VISITA PASTORALE
DI SUA SANTITÀ GIOVANNI PAOLO II
A VERCELLI E TORINO (23-24 MAGGIO 1998)
CELEBRAZIONE DELLA PAROLA E VENERAZIONE DELLA SINDONE
DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
Domenica, 24 maggio 1998
Carissimi Fratelli e Sorelle!
1. Con lo sguardo rivolto alla Sindone, desidero
salutare cordialmente tutti voi, fedeli della Chiesa torinese. Saluto i
pellegrini che durante il periodo di questa ostensione vengono da ogni
parte del mondo per contemplare uno dei segni più sconvolgenti
dell'amore sofferente del Redentore.
Entrando nel Duomo, che mostra ancora le ferite prodotte
dal terribile incendio di un anno fa, mi sono fermato in adorazione
davanti all'Eucaristia, il Sacramento che sta al centro delle attenzioni
della Chiesa e che, sotto apparenze umili, custodisce la presenza vera,
reale e sostanziale di Cristo. Alla luce della presenza di Cristo in
mezzo a noi, ho sostato poi davanti alla Sindone, il prezioso Lino che
può esserci di aiuto per meglio capire il mistero dell'amore del Figlio
di Dio per noi.
Davanti alla Sindone, immagine intensa e struggente di
uno strazio inenarrabile, desidero rendere grazie al Signore per questo
dono singolare, che domanda al credente attenzione amorosa e
disponibilità piena alla sequela del Signore.
2. La Sindone è provocazione all'intelligenza. Essa
richiede innanzitutto l'impegno di ogni uomo, in particolare del
ricercatore, per cogliere con umiltà il messaggio profondo inviato alla
sua ragione ed alla sua vita. Il fascino misterioso esercitato dalla
Sindone spinge a formulare domande sul rapporto tra il sacro Lino e la
vicenda storica di Gesù. Non trattandosi di una materia di fede, la
Chiesa non ha competenza specifica per pronunciarsi su tali questioni.
Essa affida agli scienziati il compito di continuare ad indagare per
giungere a trovare risposte adeguate agli interrogativi connessi con
questo Lenzuolo che, secondo la tradizione, avrebbe avvolto il corpo del
nostro Redentore quando fu deposto dalla croce. La Chiesa esorta ad
affrontare lo studio della Sindone senza posizioni precostituite, che
diano per scontati risultati che tali non sono; li invita ad agire con
libertà interiore e premuroso rispetto sia della metodologia scientifica
sia della sensibilità dei credenti.
3. Ciò che soprattutto conta per il credente è che la
Sindone è specchio del Vangelo. In effetti, se si riflette sul sacro
Lino, non si può prescindere dalla considerazione che l'immagine in esso
presente ha un rapporto così profondo con quanto i Vangeli raccontano
della passione e morte di Gesù che ogni uomo sensibile si sente
interiormente toccato e commosso nel contemplarla. Chi ad essa si
avvicina è, altresì, consapevole che la Sindone non arresta in sé il
cuore della gente, ma rimanda a Colui al cui servizio la Provvidenza
amorosa del Padre l'ha posta. Pertanto, è giusto nutrire la
consapevolezza della preziosità di questa immagine, che tutti vedono e
nessuno per ora può spiegare. Per ogni persona pensosa essa è motivo di
riflessioni profonde, che possono giungere a coinvolgere la vita.
La Sindone costituisce così un segno veramente singolare
che rimanda a Gesù, la Parola vera del Padre, ed invita a modellare la
propria esistenza su quella di Colui che ha dato se stesso per noi.
4. Nella Sindone si riflette l'immagine della sofferenza
umana. Essa ricorda all'uomo moderno, spesso distratto dal benessere e
dalle conquiste tecnologiche, il dramma di tanti fratelli, e lo invita
ad interrogarsi sul mistero del dolore per approfondirne le cause.
L'impronta del corpo martoriato del Crocifisso, testimoniando la
tremenda capacità dell'uomo di procurare dolore e morte ai suoi simili,
si pone come l'icona della sofferenza dell'innocente di tutti i tempi:
delle innumerevoli tragedie che hanno segnato la storia passata, e dei
drammi che continuano a consumarsi nel mondo.
Davanti alla Sindone, come non pensare ai milioni di
uomini che muoiono di fame, agli orrori perpetrati nelle tante guerre
che insanguinano le Nazioni, allo sfruttamento brutale di donne e
bambini, ai milioni di esseri umani che vivono di stenti e di
umiliazioni ai margini delle metropoli, specialmente nei Paesi in via di
sviluppo? Come non ricordare con smarrimento e pietà quanti non possono
godere degli elementari diritti civili, le vittime della tortura e del
terrorismo, gli schiavi di organizzazioni criminali?
Evocando tali drammatiche situazioni, la Sindone non
solo ci spinge ad uscire dal nostro egoismo, ma ci porta a scoprire il
mistero del dolore che, santificato dal sacrificio di Cristo, genera
salvezza per l'intera umanità.
5. La Sindone è anche immagine dell'amore di Dio, oltre
che del peccato dell'uomo. Essa invita a riscoprire la causa ultima
della morte redentrice di Gesù. Nell'incommensurabile sofferenza da essa
documentata, l'amore di Colui che "ha tanto amato il mondo da dare il
suo Figlio unigenito" (Gv 3,16) si rende quasi palpabile e
manifesta le sue sorprendenti dimensioni. Dinanzi ad essa i credenti non
possono non esclamare in tutta verità: "Signore, non mi potevi amare di
più!", e rendersi subito conto che responsabile di quella sofferenza è
il peccato: sono i peccati di ogni essere umano.
Parlandoci di amore e di peccato, la Sindone invita
tutti noi ad imprimere nel nostro spirito il volto dell'amore di Dio,
per escluderne la tremenda realtà del peccato. La contemplazione di quel
Corpo martoriato aiuta l'uomo contemporaneo a liberarsi dalla
superficialità e dall'egoismo con cui molto spesso tratta dell'amore e
del peccato. Facendo eco alla parola di Dio ed a secoli di
consapevolezza cristiana, la Sindone sussurra: credi nell'amore di Dio,
il più grande tesoro donato all'umanità, e fuggi il peccato, la più
grande disgrazia della storia.
6. La Sindone è anche immagine di impotenza: impotenza
della morte, in cui si rivela la conseguenza estrema del mistero
dell'Incarnazione. Il telo sindonico ci spinge a misurarci con l'aspetto
più conturbante del mistero dell'Incarnazione, che è anche quello in
cui si mostra con quanta verità Dio si sia fatto veramente uomo,
assumendo la nostra condizione in tutto, fuorché nel peccato. Ognuno è
scosso dal pensiero che nemmeno il Figlio di Dio abbia resistito alla
forza della morte, ma tutti ci commuoviamo al pensiero che egli ha
talmente partecipato alla nostra condizione umana da volersi sottoporre
all'impotenza totale del momento in cui la vita si spegne. E'
l'esperienza del Sabato Santo, passaggio importante del cammino di Gesù
verso la Gloria, da cui si sprigiona un raggio di luce che investe il
dolore e la morte di ogni uomo.
La fede, ricordandoci la vittoria di Cristo, ci comunica
la certezza che il sepolcro non è il traguardo ultimo dell'esistenza.
Dio ci chiama alla risurrezione ed alla vita immortale.
7. La Sindone è immagine del silenzio. C'è un silenzio
tragico dell'incomunicabilità, che ha nella morte la sua massima
espressione, e c'è il silenzio della fecondità, che è proprio di chi
rinuncia a farsi sentire all'esterno per raggiungere nel profondo le
radici della verità e della vita. La Sindone esprime non solo il
silenzio della morte, ma anche il silenzio coraggioso e fecondo del
superamento dell'effimero, grazie all'immersione totale nell'eterno
presente di Dio. Essa offre così la commovente conferma del fatto che
l'onnipotenza misericordiosa del nostro Dio non è arrestata da nessuna
forza del male, ma sa anzi far concorrere al bene la stessa forza del
male. Il nostro tempo ha bisogno di riscoprire la fecondità del
silenzio, per superare la dissipazione dei suoni, delle immagini, delle
chiacchiere che troppo spesso impediscono di sentire la voce di Dio.
8. Carissimi Fratelli e Sorelle! Il vostro Arcivescovo,
il caro Cardinale Giovanni Saldarini, Custode Pontificio della Santa
Sindone, ha proposto come motto di questa Ostensione solenne le parole: "Tutti gli uomini vedranno la tua salvezza".
Sì, il pellegrinaggio che folle numerose vanno compiendo verso questa
Città è proprio un "venire a vedere" questo segno tragico ed illuminante
della Passione, che annuncia l'amore del Redentore. Questa icona del
Cristo abbandonato nella condizione drammatica e solenne della morte,
che da secoli è oggetto di significative raffigurazioni e che da cento
anni, grazie alla fotografia, è diffusa in moltissime riproduzioni,
esorta ad andare al cuore del mistero della vita e della morte per
scoprire il messaggio grande e consolante che ci è in essa consegnato.
La Sindone ci presenta Gesù al momento della sua massima impotenza, e ci
ricorda che nell'annullamento di quella morte sta la salvezza del mondo
intero. La Sindone diventa così un invito a vivere ogni esperienza,
compresa quella della sofferenza e della suprema impotenza,
nell'atteggiamento di chi crede che l'amore misericordioso di Dio vince
ogni povertà, ogni condizionamento, ogni tentazione di disperazione.
Lo Spirito di Dio, che abita nei nostri cuori, susciti
in ciascuno il desiderio e la generosità necessari per accogliere il
messaggio della Sindone e per farne il criterio ispiratore
dell'esistenza.
Con questi auspici, imparto a tutti voi, ai pellegrini
che visiteranno la Sindone ed a quanti sono spiritualmente ed idealmente
uniti intorno a questo segno sorprendente dell'amore del Cristo, una
speciale Benedizione Apostolica.
http://www.vatican.va/content/john-paul-ii/it/travels/1998/documents/hf_jp-ii_spe_24051998_sindone.html
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