і укріпи людей, що їх возлюбив єси, 
Єдиний Чоловіколюбний.  


Ivan Rutkovyc, l'icona dell'iconostasi di Zhovkva, 1697-99

 L'immagine dall'iconostasi della Chiesa dell'Esaltazione 
della Santa Croce a Skyth Maniavsky (1698-1705), eseguita dal pittore Jov Kondelevyc

L'icona ucraina del XVIII secolo

L'icona ucraina del 1729 dall'iconostasi cattedrale dell'Assunzione del monastero delle Grotte a Kyiv

 
Frammento dell'iconostasi del XVIII secolo, villaggio Romaniv, distretto a Luck, 
Museo delle icone di Volyn'

“Gioisci, Madre di Dio Vergine piena di grazia: 
da Te infatti è sorto il sole di giustizia, 
Cristo Dio nostro, che illumina quanti sono nelle tenebre”
(Tropario dalla liturgia del vespro)

La pittura murale del XIX secolo a Santa Sofia a Kyiv

L'affresco di Julian Bucmaniuk, la chiesa basiliana a Zhovkva

L'affresco di Julian Bucmaniuk, la chiesa ad Edmonton

   L'usanza di consacrare le candele della chiesa nella festa della Presentazione del Signore è apparsa nella Chiesa orientale grazie a una tradizione occidentale arrivata nel XVII secolo. Petro Mohyla, per redigere il "Trebnyk", in particolare, si serviva del breviario romano, che descriveva minuziosamente il rito delle processioni con le lampade accese. Con queste processioni, la Chiesa occidentale un tempo cercò di distrarre gli abitanti di Roma dalle tradizionali feste pagane. La consacrazione delle candele viene eseguita come segno di santificazione e purificazione del mondo mediante la vera Luce del Vangelo di Cristo. Le candele della festa portate a casa in questo giorno vengono accese durante la preghiera. Allo stesso tempo, la Chiesa mette in guardia rigorosamente contro un atteggiamento superstizioso nei confronti delle candele. Non puoi attribuire loro alcun significato magico o miracoloso, perché una candela è solo un simbolo della nostra preghiera. Va ricordato che Dio non ha bisogno di candele grandi o piccole, consacrate o non santificate. Non importa quante di queste candele abbiamo portato al tempio: una o dodici. Dio ha bisogno dei nostri cuori amorevoli, delle lacrime di pentimento e dell'amore vivente non finto. Quando la forma esterna della pietà della chiesa non è piena di significato interno, si trasforma rapidamente in un'illusione superstiziosa. Per evitare ciò, bisogna diventare un partecipante a pieno titolo alla vita della chiesa e non ricorrere solo ad alcune delle sue manifestazioni ed elementi individuali.


Ripubblicato e aggiornato, la data di pubblicazione 15/02/20 10:09

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