domenica 12 novembre 2023

San Giosafat Kuncevych (1580-1623), l'apostolo dell'unità della Chiesa, il patrono dell’Ucraina e degli ecumenisti.


 Yaryna Moroz Sarno


San Giosafat Kuncevych,
l'apostolo dell'unità della Chiesa 
 il patrono dell’Ucraina e degli ecumenisti
(Volodymyr Volynsky, 1580 ca - Vitebsk, 12 novembre 1623)

12 novembre 


        

"Il sangue di San Giosafat, come secoli fa, 
anche e specialmente ora, riesce pegno di pace e suggello di unità"

Dall'Enciclica «Ecclesiam Dei» di Pio XI



   Giosafat Kuncevych (Kuncevich, Kuncewycz, in ucr. Йосафат Кунцевич) (1580-1623), nacque a Volodymyr-Volynsky, l'antica città principesca ucraina, fondata da San Volodymyr il Grande (la prima menzione nel 988), in una famiglia della piccola nobiltà da genitori ortodossi Gavryil e Maria. Fu battezzato con nome Ivan nella chiesa locale di Santa Parasceva e trascorse la sua infanzia e giovinezza nella sua città natale. La madre spesso gli raccontava sulla Passione del Signore, ed un dardo partito dal fianco dell'immagine della Crocifissione di Gesù colpì il suo cuore, accendendo in lui l'amore divino così forte che si dedicò alla preghiera e alle opere pie in modo esemplare.
     
    Il Crocifisso davanti al quale pregava San Giosafat 
nella chiesa di Santa Parasceva a Volodymyr-Volynsk
 

    Suo padre voleva farlo diventare commerciante, quindi lo mandò a Vilna per conoscere l'attività commerciale, lì il giovane conobbe la questione dell'unione della Chiesa che accettò intorno al 1599 e con l'influenza dei Gesuiti ne divenne ardente sostenitore. Si ritirò a Vilna nel monastero della  Santissima Trinità nel 1604 per ordine del metropolita Hipatius Pociej (1541-1613) che aveva un ruolo cruciale nell'unione di Brest (1595-96). Indossando l'abito basiliano, Kuncevych scelse il nome di Giosafat. Insieme a Josyp Venyamin Rutskyj, che ricostruì questo monastero con la sua eredità, riorganizzò la vita monastica e introdusse una rigida disciplina monastica. 
  I confratelli notarono la sua tenerezza verso Gesù Crocifisso, il modo in cui esercitava la pietà e la penitenza, tanto che, come disse il metropolita Giuseppe Rutsky, “in breve tempo fece tali progressi nella vita monastica da poter essere maestro agli altri”. La sua ascesi era molto rigorosa: camminava a piedi nudi nei giorni freddi dell'inverno in quella regione rigidissima, non si cibava mai di carne né beveva vino, se non quando ve lo costringeva l'obbedienza. Portò sul corpo, fino alla morte, un ruvido cilicio e conservò la castità che, adolescente, aveva consacrato alla Vergine Madre di Dio. Aveva una devozione filiale per la Beata Vergine e venerava in particolare una sua icona, nota con il titolo di “Regina dei pascoli”. Per il ritorno all'unità egli confidava proprio nell'amore comune per la Madonna sia da parte dei cattolici che degli ortodossiLa fama della sua santità e delle sue virtù si diffuse rapidamente. Attraverso la sua vita pia si attiravano le nuove vocazioni al monastero (tra cui fu anche lo stesso Rutskyj), così nel 1617 furono già cinque monasteri ricostruiti e quasi 80 monaci. 
  Dopo gli studi privati sotto la guida del gesuita Fabricio Valentino Groza nel 1609 fu ordinato prete e presto fu messo a dirigere il monastero di Byten. Egli fu abate del monastero di Zhyrowyci (1613), dove studiavano i giovani monaci, che non avevano un posto dove stare a Vilno.  
   Nell'estate del 1613 morì difensore dell'Unione di Brest, metropolita di Kyiv e della Galizia Hipatius Pociej (in ucr. Іпатій Потій, 1541-1613) e lo sostituisce il 28 giugno 1614 Yosyp Velyamin Rutskyj (1574-1637) che nominò San Giosafat come l'archimandrita a Vilno (1614) dell'ordine basiliano appena rinnovato. E così Giosafat ritornò a nel monastero della Santissima Trinità di Vilno. Giosafat fece molto per il miglioramento dei monasteri e l'organizzazione e la riforma dell'Ordine Basiliano. 

Il monastero basiliano con la chiesa a Byten

   
   La sua opera continuò come vescovo di Vitebsk. Il 12 novembre 1617 fu consacrato dal metropolita Josyp Velyamin Rutsky come arcivescovo-coadiutore di Polock per sollevare la questione dell'unità nell'arcidiocesi. Insieme a Josyp Rutskyj riorganizzò la vita monastica e introdusse una rigida disciplina monastica; nel 1618-1620 ricostruì la cattedrale di Santa Sofia a Polock.  
  Si dedicò con grande impegno alla causa dell'Unità della Chiesa, scrisse opere sull'unità delle Chiese d'Occidente e d'Oriente sotto la guida del Papa. Profondamente conosceva la Sacra Scrittura, gli insegnamenti dei Santi Padri, i libri liturgici orientali, coltivò con la devozione il rito bizantino-slavo. 
   Con desiderio autentico di fare la volontà del Signore, divulgò scritti sul primato di San Pietro, sulla figura di San Volodymyr e sulla necessità dell’unione con Roma. Si conoscono i sette brevi trattati polemici, che non si sono conservati ("Sulla falsificazione delle lettere slave", "Sul primato di San Pietro", "La difesa della fede", "Sul battesimo di Volodymyr", "Catechismo" ed altri). Nel 1617 Giosafat Kuncevych pubblicò "La difesa dell'unità della Chiesa". 
   Aveva una dote particolare di predicatore: predicò ad ogni festa liturgica, di più, solo dove poteva farlo, insegnava la Scrittura. Le sue parole penetravano nei cuori, provocando le lacrime. Il suo apostolato e il suo esempio furono così efficaci che per il numero delle persone riconciliati con la Chiesa cattolica i suoi oppositori lo chiamarono “rapitore di anime”. 
  

"La predica di Giosafat Kuncevych", il disegno di Elia Repin, 1893

   Ebbe un amore fervente soprattutto per i poveri, per gli infermi, i malati e per gli orfani. Il metropolita Rafail Korsak (m. 1640) scrisse nei suoi appunti alla Commissione di beatificazione sulla misericordia di San Giosafat: "Non ha mai dimenticato di dare l'elemosina ai poveri, alle vedove e prima di tutto agli orfani. Pertanto, tutti lo adoravano così tanto, aspettandolo alla porta della chiesa, desiderando essere confortati dalla sua parola. E quando andò dall'Arcivescovo di Polock da Vilna, gli uomini miserabili lo accompagnarono, piangendo, come loro guardiano e padre".
    
Nutriva così forte amore per la Chiesa e la sua unità da domandare a Dio la grazia del martirio, offrendosi in sacrificio per riconciliare all’unità tutte le chiese. Affrontò il martirio, invocando fino all’ultimo il perdono per i suoi uccisori, alcuni dei quali furono così colpiti da quella testimonianza da tornare in comunione con la Chiesa, imitati da molti altri fratelli nella fede. 
   Per lui il suo martirio non fu inaspettato. La desiderava da molto tempo, ne parlava e si preparava per lei; testimone della sua morte, padre Dorothej Letsykovych, dinanzi alla Commissione di beatificazione nel 1628, confessò: "Egli esprimeva sempre il suo desiderio di morire nei sermoni, nelle conversazioni, nelle lettere, e ovunque poteva diceva che non voleva altro che morire per Dio". Ai nemici che lo minacciavano di morte disse: "Mi minacci di morte e io vi dico: non posso essere più felice che morire per mano vostra per la fede cattolica e apostolica".
   Quando l'arcivescovo Kuncevych fu ucciso a Vitebsk, il suo corpo fu gettato nel fiume Dvina. Il martirio, accolto dal santo con benignità, avvenne nella notte del 12 novembre 1623. San Giosafat Kuncevych, arcivescovo di Polock e martire, che con costante zelo spinse il suo gregge all'unità, è stato crudelmente assalito dalla folla avversa, morì per l'unità della Chiesa e per la fede cattolica. Il suo corpo rimase incorrotto e il numeroso clero confermava la sua forza miracolosa. Il vescovo Antin Selyava, successore di Giosafat, dichiarò al processo: "I miracoli di questo servitore di Dio sono pronunciati ovunque, sono affermati da un giuramento pubblico". 
   Tra i miracoli più noti fu la conversione degli uccisori di San Giosafat, tra cui il vescovo ortodosso di Polock Melenij Smotrycky, che pubblicò numerose opere contro l'unione con la Santa Sede e incitò la gente comune alle persecuzioni. La morte dell'arcivescovo greco-cattolico di Polock Giosafat collegavano proprio con la sua attività pastorale

    
     Il processo della beatificazione si iniziò nel 1626. Dopo che si erano verificati numerosi miracoli, Urbano VIII nominò la commissione per indagare sulla causa di Giosafat ed esaminò sotto giuramento i 116 testimoni. I miracoli di Giosafat furono testimoniati innanzitutto dal vescovo di Galizia e dall'assistente del metropolita di Kyiv Rafail Korsak  che nel 1639 venne a Roma. Il confessore di San Giosafat padre Gennady Khmelnitsky nel 1628 menzionò: "Alla sua tomba vengono da ogni parte, tutti chiedono la sua intercessione e attraverso di lui si ricevono grandi atti di grazia e miracoli". Più di 150 testimoni  confermarono la sua santità dopo la sua morte.  Il suo zelo e sacrificio ammirarono anche i suoi nemici. 
  Il metropolita Yosyp Velyamin Rutskyj scrisse alla Sede Apostolica sulla morte di san Giosafat nella sua lettera dal 23 dicembre 1623: "Sono addolorato dal fatto che qualcuno che era la mia mano destra mi sia stato fisicamente portato via... e ho una speranza certa che agirà a nostro favore molto più forte in cielo di quanto potrebbe fare sulla terra, perché questo santo martire ha dato la sua vita per la gloria di Dio, per la santa Unione, per l'autorità della Sede Apostolica". 
    Oleksandr Tyshkevych, il giudice supremo della regione di Polotsk, che conobbe San Giosafat durante il suo servizio vescovile e parlava spesso con lui, confessò sotto giuramento nel 1628: "So che il servo di Dio Giosafat era considerato e oggi è considerato un santo e grande servitore di Dio e così è stato rispettato".
    
L'icona ucraina del XVIII secolo 

L'icona ucraina della fine del XVII- l'inizio del XVIII secolo, 
villaggio Rudavciv, scuole iconicografica di Peremyshl'


    Con la testimonianza dei cinque miracoli il 16 maggio 1643 dopo vent'anni dal suo martirio a Roma papa Urbano VIII beatificò Giosafat e nominò come giorno della commemorazione il 12 novembre. Il 12 novembre del 1644 si svolse a Roma la prima celebrazione della festa di questo martire per l'unità della Chiesa. Nel 1665 il vescovo di Kholm Jacob Susha pubblicò la biografia di Giosafat Kuncevych (Susha J., Cursus vitae et certamen martyrii B. Josaphat Kuncevicii Archiepiscopi Polocensis.., Romae 1665). Il Sinodo di Zamoijstjia  del 1720 spostò il giorno della sua memoria al 16 settembre. 
  Il lavoro per la preparazione al processo di canonizzazione è stato svolto principalmente da un prete (poi arcivescovo) italiano, che è stato anche l'archimandrita basiliano a Grottaferrata (1870-76), Nicola (Francesco Saverio) Contieri (1827-1899) con l'assistenza dei monaci di Grottaferrata. Egli fu nominato il 6 febbraio 1864 uno dei tre principali postulatori (gli altri due furono: Mykhailo Dombrowskyj,  arcivescovo basiliano in Polonia e il vescovo Josyp Sembratovych (dal 1865)). Nicola Contieri scrisse e pubblicò prima una breve biografia di Giosafat prima a Roma e poi alla vigilia della canonizzazione - un'ampia biografia (Vita di s. Giosafat: Arcivescovo e martire ruteno dell'Ordine di S. Basilio il Grande, Roma, Tipografia della S. Congregazione di Propaganda Fede, 1867), che si basava sulla biografia in latino di Kuncevych di Jacob Susha. Nel monastero di Grottaferrata nello stesso anno (dal 18 al 20 ottobre) egli organizzò una celebrazione in onore di San Giosafat. Sotto la guida dell'archimandrita Contiere, i monaci del monastero scrissero e pubblicarono diversi inni in greco dedicati al santo.


   Dopo ulteriori prove diverse e molto rigorose sulla vita di San Giosafat, il 29 giugno 1867 nella basilica Vaticana nella solennità dei principi degli Apostoli, in presenza del Collegio dei Cardinali e circa 500 vescovi, arcivescovi, metropoliti e patriarchi dei diversi riti radunati da ogni parte del mondo, il difensore dell'unità della Chiesa papa Pio IX (1846-18789 proclamò Giosafat come santo con la sua bolla: "Pio, vescovo, servo dei servi di Dio ..., beato Giosafat, arcivescovo di Polock, di rito bizantino, dell'Ordine di San Basilio Magno, decise di essere santo ed iscriverlo nella lista dei santi martiri". In questa occasione Pio IX disse : "Dio voglia che quel tuo sangue, o San Giosafat, che tu versasti per la Chiesa di Cristo, sia pegno di quell’unione con questa Santa Sede Apostolica, a cui tu sempre anelasti, e che giorno e notte implorasti con fervida preghiera da Dio, somma Bontà e Potenza. E perché tanto si avveri alfine, vivamente desideriamo di averti intercessore assiduo presso Dio stesso e la Corte del Cielo". Il 6 luglio del medesimo anno tutti i cardinali firmarono un solenne atto di canonizzazione intitolato “La luce fulgida della Chiesa d'Oriente”. Nel 1892 papa Leone XIII estese il suo culto alla Chiesa universale, introducendo l'Ufficio per la festa del Santo.  

 
  San Giosafat Kuncevych nell'incisione di A. Tarasevych

    Anche le spoglie del Santo furono perseguitate ed a causa delle costanti minacce della loro distruzione furono spesso spostate da un luogo all'altro. Nel 1655 il metropolita Antin Seliava portò le reliquie del Santo al monastero di Zhyrowychi, poi a Zamojstjia. Dopo si collocarono nella cattedrale di Santa Sofia a Polock, quando Pietro I arrivò l'11 luglio del 1705 nella città ed entrò nella chiesa basiliana, uccidendo il prete celebrante, torturando e imprigionando altri basiliani per costringere a tradire la fede cattolica. Nel 1706 il corpo di San Giosafat fu traslato nella cappella della famiglia di Radzvil del castello di Bila Pidlaska, perché lo zar Pietro il Grande aveva ordinato di bruciarlo. Le reliquie  rimasero lì fino al 1764. La polizia zarista nel 1863 murò le sue reliquie sotto il pavimento della chiesa. Anche se nel 1867 era proclamato Giosafat Kuncevych santo, ancora non si sapeva preciso l’ubicazione del suo corpo. Il vescovo Gabriel Kolenda, nonostante il pericolo per la propria vita, salvò le reliquie di San Giosafat e le portò in un monastero di Supasl. 
   Le spoglie furono ritrovate solo nel 1916 e furono trasportate a Vienna (seguendo un decreto del governo austriaco), prima nella chiesa di Santa Barbara, dove nel 1924 sarà costruita la cappella in onore di San Giosafat, e poi furono nascoste nei sotterranei di Santo Stefano. Il 15 settembre del 1916 fu condotto il primo esame dell'autenticità delle reliquie. Il 30 agosto del 1917 a Vienna il servo di Dio il metropolita Andrey Sheptytsky insieme all'arcivescovo di Vienna il cardinale Piffle eseguirono solennemente la conferma canonica dell'autenticità delle reliquie di San Giosafat. 

С. Налепинська-Бойчук. Св. Йосафат. 1910-ті рр. Львів. Дошка, темпера.
Sofia Nelepynska-Boychuk, icona di San Giosafat Kuncevych, 1910


   Il 12 novembre del 1923 nel terzo centenario del suo martirio papa Pio XI pubblicò Enciclica Ecclesiam Dei, sottolineando le sue virtù eroiche, lo definì “l'Apostolo dell’unità”. Con la sua enciclica Pio XI riscopre il significato dell'annuncio di un dialogo ecumenico alla luce della verità nella carità, da cui fu animata tutta la missione di San Giosafat. Il quale, avvertito delle trame contro di lui, così disse pochi giorni prima di morire: “Signore, concedimi di poter versare il sangue per l’unità e per l’obbedienza alla Sede Apostolica”. Il papa Pio XI voleva rimarcare: "Il sangue dunque di San Giosafat, come tre secoli fa, anche e specialmente ora riesce pegno di pace e suggello di unità".
   Nel 1949, su ordine di Pio XII, la salma, raccolta in una grande urna, fu portata a Roma e ad accoglierla e custodirla fu monsignor Giovanni Battista Montini, futuro Paolo VI (ciò è stato raccontato nel Discorso di Paolo VI del 3 settembre 1971). San Giovanni XXIII aveva particolare devozione verso San Giosafat come si evidenzia nell'Omelia del Papa del 13 novembre 1960: "Con singolare compiacenza e ad espressione di religiosa pietà, ricordiamo il titolo del Vescovo e Martire San Giosafat, a cui la liturgia orientale di questo giorno associato al nome del Crisostomo è stata consacrata, e la cui glorificazione fu fremito di pietà e di esultanza religiosa durante il pontificato di Pio IX, quasi sull'aprirsi del Concilio Vaticano I°". All’apertura del Concilio Vaticano II°, il Papa Buono desiderava che nella Basilica di San Pietro fosse sepolto e venerato solennemente San Giosafat ed era proprio egli a decidere l’ubicazione del santo arcivescovo sotto l’altare di San Basilio Magno, nei pressi della tomba di San Pietro. Papa Roncalli sull'esempio del Santo martire Giosafat, si dedicò con grande zelo e impegno al dialogo tra cattolici ed ortodossi, all'unità della Chiesa. 


The Incorrupt body of St. Josaphat.
    
    Durante le ultime settimane del Concilio Ecumenico Vaticano II° venne preparato il posto presso l'altare dedicato a San Basilio Magno della basilica di San Pietro. Il 22 novembre del 1963 il corpo del Santo venne lì collocato e il 25 novembre fu celebrata la solennità nel rito bizantino in onore di San Giosafat, presieduta dal papa Paolo VI, in presenza di quattro cardinali, alcuni patriarchi orientali e della gerarchia ucraina guidata dal cardinale Josyp Slipyj. Il senso simbolico di questa traslazione fu sottolineata da Paolo VI : "La vicinanza delle sacre spoglie mortali del Martire dell’unione col sepolcro glorioso di Pietro, nella Basilica Vaticana, è un suadente e forte incoraggiamento a questi sentimenti, mentre conforta a pensieri incrollabili di speranza e di fiducia nel futuro, che sta nelle mani di Dio, ben consapevoli, come ha scritto il nostro Predecessore San Leone Magno, che «semper dominicus ager segete ditiore vestitur, dum grana, quae singula cadunt, multiplicata nascuntur» (Sermo 82, 1, 6, PL 54, 426)" (dal Discorso alle comunità cattoliche ucraine nel 24 novembre del 1973 per la commemorazione del 305° anniversario del martirio di San Giosafat). Il papa propone "la mite e forte figura del Martire dell’unione", "davvero un faro di luce", "[...] come esempio non solo al clero, ai religiosi, alle anime consacrate e ai membri generosi del laicato cattolico, ma altresì ai Vescovi di tutto il mondo: modello sublime per essi di dedizione totale alle anime e alla verità, fino all'estremo respiro".



 
 
 San Paolo VI inginocchiato davanti al sepolcro di San Giosafat nella Basilica di San Pietro,
il 25 novembre del 1963

   L'arcivescovo maggiore e cardinale Josyp Slipyj presso la tomba di san Giosafat il 25 novembre 1969 pronunciò: "Che San Giosafat, figlio fedele della Chiesa e del popolo, guidi il nostro popolo alla vittoria! Egli difese l'unità della Chiesa e del popolo per tutta la sua vita. Anche a Polotsk, in Bielorussia, si sentiva come ruteno-ucraino, e convinceva anche i monaci del monastero delle Grotte di Kyiv sull'unità della Chiesa, il suo carattere forte e la santità eroica della vita dovrebbero  incoraggiarci a seguire le sue orme, anche se ci costa anche un sacrificio, perché è necessario farlo, se si tratta del bene di Dio, della Chiesa e del popolo". 
     Nel discorso svolto il 12 febbraio del 1983 al Sinodo della Chiesa greco-cattolica il santo Papa Giovanni Paolo II disse: "Come un luminare splendente riluce fino ai giorni nostri per tutti noi la figura di san Giosafat, Arcivescovo di Polock, martire e apostolo per l'unità ecclesiastica. Sia completa l'unione delle vostre forze per il bene delle comunità". Nella sua Lettera Apostolica "Per il quarto centenario dell'unione di Brest" data il 12 novembre, proprio nel giorno della memoria di San Giosafat dell’anno 1995, Giovanni Paolo II scrisse, sottolineando il significato di San Giosafat: "Eppure, tanta vitalità ecclesiale fu sempre percorsa dal dramma dell’incomprensione e dell’opposizione. Ne fu vittima illustre l’arcivescovo di Polock e Vitebsk, Giosafat Kuncevych, il cui martirio fu coronato con l’immarcescibile corona della gloria eterna. Ora il suo corpo riposa nella Basilica vaticana, ove di continuo riceve l’omaggio commosso e grato di tutta la cattolicità".



    
   Dall'enciclica «Ecclesiam Dei» di Pio XI, papa, scritta in occasione del terzo centenario del martirio di San Giosafat Kuncevych e promulgata il 12 novembre 1923: "La Chiesa di Dio, per ammirabile provvidenza, fu costituita in modo da riuscire nella pienezza dei tempi come un'immensa famiglia. Essa é destinata ad abbracciare l'universalità del genere umano e perciò, come sappiamo, fu resa divinamente manifesta per mezzo dell'unità ecumenica che é una delle sue note caratteristiche. Cristo, Signor nostro, non si appagò di affidare ai soli apostoli la missione che egli aveva ricevuto dal Padre, quando disse: «Mi é stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni» (Mt 28, 18-19). Ma volle pure che il collegio apostolico fosse perfettamente uno, con doppio e strettissimo vincolo. Il primo é quello interiore della fede e della carità, che é stata riversata nei cuori per mezzo dello Spirito Santo (cfr. Rm 5, 5). L'altro é quello esterno del governo di uno solo sopra tutti.
  A Pietro, infatti, fu affidato il primato sugli altri apostoli come a perpetuo principio e visibile fondamento di unità. Ma perché tale unità e concordia si perpetuasse, Iddio, sommamente provvido, la volle consacrare, per così dire, col sigillo della santità e, insieme, del martirio. Un onore così grande é toccato appunto a san Giosafat, arcivescovo di Polock, di rito slavo orientale, che a buon diritto va riconosciuto come gloria e sostegno degli Slavi orientali. Nessuno diede al loro nome una rinomanza maggiore, o provvide meglio alla loro salute di questo loro pastore ed apostolo, specialmente per aver egli versato il proprio sangue per l'unità della santa Chiesa. C'è di più. Sentendosi mosso da ispirazione divina a ristabilire dappertutto la santa unità, comprese che molto avrebbe giovato a ciò il ritenere nell'unione con la Chiesa cattolica il rito orientale slavo e l'istituto monastico basiliano.
   E parimenti, avendo anzitutto a cuore l'unione dei suoi concittadini con la cattedra di Pietro, cercava da ogni parte argomenti efficaci a promuoverla e a consolidarla, principalmente studiando quei libri liturgici che gli Orientali, e i dissidenti stessi, sono soliti usare secondo le prescrizioni dei santi padri.
   Premessa una così diligente preparazione, egli si accinse quindi a trattare, con forza e soavità insieme, la causa della restaurazione dell'unità, ottenendo frutti così copiosi da meritare dagli stessi avversari il titolo di «rapitore delle anime»". (AAS 15 [1923] 573-582).  

   L'icona eseguita da Modest Sosenko, la chiesa basiliana a Zolochiv
    
    L'appello d'onorare e imitare San Giosafat - nell'amore alla santa Fede, la Chiesa, il rito e il popolo - furono le parole del patriarca Josyf cardinale Slipyj, che  il 25 novembre 1969 disse alla tomba di San Giosafat: “Possa San Giosafat essere una fedele guida per il popolo, fino a quando avremo la nostra vittoria. Ha difeso l'unità della Chiesa e del popolo durante tutta la sua vita. Anche a Polotsk, in Bielorussia, si sentiva ucraino e convinse anche i monaci delle Grotte a Kyiv. Il suo carattere forte e l'eroica santità della sua vita dovrebbero anche incoraggiarci a seguire le sue orme, anche se ci costa sacrifici, è necessario quando si tratta del bene di Dio, della Chiesa e del popolo”(Annunciazione, V, 1-4, 1969).



La Sua Besatitudine Sviatoslav Shevcuk con i vescovi 
e clero della Chiesa greco-cattolica uncraina presso la tomba di San Josafat  

Immagine correlata
La tomba di San Giosafat, Apostolo martire per l'unità della Chiesa, 
 nella Basilica di San Pietro a Roma alla destra della tomba di San Pietro.





     MESSALE
 
INTROITVS

Gaudeámus omnes in Dómino, diem festum celebrántes sub honóre beáti Jósaphat Mártyris: de cujus passióne gaudent Angeli et colláudant Fílium Dei.

ORATIO
Excita, quǽsumus, Dómine, in Ecclésia tua Spíritum, quo replétus beátus Jósaphat Martyr et Póntifex tuus ánimam suam pro óvibus pósuit: ut, eo intercedénte, nos quoque eódem Spíritu moti ac roboráti, ánimam nostram pro frátribus pónere non vereámur.
Per Dominum nostrum Jesum Christum, Filium tuum: qui tecum vivit et regnat in unitate eiusdem Spiritus Sancti Deus, per omnia saecula saeculorum.

Propter testaméntum Dómini et leges patérnas, Sancti Dei perstitérunt in amore fratérnitatis: Quia unus fuit semper spíritus in eis, et una fide


Petro Kholodnyj, la vetrata con la rappresentazione di San Giosafat,
chiesa di San Nicola a Mrazhnycia, l'inizio del XX secolo

Le reliquie di San Giosafat che dalla chiesa di Santa Barbara a Vienna 
sono state regalate alla diocesi greco-cattolica di Bielorussia

Josef Zimler, Il Martirio di San Giosafat, 1861, Museo Nazionale a Varsavia


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J. SUSZA, Cursus vitæ et certamen martyrii B. Josaphat Kuncewicz, Romae 1665, (Paris 1865)
J. SUSZA, Saulus et Paulus Ruthenæ Unionis sanguine B. Josaphat transformatus sive Meletius Smotricius, Romae, 1666 
N. CONTIERI, Vita di S. Giosafat Arcivescovo e Martire Ruteno dell' Ordine di S. Basilio il Grande, Rome 1867.
A. GUÉPIN - W. KALINKA, Zywot S. Józafata Kuncewicza, meczennika, arcybiskupa polockiego, Lemberg 1885. 
A. GUÉPIN, Un Apòtre de l'Union des Eglises en XVIIe siècle, 2 vols., Paris 1898
KOZANEVYC, Zytje sv. Svjašcenomucenyka Josafata Kuncevyca, Zovkva 1902 
URBAN, Swiety Józafat Kuncewicz, biskup i meczennik, Kraków 1906
Й. СЛІПИЙ, Свящм. Йосафат Кунцевич, Львів 1925
М. М. СОЛОВІЙ – А. Г. ВЕЛИКИЙ, Святий Йосафат Кунцевич. Його життя і доба, Торонто 1967
А. Г. ВЕЛИКИЙ, З Літопису християнської України, том 8, Рим 1976.
A. G. WELYKYJ, OSBM (ed.), Josaphat – Hieromartyr. Documenta Romana Beatificationis et Canonizationis, vol. I, 1623-1628, ANALECTA OSBM, Romae 1952
T. BORESKY, Life of St. Josaphat, martyr of the Union, Archbishop of Polotsk, member, Order of St. Basil, the Great. New York 1955.
J.-P. HIMKA, "The canonization of Iosafat Kuntsevych and its its reception in Galicia", in Religion and nationality in Western Ukraine: the Greek Catholic Church and the Ruthenian National Movemrnt in Galicia, 1867-1900, McGill-Queen's studies in the history of religion. Montreal 1999, 28-32.
S. PLOKHY, The Orogins of the Slavic Notions: premodern Identities in Russia, Ukraine, and Belarus, Cambridge 2006.


Roman Vasylyk, icona del XXI secolo





La prima pubblicazione dell'articolo 11/11/19 

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