Yaryna Moroz Sarno
San Giosafat Kuncevych,
l'apostolo dell'unità della Chiesa
il patrono dell’Ucraina e degli ecumenisti
(Volodymyr Volynsky, 1580 ca - Vitebsk, 12 novembre 1623)
"Il sangue di San Giosafat, come secoli fa,
anche e specialmente ora, riesce pegno di pace e suggello di unità"
Dall'Enciclica
«Ecclesiam Dei» di Pio XI
Giosafat Kuncevych (Kuncevich, Kuncewycz, in ucr. Йосафат Кунцевич) (1580-1623), nacque a Volodymyr-Volynsky, l'antica città principesca ucraina, fondata da San Volodymyr il Grande (la prima menzione nel 988), in una famiglia della piccola nobiltà da genitori ortodossi Gavryil e Maria. Fu battezzato con nome Ivan nella chiesa locale di Santa Parasceva e trascorse la sua infanzia e giovinezza nella sua città natale. La madre spesso gli raccontava sulla Passione del Signore, ed un dardo partito dal fianco dell'immagine della Crocifissione di Gesù colpì il suo cuore, accendendo in lui l'amore divino così forte che si dedicò alla preghiera e alle opere pie in modo esemplare.
Il Crocifisso davanti al quale pregava San Giosafat
nella chiesa di Santa Parasceva a Volodymyr-Volynsk
Suo padre voleva farlo diventare commerciante, quindi lo mandò a Vilna per conoscere l'attività commerciale, lì il giovane conobbe la questione dell'unione della Chiesa che accettò intorno al 1599 e con l'influenza dei Gesuiti ne divenne ardente sostenitore. nella chiesa di Santa Parasceva a Volodymyr-Volynsk
Esiste versione fu tra studenti dell'Accademia di Vilnius (ora Università di Vilnius) come libero ascoltatore. Il giovane e talentuoso attirò l'attenzione di numerose figure della chiesa cattolica, in particolare del teologo e missionario Peter Arkudiy (c. 1563–1633), Josyph Velyamyn Rutskyj. I suoi confessori e insegnanti divennero insegnanti dell'Accademia di Vilnius — professore di retorica, filosofia e teologia padre Fabricius Kovalskyi e professore di teologia morale e polemico-dogmatica Ivan-Gryhorij Grushevskyj. Comunicando con loro, ha arricchito le sue conoscenze, ha conosciuto la letteratura polemica, ha fatto una scelta di vita a favore della Chiesa dell'Unione.
Si ritirò nel monastero della Santissima Trinità a Vilna nel 1604 e fece voti al metropolita Ipatius Pociej (1541-1613) che aveva un ruolo cruciale nell'unione di Brest (1595-96). Indossando l'abito basiliano, Kuncevych scelse il nome
di Giosafat.
I confratelli notarono la sua
tenerezza verso Gesù Crocifisso, il modo in cui esercitava la pietà e
la penitenza, tanto che, come disse il metropolita
Giuseppe Rutsky, “in breve tempo fece tali progressi nella vita
monastica da poter essere maestro agli altri”. La sua ascesi era molto rigorosa: camminava a piedi nudi nei giorni freddi dell'inverno in quella regione rigidissima, non si cibava mai di carne né beveva vino, se non quando ve
lo costringeva l'obbedienza. Portò sul corpo, fino alla morte, un
ruvido cilicio e conservò la castità che, adolescente, aveva
consacrato alla Vergine Madre di Dio. Aveva una devozione filiale per la Beata Vergine e venerava in particolare una sua icona, nota con il titolo di “Regina dei pascoli”. Per il ritorno all'unità egli confidava proprio nell'amore comune per la Madonna sia da parte dei cattolici che degli ortodossi. La fama della sua santità e delle sue virtù si diffuse rapidamente. Attraverso la sua vita pia si attiravano le nuove vocazioni al monastero (tra cui fu anche lo stesso Rutskyj), così nel 1617 furono già cinque monasteri ricostruiti e quasi 80 monaci.
Dopo gli studi privati sotto la guida del gesuita Fabricio Valentino Groza nel 1609 fu ordinato prete e presto fu messo a dirigere il monastero di Byten. Egli fu abate del monastero di Zhyrowyci (1613), dove studiavano i giovani monaci, che non avevano un posto dove stare a Vilna.
Nell'estate del 1613 morì difensore dell'Unione di Brest, metropolita di Kyiv e della Galizia Hipatius Pociej (in ucr. Іпатій Потій, 1541-1613) e lo sostituisce il 28 giugno del 1614 Yosyp Velyamin Rutskyj (1574-1637) che nominò San Giosafat come l'archimandrita a Vilna (1614) dell'ordine basiliano appena rinnovato. E così Giosafat ritornò a nel monastero della Santissima Trinità di Vilna. Giosafat fece molto per il miglioramento dei monasteri e l'organizzazione e la riforma dell'Ordine Basiliano. Negli anni 1614-1617 fu archimandrita del monastero della Santissima Trinità a Vilna, vicario metropolitano di Lituania e Bielorussia. Insieme a Josyp Venyamin Rutskyj, che ricostruì questo monastero con la sua eredità, riorganizzò la vita monastica e introdusse una rigida disciplina monastica. Nel 1614 accompagnò il metropolita nella città di Kyiv, predicando tra i monaci della Lavra Pecherska a Kyiv.
Il 12 novembre 1617 fu consacrato dal metropolita Josyp Velyamin Rutsky come arcivescovo-coadiutore di Polock per sollevare la questione dell'unità nell'arcidiocesi, dal 1618 diviene arcivescovo di Polock. Il suo predecessore, il vescovo Gedeone Brolnyckyj, partito all'età di novant'anni, lasciò la diocesi in uno stato tale che il re annota nell'atto consegnato a Giosafat: "E che alcune persone usano dei beni della diocesi di Polock di quali si sono appropriati, quindi noi, re, permettiamo a Giosafat Kuncevych, arcivescovo di Polock, di riprenderli dai proprietari abusivi, in conformità con la legislazione attuale, quelle proprietà che erano di proprietà della diocesi di Polock, ma sono finite in possesso di persone secolari."
Rendendosi conto che una tale situazione, quando i laici occupano le chiese, è considerata la norma anche tra il clero, Giosafat riunisce i presbiteri per un Sinodo a Polock e sottolinea che il presbitero non è soggetto al giudizio delle persone secolari e, allo stesso modo, le persone secolari non possono gestire le chiese. Tutto questo il vescovo argomentò non solo con le risoluzioni dei Concili ecumenici della Chiesa universale, ma anche con i commenti dell'autorevole canonista bizantino Zonara, tradotti in un linguaggio comune accessibile grazie a Giosafat.
Insieme a Josyp Rutskyj riorganizzò la vita monastica e introdusse una rigida disciplina monastica; nel 1618-1620 ricostruì la cattedrale di Santa Sofia a Polock.
Si dedicò con grande impegno alla
causa dell'Unità della Chiesa, scrisse opere sull'unità delle Chiese d'Occidente e d'Oriente sotto la guida del Papa. Profondamente conosceva la Sacra Scrittura, gli insegnamenti dei Santi Padri, i libri liturgici orientali, coltivò con la devozione il rito bizantino-slavo.
Con desiderio autentico di fare la volontà del Signore, divulgò scritti sul primato di San Pietro, sulla figura di San Volodymyr e sulla necessità dell’unione con Roma. Si conoscono i sette brevi trattati polemici, che non si sono conservati ("Sulla falsificazione delle lettere slave", "Sul primato di San Pietro", "La difesa della fede", "Sul battesimo di Volodymyr", "Catechismo" ed altri). Nel 1617 Giosafat Kuncevych pubblicò "La difesa dell'unità della Chiesa".
Aveva una dote particolare di predicatore: predicò ad ogni festa liturgica, di più, solo dove poteva farlo, insegnava la Scrittura. Le sue parole penetravano nei cuori, provocando le lacrime. Il suo apostolato e il suo esempio furono così efficaci che per il numero delle persone riconciliati con la Chiesa cattolica i suoi oppositori lo chiamarono “rapitore di anime”.
Ebbe un amore fervente soprattutto per i poveri, per gli infermi, i malati e per gli orfani. Il metropolita Rafail Korsak (m. 1640) scrisse nei suoi appunti alla Commissione di beatificazione sulla misericordia di San Giosafat: "Non ha mai dimenticato di dare l'elemosina ai poveri, alle vedove e prima di tutto agli orfani. Pertanto, tutti lo adoravano così tanto, aspettandolo alla porta della chiesa, desiderando essere confortati dalla sua parola. E quando andò dall'Arcivescovo di Polock da Vilna, gli uomini miserabili lo accompagnarono, piangendo, come loro guardiano e padre".
Nutriva così forte amore per la Chiesa e la sua unità da domandare a Dio la grazia del martirio, offrendosi in sacrificio per riconciliare all’unità tutte le chiese. Affrontò il martirio, invocando fino all’ultimo il perdono per i suoi uccisori, alcuni dei quali furono così colpiti da quella testimonianza da tornare in comunione con la Chiesa, imitati da molti altri fratelli nella fede.
Nutriva così forte amore per la Chiesa e la sua unità da domandare a Dio la grazia del martirio, offrendosi in sacrificio per riconciliare all’unità tutte le chiese. Affrontò il martirio, invocando fino all’ultimo il perdono per i suoi uccisori, alcuni dei quali furono così colpiti da quella testimonianza da tornare in comunione con la Chiesa, imitati da molti altri fratelli nella fede.
Per lui il suo martirio non fu inaspettato. La desiderava da molto tempo, ne parlava e si preparava per lei; testimone della sua morte, padre Dorothej Letsykovych, dinanzi alla Commissione di beatificazione nel 1628, confessò: "Egli esprimeva sempre il suo desiderio di morire nei sermoni, nelle conversazioni, nelle lettere, e ovunque poteva diceva che non voleva altro che morire per Dio". Ai nemici che lo minacciavano di morte disse: "Mi minacci di morte e io vi dico: non posso essere più felice che morire per mano vostra per la fede cattolica e apostolica".
Morì per essere stato picchiato con colpo dell'ascia dagli oppositori dell'unità della chiesa. Quando l'arcivescovo Kuncevych fu ucciso da una folla inferocita durante un'altra visita pastorale alla città di Vitebsk, il suo corpo fu gettato nel fiume Dvina. Il
martirio, accolto dal santo con
benignità, avvenne nella notte del 12 novembre 1623. San Giosafat Kuncevych, arcivescovo di Polock
e martire, che con costante zelo spinse il suo gregge all'unità, è stato crudelmente assalito dalla folla avversa, morì per
l'unità della Chiesa e per la fede cattolica. Vicino al corpo del martire iniziarono a verificarsi i miracoli. Il suo corpo rimase incorrotto e il numeroso clero confermava la sua forza miracolosa. Il vescovo Antin Selyava, successore di Giosafat, dichiarò al processo: "I miracoli di questo servo di Dio sono pronunciati ovunque, sono affermati da un giuramento pubblico".
Tra i miracoli più noti fu la conversione degli uccisori di San Giosafat, tra cui il vescovo ortodosso di Polock Melenij Smotrycky, che pubblicò numerose opere contro l'unione con la Santa Sede e incitò la gente comune alle persecuzioni del San Giosafat e la morte dell'arcivescovo greco-cattolico di Polock collegavano proprio con la sua attività pastorale.
Il processo della beatificazione si iniziò nel 1626. Dopo che si erano verificati numerosi miracoli, Urbano VIII nominò la commissione per indagare sulla causa di Giosafat ed esaminò sotto giuramento i 116 testimoni. I
miracoli di Giosafat furono testimoniati innanzitutto dal vescovo di
Galizia e dall'assistente del metropolita di Kyiv Rafail Korsak che nel 1639 venne a Roma. Il confessore di San Giosafat padre Gennady Khmelnitsky nel 1628 menzionò: "Alla sua tomba vengono da ogni parte, tutti chiedono la sua intercessione e attraverso di lui si ricevono grandi atti di grazia e miracoli". Più di 150 testimoni confermarono la sua santità dopo la sua morte. Il suo zelo e sacrificio ammirarono anche i suoi nemici.
Il metropolita Yosyp Velyamin Rutskyj scrisse alla Sede Apostolica sulla morte di san Giosafat nella sua lettera dal 23 dicembre 1623: "Sono addolorato dal fatto che qualcuno che era la mia mano destra mi sia stato fisicamente portato via... e ho una speranza certa che agirà a nostro favore molto più forte in cielo di quanto potrebbe fare sulla terra, perché questo santo martire ha dato la sua vita per la gloria di Dio, per la santa Unione, per l'autorità della Sede Apostolica".
Oleksandr Tyshkevych, il giudice supremo della regione di Polotsk, che conobbe San Giosafat durante il suo servizio vescovile e parlava spesso con lui, confessò sotto giuramento nel 1628: "So che il servo di Dio Giosafat era considerato e oggi è considerato un santo e grande servitore di Dio e così è stato rispettato".
L'icona ucraina del XVIII secolo
L'icona ucraina della fine del XVII- l'inizio del XVIII secolo,
villaggio Rudavciv, scuole di Peremyshl'
Con la testimonianza dei cinque
miracoli il 16 maggio 1643 dopo vent'anni dal suo martirio a Roma papa Urbano VIII beatificò Giosafat e nominò come giorno della commemorazione il 12 novembre. Il 12 novembre del 1644 si svolse a Roma la prima celebrazione della festa di questo martire per l'unità della Chiesa. Nel 1665 il vescovo di Kholm Jacob Susha pubblicò la biografia di Giosafat Kuncevych (Susha J., Cursus vitae et certamen martyrii B. Josaphat Kuncevicii Archiepiscopi Polocensis.., Romae 1665). Il Sinodo di Zamoijstjia del 1720 spostò il giorno della sua memoria al 16 settembre.
Il lavoro per la preparazione al processo di canonizzazione è stato svolto principalmente da un prete (poi arcivescovo) italiano, che è stato anche l'archimandrita basiliano a Grottaferrata (1870-76), Nicola (Francesco Saverio) Contieri (1827-1899) con l'assistenza dei monaci di Grottaferrata. Egli fu nominato il 6 febbraio 1864 uno dei tre principali postulatori (gli altri due furono: Mykhailo Dombrowskyj, arcivescovo basiliano in Polonia e il vescovo Josyp Sembratovych (dal 1865)). Nicola Contieri scrisse e pubblicò prima una breve biografia di Giosafat prima a Roma e poi alla vigilia della canonizzazione - un'ampia biografia (Vita di s. Giosafat: Arcivescovo e martire ruteno dell'Ordine di S. Basilio il Grande, Roma, Tipografia della S. Congregazione di Propaganda Fede, 1867), che si basava sulla biografia in latino di Kuncevych di Jacob Susha. Nel monastero di Grottaferrata nello stesso anno (dal 18 al 20 ottobre) egli organizzò una celebrazione in onore di San Giosafat. Sotto la guida dell'archimandrita Contiere, i monaci del monastero scrissero e pubblicarono diversi inni in greco dedicati al santo.
224 anni dopo la beatificazione con ulteriori prove diverse e molto rigorose sulla vita di San Giosafat, il 29 giugno 1867 nella basilica Vaticana nella solennità dei principi degli Apostoli, in presenza del Collegio dei Cardinali e circa 500 vescovi, arcivescovi, metropoliti e patriarchi dei diversi riti radunati da ogni parte del mondo, il difensore dell'unità della Chiesa papa Pio IX (1846-18789 proclamò Giosafat come santo con la sua bolla: "Pio, vescovo, servo dei servi di
Dio ..., beato Giosafat, arcivescovo di Polock, di rito bizantino, dell'Ordine di San Basilio Magno, decise di essere santo ed iscriverlo nella lista dei santi martiri". In questa occasione Pio IX disse : "Dio voglia che quel tuo sangue, o San Giosafat, che tu
versasti per la Chiesa di Cristo, sia pegno di quell’unione con questa Santa Sede Apostolica, a cui tu sempre anelasti, e che giorno e notte
implorasti con fervida preghiera da Dio, somma Bontà e Potenza. E perché
tanto si avveri alfine, vivamente desideriamo di averti intercessore
assiduo presso Dio stesso e la Corte del Cielo". Il 6 luglio del medesimo anno tutti i cardinali firmarono un solenne atto di canonizzazione intitolato “La luce fulgida della Chiesa d'Oriente”. Nel 1892 papa Leone XIII estese il suo culto alla Chiesa universale, introducendo l'Ufficio per la festa del Santo.
Il 12 novembre del 1923 nel terzo centenario del suo martirio papa Pio XI pubblicò Enciclica Ecclesiam Dei, sottolineando le sue virtù eroiche, lo definì “l'Apostolo dell’unità”. Con la sua enciclica Pio XI riscopre il significato dell'annuncio di un dialogo ecumenico alla luce della verità nella carità, da cui fu animata tutta la missione di San Giosafat. Il quale, avvertito delle trame contro di lui, così disse pochi giorni prima di morire: “Signore, concedimi di poter versare il sangue per l’unità e per l’obbedienza alla Sede Apostolica”. Il papa Pio XI voleva rimarcare: "Il sangue dunque di San Giosafat, come tre secoli fa, anche e specialmente ora riesce pegno di pace e suggello di unità".
Particolare devozione verso San Giosafat aveva San Giovanni XXIII come si evidenzia nell'Omelia del Papa del 13 novembre 1960: "Con singolare compiacenza e ad espressione di religiosa pietà, ricordiamo il titolo del Vescovo e Martire San Giosafat, a cui la liturgia orientale di questo giorno associato al nome del Crisostomo è stata consacrata, e la cui glorificazione fu fremito di pietà e di esultanza religiosa durante il pontificato di Pio IX, quasi sull'aprirsi del Concilio Vaticano I°". All’apertura del Concilio Vaticano II°, il Papa Buono desiderava che nella Basilica di San Pietro fosse sepolto e venerato solennemente San Giosafat ed era proprio egli a decidere l’ubicazione del santo arcivescovo sotto l’altare di San Basilio Magno, nei pressi della tomba di San Pietro. Papa Roncalli sull'esempio del Santo martire Giosafat, si dedicò con grande zelo e impegno al dialogo tra cattolici ed ortodossi, all'unità della Chiesa.
San Giosafat Kuncevych nell'incisione di A. Tarasevych
Anche le spoglie del Santo furono perseguitate ed a causa delle costanti minacce della loro distruzione furono spesso spostate da un luogo all'altro: dopo la morte di Giosafat si trovarono in diversi luoghi in Lituania, Polonia e Bielorussia.
Nel 1655 il metropolita Antin Seliava portò le reliquie del Santo al monastero di Zhyrowychi, poi a Zamojstjia. Dopo si collocarono nella cattedrale di Santa Sofia a Polock, quando Pietro I arrivò l'11 luglio del 1705 nella città ed entrò nella chiesa basiliana, uccidendo il prete celebrante, torturando e imprigionando altri basiliani per costringere a tradire la fede cattolica. Nel 1706 il corpo di San Giosafat fu traslato nella cappella della famiglia di Radzvil del castello di Bila Pidlaska, perché lo zar Pietro il Grande aveva ordinato di bruciarlo. Le reliquie rimasero lì fino al 1764. La polizia zarista nel 1863 murò le sue reliquie sotto il pavimento della chiesa. Anche se nel 1867 era proclamato Giosafat Kuncevych santo, ancora non si sapeva preciso l’ubicazione del suo corpo. Il vescovo Gabriel Kolenda, nonostante il pericolo per la propria vita, salvò le reliquie di San Giosafat e le portò in un monastero di Supasl.
Le spoglie furono ritrovate solo nel 1916 e furono trasportate a Vienna (seguendo un decreto del governo austriaco), prima nella chiesa di Santa Barbara, dove nel 1924 sarà costruita la cappella in onore di San Giosafat, e poi furono nascoste nei sotterranei di Santo Stefano. Il 15 settembre del 1916 fu condotto il primo esame dell'autenticità delle reliquie. Il 30 agosto del 1917 a Vienna il servo di Dio il metropolita Andrey Sheptytsky insieme all'arcivescovo di Vienna il cardinale Piffle eseguirono solennemente la conferma canonica dell'autenticità delle reliquie di San Giosafat.

Sofia Nelepynska-Boychuk, icona di San Giosafat Kuncevych, 1910
Nel 1949 le reliquie furono portati dall'Austria su ordine di Pio XII, la salma, raccolta in una grande urna, fu portata a Roma e ad accoglierla e custodirla fu monsignor Giovanni Battista Montini, futuro Paolo VI (ciò è stato raccontato nel Discorso di Paolo VI del 3 settembre 1971). La traslazione delle reliquie del santo ucraino nella Cattedrale di San Pietro in Vaticano avvenne nel novembre 1963 e furono poi esposti alla venerazione generale nella basilica di San Pietro, nell'altare del lato destro sull'altare di San Basilio Magno.

Durante le ultime settimane del Concilio Ecumenico Vaticano II° venne preparato il posto presso l'altare dedicato a San Basilio Magno della basilica di San Pietro. Il 22 novembre del 1963 il corpo del Santo venne lì collocato e il 25 novembre fu celebrata la solennità nel rito bizantino in onore di San Giosafat, presieduta dal papa Paolo VI, in presenza di quattro cardinali, alcuni patriarchi orientali e della gerarchia ucraina guidata dal cardinale Josyp Slipyj. Il senso simbolico di questa traslazione fu sottolineata da Paolo VI : "La vicinanza delle sacre spoglie mortali del Martire dell’unione col sepolcro glorioso di Pietro, nella Basilica Vaticana, è un suadente e forte incoraggiamento a questi sentimenti, mentre conforta a pensieri incrollabili di speranza e di fiducia nel futuro, che sta nelle mani di Dio, ben consapevoli, come ha scritto il nostro Predecessore San Leone Magno, che «semper dominicus ager segete ditiore vestitur, dum grana, quae singula cadunt, multiplicata nascuntur» (Sermo 82, 1, 6, PL 54, 426)" (dal Discorso alle comunità cattoliche ucraine nel 24 novembre del 1973 per la commemorazione del 305° anniversario del martirio di San Giosafat). Il papa propone "la mite e forte figura del Martire dell’unione", "davvero un faro di luce", "[...] come esempio non solo al clero, ai religiosi, alle anime consacrate e ai membri generosi del laicato cattolico, ma altresì ai Vescovi di tutto il mondo: modello sublime per essi di dedizione totale alle anime e alla verità, fino all'estremo respiro".
San Paolo VI inginocchiato davanti al sepolcro di San Giosafat nella Basilica di San Pietro,
il 25 novembre del 1963
L'arcivescovo maggiore e cardinale Josyp Slipyj presso la tomba di San Giosafat il 25 novembre 1969 pronunciò: "Che San Giosafat, figlio fedele della Chiesa e del popolo, guidi il nostro popolo alla vittoria! Egli difese l'unità della Chiesa e del popolo per tutta la sua vita. Anche a Polock, in Bielorussia, si sentiva come ruteno-ucraino, e convinceva anche i monaci del monastero delle Grotte di Kyiv sull'unità della Chiesa, il suo carattere forte e la santità eroica della vita dovrebbero incoraggiarci a seguire le sue orme, anche se ci costa anche un sacrificio, perché è necessario farlo, se si tratta del bene di Dio, della Chiesa e del popolo".
Nel discorso svolto il 12 febbraio del 1983 al Sinodo della Chiesa greco-cattolica il santo Papa Giovanni Paolo II disse: "Come un luminare splendente riluce fino ai giorni nostri per tutti noi la figura di san Giosafat, Arcivescovo di Polock, martire e apostolo per l'unità ecclesiastica. Sia completa l'unione delle vostre forze per il bene delle comunità". Nella sua Lettera Apostolica "Per il quarto centenario dell'unione di Brest" data il 12 novembre, proprio nel giorno della memoria di San Giosafat dell’anno 1995, Giovanni Paolo II scrisse, sottolineando il significato di San Giosafat: "Eppure, tanta vitalità ecclesiale fu sempre percorsa dal dramma dell’incomprensione e dell’opposizione. Ne fu vittima illustre l’arcivescovo di Polock e Vitebsk, Giosafat Kuncevych, il cui martirio fu coronato con l’immarcescibile corona della gloria eterna. Ora il suo corpo riposa nella Basilica vaticana, ove di continuo riceve l’omaggio commosso e grato di tutta la cattolicità".
Dall'enciclica
«Ecclesiam Dei» di Pio XI, papa, scritta in occasione del terzo
centenario del martirio di San Giosafat Kuncevych e promulgata il 12 novembre 1923: "La Chiesa di Dio, per ammirabile provvidenza, fu costituita in modo da
riuscire nella pienezza dei tempi come un'immensa famiglia. Essa é
destinata ad abbracciare l'universalità del genere umano e perciò, come
sappiamo, fu resa divinamente manifesta per mezzo dell'unità ecumenica
che é una delle sue note caratteristiche. Cristo, Signor nostro, non si
appagò di affidare ai soli apostoli la missione che egli aveva ricevuto
dal Padre, quando disse: «Mi é stato dato ogni potere in cielo e in
terra. Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni» (Mt 28, 18-19). Ma
volle pure che il collegio apostolico fosse perfettamente uno, con
doppio e strettissimo vincolo. Il primo é quello interiore della fede e
della carità, che é stata riversata nei cuori per mezzo dello Spirito
Santo (cfr. Rm 5, 5). L'altro é quello esterno del governo di uno solo
sopra tutti.
A Pietro, infatti, fu affidato il primato sugli altri apostoli come a perpetuo principio e visibile fondamento di unità. Ma perché tale unità e concordia si perpetuasse, Iddio, sommamente provvido, la volle consacrare, per così dire, col sigillo della santità e, insieme, del martirio. Un onore così grande é toccato appunto a san Giosafat, arcivescovo di Polock, di rito slavo orientale, che a buon diritto va riconosciuto come gloria e sostegno degli Slavi orientali. Nessuno diede al loro nome una rinomanza maggiore, o provvide meglio alla loro salute di questo loro pastore ed apostolo, specialmente per aver egli versato il proprio sangue per l'unità della santa Chiesa. C'è di più. Sentendosi mosso da ispirazione divina a ristabilire dappertutto la santa unità, comprese che molto avrebbe giovato a ciò il ritenere nell'unione con la Chiesa cattolica il rito orientale slavo e l'istituto monastico basiliano.
E parimenti, avendo anzitutto a cuore l'unione dei suoi concittadini con la cattedra di Pietro, cercava da ogni parte argomenti efficaci a promuoverla e a consolidarla, principalmente studiando quei libri liturgici che gli Orientali, e i dissidenti stessi, sono soliti usare secondo le prescrizioni dei santi padri.
Premessa una così diligente preparazione, egli si accinse quindi a trattare, con forza e soavità insieme, la causa della restaurazione dell'unità, ottenendo frutti così copiosi da meritare dagli stessi avversari il titolo di «rapitore delle anime»". (AAS 15 [1923] 573-582).
A Pietro, infatti, fu affidato il primato sugli altri apostoli come a perpetuo principio e visibile fondamento di unità. Ma perché tale unità e concordia si perpetuasse, Iddio, sommamente provvido, la volle consacrare, per così dire, col sigillo della santità e, insieme, del martirio. Un onore così grande é toccato appunto a san Giosafat, arcivescovo di Polock, di rito slavo orientale, che a buon diritto va riconosciuto come gloria e sostegno degli Slavi orientali. Nessuno diede al loro nome una rinomanza maggiore, o provvide meglio alla loro salute di questo loro pastore ed apostolo, specialmente per aver egli versato il proprio sangue per l'unità della santa Chiesa. C'è di più. Sentendosi mosso da ispirazione divina a ristabilire dappertutto la santa unità, comprese che molto avrebbe giovato a ciò il ritenere nell'unione con la Chiesa cattolica il rito orientale slavo e l'istituto monastico basiliano.
E parimenti, avendo anzitutto a cuore l'unione dei suoi concittadini con la cattedra di Pietro, cercava da ogni parte argomenti efficaci a promuoverla e a consolidarla, principalmente studiando quei libri liturgici che gli Orientali, e i dissidenti stessi, sono soliti usare secondo le prescrizioni dei santi padri.
Premessa una così diligente preparazione, egli si accinse quindi a trattare, con forza e soavità insieme, la causa della restaurazione dell'unità, ottenendo frutti così copiosi da meritare dagli stessi avversari il titolo di «rapitore delle anime»". (AAS 15 [1923] 573-582).
L'icona eseguita da Modest Sosenko, la chiesa basiliana a Zolochiv
L'appello d'onorare e imitare San Giosafat - nell'amore alla santa Fede, la Chiesa, il rito e il popolo - furono le parole del patriarca Josyf cardinale Slipyj, che il 25 novembre 1969 disse alla tomba di San Giosafat: “Possa San Giosafat essere una fedele guida per il popolo, fino a quando avremo la nostra vittoria. Ha difeso l'unità della Chiesa e del popolo durante tutta la sua vita. Anche a Polotsk, in Bielorussia, si sentiva ucraino e convinse anche i monaci delle Grotte a Kyiv. Il suo carattere forte e l'eroica santità della sua vita dovrebbero anche incoraggiarci a seguire le sue orme, anche se ci costa sacrifici, è necessario quando si tratta del bene di Dio, della Chiesa e del popolo”(Annunciazione, V, 1-4, 1969).
e clero della Chiesa greco-cattolica uncraina presso la tomba di San Josafat
La tomba di San Giosafat, Apostolo martire per l'unità della Chiesa,
nella Basilica di San Pietro a Roma alla destra della tomba di San Pietro.
MESSALE
INTROITVS
ORATIO
Excita, quǽsumus, Dómine, in Ecclésia tua Spíritum, quo replétus
beátus Jósaphat Martyr et Póntifex tuus ánimam suam pro óvibus pósuit: ut, eo
intercedénte, nos quoque eódem Spíritu moti ac roboráti, ánimam nostram pro
frátribus pónere non vereámur.Per Dominum nostrum Jesum Christum, Filium tuum: qui tecum vivit et regnat in unitate eiusdem Spiritus Sancti Deus, per omnia saecula saeculorum.
Propter testaméntum Dómini et leges patérnas, Sancti Dei perstitérunt in amore fratérnitatis: Quia unus fuit semper spíritus in eis, et una fide
Petro Kholodnyj, la vetrata con la rappresentazione di San Giosafat,
chiesa di San Nicola a Mrazhnycia, l'inizio del XX secolo
Le reliquie di San Giosafat che dalla chiesa di Santa Barbara a Vienna
sono state regalate alla diocesi greco-cattolica di Bielorussia
sono state regalate alla diocesi greco-cattolica di Bielorussia
Josef Zimler, Il Martirio di San Giosafat, 1861, Museo Nazionale a Varsavia
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J. SUSZA, Cursus vitæ et certamen martyrii B. Josaphat Kuncevicii, Romae 1665, (Parisiis 1865)
J. SUSZA, Saulus et Paulus Ruthenæ Unionis sanguine B. Josaphat transformatus sive Meletius Smotricius, Romae, 1666
N. CONTIERI, Vita di S. Giosafat Arcivescovo e Martire Ruteno dell' Ordine di S. Basilio il Grande, Rome 1867.
A. GUÉPIN - W. KALINKA, Zywot S. Józafata Kuncewicza, meczennika, arcybiskupa polockiego, Lemberg 1885.
A. GUÉPIN, Un Apòtre de l'Union des Eglises en XVIIe siècle, 2 vols., Paris 1898
KOZANEVYC, Zytje sv. Svjašcenomucenyka Josafata Kuncevyca, Zovkva 1902
URBAN, Swiety Józafat Kuncewicz, biskup i meczennik, Kraków 1906
Й. СЛІПИЙ, Свящм. Йосафат Кунцевич, Львів 1925
М. М. СОЛОВІЙ – А. Г. ВЕЛИКИЙ, Святий Йосафат Кунцевич. Його життя і доба, Торонто 1967
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Roman Vasylyk, icona del XXI secolo
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PAOLO VI FUNZIONE IN ONORE S.GIOSAFAT (photovat.com)
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Ai Pellegrini greco-cattolici ucraini, in occasione del 50° anniversario della deposizione dei resti di San Giosafat nella Basilica Vaticana (25 novembre 2013) | Francesco
https://Kuntsevych, Yosafat (encyclopediaofukraine.com)servimariae.wordpress.com/2014/11/12/san-giosafat-kuncewycz-martire-dellucraina/
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La prima pubblicazione dell'articolo 11/11/19
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