UCRAINISTICA ANTROPOLOGICA * АНТРОПОЛОГІЧНА УКРАЇНІСТИКА
martedì 31 dicembre 2019
giovedì 21 novembre 2019
SAN MICHELE ARCANGELO
ARCHISTRATEGA DELLE MILIZIE CELESTI
PATRONO DELL'UCRAINA
21 novembre
Mosaico della cattedrale di Santa Sofia a Kyiv che rappresenta l'Arcangelo Michele
L'Arcangelo Michele è uno dei sette arcangeli indicato come archistratega (dal greco αρχιστρατηγός), il vincitore nella lotta contro il male, difensore della verità e della giustizia a lode e gloria di Dio e del Suo Santo Nome. Come è scritto nell'Apocalisse cap. 12, 7-9: "Scoppiò una guerra nel cielo: Michele e i suoi angeli combattevano contro il
drago. Il drago combatteva insieme con i suoi angeli, ma non prevalsero e non ci
fu più posto per essi in cielo. Il grande drago, il serpente antico, colui che
chiamiamo il diavolo e satana che seduce tutta la terra, fu precipitato sulla
terra e con lui furono precipitati anche i suoi angeli. Allora udii una gran
voce nel cielo che diceva: Ora si è compiuta la salvezza, la forza e il regno
del nostro Dio e la potenza del suo Cristo". Nell'Antico e Nuovo Testamento si descrive l'Arcangelo Michele ("Chi è
come Dio?") come il Combattente contro Satana
e i suoi servi (Gd 9; Ap 12, 7; Zc 13, 1-2), difensore di quelli che
seguivano il Signore (Dn 10, 13; 10, 20-21), protettore del suo popolo
(Dn 12, 1: "il grand principe che vigila sui figli del tuo popolo"), il
capo supremo dell'esercito celeste che difende i deboli e i
perseguitati. I riferimenti sull'Arcangelo sono in Is 2,1; 9, 5; 63, 9.
Nella tradizione veterotestamentaria San Michele è considerato come il
principe degli angeli, il protettore potente del popolo eletto, che
assiste con la forza divina. San Michele è menzionato nel testo apocrifo del Vangelo di Nicodemo. Sull'Arcangelo Micaele c'è scritto anche nella Leggenda aurea.
La venerazione per San Michele Arcangelo in Oriente risale al IV secolo. L'imperatore bizantino Costantino il Grande, che fu devoto al Sant'Arcangelo, edificò la cattedrale in onore di San Michele (il Micheleion) nella periferia di Costantinopoli. Nel battesimo della Rus' di Kyiv i teologi dell'epoca videro la vittoria della luce sull'oscurità, proprio come l'Arcangelo Michele sconfisse il potere del diavolo e lo scacciò dal Cielo.
La venerazione per San Michele Arcangelo in Oriente risale al IV secolo. L'imperatore bizantino Costantino il Grande, che fu devoto al Sant'Arcangelo, edificò la cattedrale in onore di San Michele (il Micheleion) nella periferia di Costantinopoli. Nel battesimo della Rus' di Kyiv i teologi dell'epoca videro la vittoria della luce sull'oscurità, proprio come l'Arcangelo Michele sconfisse il potere del diavolo e lo scacciò dal Cielo.
Il
culto micaelico si diffuse nella Rus' di Kyiv, dove era
considerato il santo patrono dei principi e patrono dell'antico stato
Rus' di Kyiv e della sua capitale - Kyiv, e in seguito, il protettore
nazionale dell'Ucraina. Alla fine dell'XI secolo era fondato un monastero di San Michele a Vydubyci che era uno
dei santuari più famosi di Kyiv. Il
nipote di Yaroslav il Saggio Svyatopolk portava il nome
Michele nel battesimo e fece costruire nel 1108 la cattedrale di San
Michele delle Cupole d'Oro, che divenne uno dei principali monumenti architettonici
dell'alta parte di Kyiv (si trova vicino alla Cattedrale di
Santa Sofia). Ovviamente, da allora, San Michele, il guardiano
dei guerrieri, è stato considerato il santo patrono di Kyiv.
Un gran numero di chiese sono dedicate in onore dell'Arcangelo Michele in tutta Ucraina. Sono le due feste dell'Arcistratega San Michele nell'anno liturgico della Chiesa orientale: 19 settembre - "Ricordo del miracolo di Chonae" e 21 novembre - "Sant'Arcangelo Michele e le Forze Celesti".
Un gran numero di chiese sono dedicate in onore dell'Arcangelo Michele in tutta Ucraina. Sono le due feste dell'Arcistratega San Michele nell'anno liturgico della Chiesa orientale: 19 settembre - "Ricordo del miracolo di Chonae" e 21 novembre - "Sant'Arcangelo Michele e le Forze Celesti".
La devozione del popolo ucraino verso San Michele si evidenzia con le sue
immagini su sigilli principeschi, stemmi, ondulazioni
militari, nell'araldica ancestrale, nelle dediche delle chiese e nelle icone. L'immagine del santo Arcangelo veniva spesso usata sulle insegne cosacche. Nel XVII scolo il korogva (bandiera)
con il nome dell'Arcangelo Michele era il simbolo più alto di tutto lo
stato. L'immagine di Michele si trova sugli stemmi di Kyiv ed altre città
ucraine: Vasylkiv, Gadyach, Kaniv, Tarashchy, Cherkasy, Chyhyryn.
L'immagine dell'arcangelo nelle antiche icone ucraina è profondamente simbolica, caratterizzata dallo schema e dagli elementi bizantini. Molto popolare nell'arte medievale ucraina divenne l'iconografia dell'arcangelo con le scene dei suoi atti. L'arcangelo si raffigurava spesso in posizione statica in abiti da dignitario di corte a figura intera che irradia la forza interiore. Il santo gueriero vestito in una tunica o in armatura militare con una lancia o una spada. Il viso è incorniciato da capelli ricci e ben incastonati che le ricadono sulle spalle. Secondo il canone bizantino, l'Arcangelo Michele è ritratto con una sfera trasparente nelle mani, un simbolo di lungimiranza dato all'Arcangelo da Dio.
L'immagine dell'arcangelo nelle antiche icone ucraina è profondamente simbolica, caratterizzata dallo schema e dagli elementi bizantini. Molto popolare nell'arte medievale ucraina divenne l'iconografia dell'arcangelo con le scene dei suoi atti. L'arcangelo si raffigurava spesso in posizione statica in abiti da dignitario di corte a figura intera che irradia la forza interiore. Il santo gueriero vestito in una tunica o in armatura militare con una lancia o una spada. Il viso è incorniciato da capelli ricci e ben incastonati che le ricadono sulle spalle. Secondo il canone bizantino, l'Arcangelo Michele è ritratto con una sfera trasparente nelle mani, un simbolo di lungimiranza dato all'Arcangelo da Dio.
Dal XVII secolo, con
l'influenza dell'arte occidentale, maturano nuove varianti
iconografiche, motivo per cui la bilancia divenne un altro attributo nelle
mani dell'Arcangelo, perché al Giudizio Universale peserà le azioni
buone e cattive delle persone (c.d. psicostasia (o psicostasi), la «pesatura delle anime» (gr. ψυχοστασία)). Questo motivo deriva dagli apocrifi veterotestamentari (in particolare Ascensione di Mosé). Un esempio di questa iconografia è l'icona dell'Arcangelo Michele
alla porta della iconostasi di Zhovkva del 1697-1699
di Ivan Rutkovych.
San Michele Arcangelo, particolare del Deisis, villaggio Dalova, XIV secolo
Museo Nazionale a Leopoli
Archistratega Michele con le scene degli atti, villaggio Storonna, XIV secolo
(Museo Nazionale a Leopoli)
San Michele, patrono di Kyiv
venerdì 18 ottobre 2019
Museo Nazionale di Hutsulshchyna e Pokuttya Folk Art: storia e organizzazione, di Yaroslava Tkachuk
Museo Nazionale di Hutsulshchyna e Pokuttya Folk Art : storia e organizzazione, di Yaroslava Tkachuk
Національний музей народного мистецтва Гуцульщини та Покуття імені
Йосафата Кобринського заснований у 1926 році. Розміщений у центральній
частині міста Коломиї, в колишньому Народному домі, збудованому на кошти
української громадськості.
Il Museo Nazionale di Hutsulshchyna e Pokuttya Folk Art prende il nome da Yosaphat Kobrynsky è stato fondato nel 1926 a Kolomyya. Si trova in centro. In precedenza era stata costruita la casa popolare a spese della comunità ucraina.
Le sue collezioni contengono oltre 50.000 oggetti che rappresentano tutti i tipi di arte popolare tradizionale di Hutsul e Pokuttya dal 17 ° secolo. fino ai giorni nostri. Tuttavia, ci sono reperti particolari risalenti al 4 millennio a.C. e che rappresentano la cultura agricola che è nota come "Trypillya" (sistema a tre campi) nella storia e nell'archeologia. Gli autori di questi oggetti artistici erano abitanti degli altopiani carpatici dei distretti di Ivano-Frankivsk, Zakarpattya e Chernivtsi, nonché Pokuttia situata tra i fiumi Prut, Dnister e Cheremosh.
Le sue collezioni contengono oltre 50.000 oggetti che rappresentano tutti i tipi di arte popolare tradizionale di Hutsul e Pokuttya dal 17 ° secolo. fino ai giorni nostri. Tuttavia, ci sono reperti particolari risalenti al 4 millennio a.C. e che rappresentano la cultura agricola che è nota come "Trypillya" (sistema a tre campi) nella storia e nell'archeologia. Gli autori di questi oggetti artistici erano abitanti degli altopiani carpatici dei distretti di Ivano-Frankivsk, Zakarpattya e Chernivtsi, nonché Pokuttia situata tra i fiumi Prut, Dnister e Cheremosh.
La creazione e l'organizzazione di mostre collettive museali è durata nonostante le enormi probabilità di confronto storico nel tempo in cui tutte le terre della Galizia erano sotto il regno della famiglia reale austriaca degli Asburgo. La sua apertura ha affrontato una costante aggressione e malcontento da parte di Rich Pospolyta (1935) ... Entrambi gli sforzi del popolo ucraino per esprimersi e rinnovare il proprio status al fine di raggiungere l'uguaglianza europea sono stati coronati da successo nonostante gli ostacoli politici. Grazie a Yosaphat e Volodymyr Kobrynsky, l'attività museale è stata lanciata in Galizia e ha incontrato gli standard internazionali per un po '.
Pertanto, fu fondata l'Associazione dei ricchi musei Pospolyta. D'ora in poi, i musei associati dell'Ucraina sono stati in grado di impegnarsi in attività educative tra la popolazione, organizzare e tenere conferenze, incontri accademici, in modo tale da identificare le principali tendenze e gli obiettivi della loro attività. Tale attività del museo e dei suoi funzionari irritò il governo polacco e poi quello sovietico. I polacchi avevano chiuso quell'organizzazione ucraina per diverse volte, gli ideologi sovietici stavano controllando continuamente, cercando di scoprire l'argomento a favore di eliminare quelle cose storiche. Spaventarono e perseguitarono quei funzionari del museo considerati nazionalisti borghesi ucraini.
Pertanto, fu fondata l'Associazione dei ricchi musei Pospolyta. D'ora in poi, i musei associati dell'Ucraina sono stati in grado di impegnarsi in attività educative tra la popolazione, organizzare e tenere conferenze, incontri accademici, in modo tale da identificare le principali tendenze e gli obiettivi della loro attività. Tale attività del museo e dei suoi funzionari irritò il governo polacco e poi quello sovietico. I polacchi avevano chiuso quell'organizzazione ucraina per diverse volte, gli ideologi sovietici stavano controllando continuamente, cercando di scoprire l'argomento a favore di eliminare quelle cose storiche. Spaventarono e perseguitarono quei funzionari del museo considerati nazionalisti borghesi ucraini.
Pertanto, in conformità con la Legge 268 del Consiglio dei commissari del popolo dal 27 febbraio 1945, il museo si unì al Comitato artistico del Consiglio dei commissari del popolo della Repubblica sociale sovietica ucraina e fu intitolato Museo statale di arte popolare di Hutsulshchyna. Avendo fatto valere i propri diritti, il governo sovietico ha sequestrato ufficialmente la collezione sphragistica (circa 500 preziosi sigilli e francobolli dalle competizioni del 1918-1919; la collezione unica contenente 10.000 pubblicazioni antiche; così come la raccolta di armi e altri documenti di importanza storica). Grazie agli sforzi del personale del museo e del suo direttore Volodymyr Kobrynsky molte cose sono state salvate nonostante numerosi ostacoli. Oggi sono tutti rappresentati in 18 sale espositive del museo in un'area di 1 000 di metri quadrati. Sono organizzati in sezioni che rappresentano tutti i tipi di arte popolare e classificati sulla base di principi storici, cronologici e monografici. Esistono arte popolare come la lavorazione del legno (intaglio, incrostazione, bruciatura del legno), il trattamento dei metalli, la lavorazione della pelle, la ceramica, la tessitura decorativa, l'arazzo, il ricamo e l'abbigliamento. Questi principi di classificazione ci danno l'opportunità di seguire le fasi principali dello sviluppo dell'arte popolare, le sue peculiarità stilistiche e artistiche, nonché di scoprire nuovi principi.
Gli showroom del museo coprono una superficie di 200 metri quadrati. Il museo ospita da 8 a 12 mostre all'anno. Secondo la tradizione, due di loro mostrano collezioni dei fondi del museo. A causa dello spazio espositivo limitato, queste collezioni non sono disponibili per i visitatori abituali. Tale metodo di attività espositiva offre l'opportunità di rappresentare le collezioni uniche del museo per la comunità più ampia e di introdurre l'arte popolare e professionale moderna dell'Ucraina e dei paesi stranieri.
Dal 2000 il museo organizza mostre permanenti di arte sacra che rappresentano capolavori della pittura di icone e personaggi popolari, perfettamente integrati da oggetti sacri in legno.
Nel 2002 la mostra museale comprendeva la sala commemorativa di Andriy Chaykovsky, noto come scrittore e persona politicamente esposta. La sua eredità politica e di scrittura era proibita ai tempi sovietici.
Alla fine del 2006 è stata aperta la sezione che rappresenta i mobili comuni agli abitanti dei Carpazi. Dal 2008 i suoi visitatori hanno avuto l'opportunità di conoscere il patrimonio artistico dei pittori ucraini.
Dal 2000 il museo organizza mostre permanenti di arte sacra che rappresentano capolavori della pittura di icone e personaggi popolari, perfettamente integrati da oggetti sacri in legno.
Nel 2002 la mostra museale comprendeva la sala commemorativa di Andriy Chaykovsky, noto come scrittore e persona politicamente esposta. La sua eredità politica e di scrittura era proibita ai tempi sovietici.
Alla fine del 2006 è stata aperta la sezione che rappresenta i mobili comuni agli abitanti dei Carpazi. Dal 2008 i suoi visitatori hanno avuto l'opportunità di conoscere il patrimonio artistico dei pittori ucraini.
La struttura del museo è composta da tre rami uguali.
Il Museo Kosiv di arte popolare e vita di Hutsulshchyna è stato fondato sulla base di una collezione privata realizzata da Yevhen Sahaydachny, noto come pittore, scultore ed etnografo di talento. Nel 1970 divenne parte di un grande museo.
L'energia vitale di Pysanka, la sua unicità, la ricca varietà di motivi decorativi, nonché tutti i costumi e le tradizioni ad esso associati sono diventati la pietra angolare dell'esclusivo Museo di Pysanka. In primo luogo è stato aperto nella chiesa dell'Annunciazione (il monumento architettonico del XVI secolo) nell'autunno del 1987. Dopo altri 13 anni il museo ha preso il suo posto. La costruzione architettonica è costruita a forma di uovo di Pasqua (13 metri di altezza), come pubblicità originale e peculiare del museo. Oggi i fondi del museo possiedono una vasta collezione di oltre 12.000 uova di Pasqua. La collezione permanente del museo comprende non solo le uova di Pasqua di tutte le regioni dell'Ucraina, ma contiene anche esempi provenienti da Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Romania, Bielorussia, Francia, Canada, Stati Uniti, Pakistan, India, Shri Lanka, Cina, Egitto e Algeria.
Il 3 gennaio 2007 il Museo Etnografico ed Ecologia dei Carpazi di Yaremcha si è unito al museo di base situato a Kolomiya.
Una funzione importante di questo museo è l'organizzazione di festival, seminari, conferenze e tavole rotonde, in cui vengono sollevate le questioni relative allo sviluppo delle tradizioni popolari.
Le questioni chiave dell'attività dei musei nazionali sono legate all'arte professionale moderna, ai suoi compiti principali e alla sua divulgazione. Pertanto, tutte le collezioni sono aggiornate su base regolare con i migliori campioni d'arte.
L'energia vitale di Pysanka, la sua unicità, la ricca varietà di motivi decorativi, nonché tutti i costumi e le tradizioni ad esso associati sono diventati la pietra angolare dell'esclusivo Museo di Pysanka. In primo luogo è stato aperto nella chiesa dell'Annunciazione (il monumento architettonico del XVI secolo) nell'autunno del 1987. Dopo altri 13 anni il museo ha preso il suo posto. La costruzione architettonica è costruita a forma di uovo di Pasqua (13 metri di altezza), come pubblicità originale e peculiare del museo. Oggi i fondi del museo possiedono una vasta collezione di oltre 12.000 uova di Pasqua. La collezione permanente del museo comprende non solo le uova di Pasqua di tutte le regioni dell'Ucraina, ma contiene anche esempi provenienti da Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Romania, Bielorussia, Francia, Canada, Stati Uniti, Pakistan, India, Shri Lanka, Cina, Egitto e Algeria.
Il 3 gennaio 2007 il Museo Etnografico ed Ecologia dei Carpazi di Yaremcha si è unito al museo di base situato a Kolomiya.
Una funzione importante di questo museo è l'organizzazione di festival, seminari, conferenze e tavole rotonde, in cui vengono sollevate le questioni relative allo sviluppo delle tradizioni popolari.
Le questioni chiave dell'attività dei musei nazionali sono legate all'arte professionale moderna, ai suoi compiti principali e alla sua divulgazione. Pertanto, tutte le collezioni sono aggiornate su base regolare con i migliori campioni d'arte.
Il museo ha i suoi laboratori di restauro. Permette di riparare e ripristinare i pezzi del museo a spese del museo.
Tra gli altri dipartimenti importanti e assistenti del museo ci sono la biblioteca (oltre 10 000 di libri), l'archivio, i video e gli archivi audio. Non solo scienziati di altri musei, ma anche studenti e insegnanti possono usare la biblioteca in quanto è una specie di potente database scientifico e artistico per loro.
Le persone in tutto il mondo vengono a fare una visita. Ogni anno arrivano circa 250.000 visitatori.
Oltre alle attività scientifiche ed educative, le prerogative del museo sono la pubblicazione e la divulgazione di attività con l'assistenza dei mass media e la realizzazione di film sui temi dell'arte popolare, degli artisti popolari, delle usanze, della storia, ecc.
Oggi il museo continua a supportare le sue funzioni "tradizionali". Diventa un centro culturale, scientifico ed educativo aperto e versatile. La sua struttura organizzativa e funzionale è stata modificata. Passa dal santuario dei valori etnici e dell'essere umano e dei pezzi museali al cosiddetto modello onnicomprensivo della vita spirituale e materialistica della famiglia e della nazione.
Il compito più importante del museo è quello di sottolineare l'importanza vitale dello sviluppo della cultura popolare tradizionale, in quanto è parte integrante del patrimonio dell'umanità. Il patrimonio culturale mondiale unisce tutte le nazioni e le culture e l'arte popolare tradizionale di Hutsulshchyna ne è una parte enorme.
Yaroslava TKACHUK,
Direttore del museo
Tra gli altri dipartimenti importanti e assistenti del museo ci sono la biblioteca (oltre 10 000 di libri), l'archivio, i video e gli archivi audio. Non solo scienziati di altri musei, ma anche studenti e insegnanti possono usare la biblioteca in quanto è una specie di potente database scientifico e artistico per loro.
Le persone in tutto il mondo vengono a fare una visita. Ogni anno arrivano circa 250.000 visitatori.
Oltre alle attività scientifiche ed educative, le prerogative del museo sono la pubblicazione e la divulgazione di attività con l'assistenza dei mass media e la realizzazione di film sui temi dell'arte popolare, degli artisti popolari, delle usanze, della storia, ecc.
Oggi il museo continua a supportare le sue funzioni "tradizionali". Diventa un centro culturale, scientifico ed educativo aperto e versatile. La sua struttura organizzativa e funzionale è stata modificata. Passa dal santuario dei valori etnici e dell'essere umano e dei pezzi museali al cosiddetto modello onnicomprensivo della vita spirituale e materialistica della famiglia e della nazione.
Il compito più importante del museo è quello di sottolineare l'importanza vitale dello sviluppo della cultura popolare tradizionale, in quanto è parte integrante del patrimonio dell'umanità. Il patrimonio culturale mondiale unisce tutte le nazioni e le culture e l'arte popolare tradizionale di Hutsulshchyna ne è una parte enorme.
Yaroslava TKACHUK,
Direttore del museo
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Fonte: http://hutsul.museum/
Marina Vyazovskaya ( Марина Вязовская ) ha risolto uno degli antichi problemi della geometria combinatoria
Marina Vyazovskaya ( Марина Вязовская ) ha risolto uno degli antichi problemi della geometria combinatoria.
La scienziata ucraina Marina Vyazovskaya, insieme ai suoi colleghi, ha fatto una nuova scoperta matematica.
È stato riferito dalla rivista Quanta : www.quantamagazine.org/universal-math-solutions-in-dimensions-8-and-24-20190513/
Hanno risolto un'equazione matematica che indica come un numero infinito di punti che si respingono si collocano in spazi di 8 e 24 dimensioni. Questa scoperta rappresenta una grande novità per il progresso della scienza matematica.
Marina Vyazovskaya lavora presso l'Università Federale della Tecnologia Svizzera.
Tre anni fa, lei e il suo team hanno fatto un'altra importante scoperta nello stesso campo. Quindi sono stati in grado di impacchettare le palle in spazi di 8 e 24 dimensioni. Questo problema era considerato una dei più difficili in matematica e non poteva essere risolta dal 1611.
Note biografiche da Wikipedia
- Maryna Sergiivna Viazovska[1] (Ukrainian: Марина Сергіївна В'язовська;[2] born 1984)[3] is a Ukrainian mathematician who, in 2016, solved the sphere-packing problem in dimension 8[4][5][6] and, in collaboration with others, in dimension 24.[7][8]
Previously, the problem had been solved only for three or fewer
dimensions, and the proof of the three-dimensional version (the Kepler conjecture) involved long computer calculations. In contrast, Viazovska's proof for 8 and 24 dimensions is "stunningly simple".[8]
- Bondarenko, Andriy; Radchenko, Danylo; Viazovska, Maryna (2013), "Optimal asymptotic bounds for spherical designs", Annals of Mathematics, Second Series, 178 (2): 443–452, arXiv:1009.4407, doi:10.4007/annals.2013.178.2.2, MR 3071504
- Viazovska, Maryna (2017), "The sphere packing problem in dimension 8", Annals of Mathematics, 185 (3): 991–1015, arXiv:1603.04246, doi:10.4007/annals.2017.185.3.7
- Cohn, Henry; Kumar, Abhinav; Miller, Stephen D.; Radchenko, Danylo; Viazovska, Maryna (2017), "The sphere packing problem in dimension 24", Annals of Mathematics, 185 (3): 1017–1033, arXiv:1603.06518, doi:10.4007/annals.2017.185.3.8
- Cohn, Henry; Kumar, Abhinav; Miller, Stephen D.; Radchenko, Danylo; Viazovska, Maryna (2019), Universal optimality of the E8 and Leech lattices and interpolation formulas, arXiv:1902.05438, Bibcode:2019arXiv190205438C
As a student at Taras Shevchenko National University of Kyiv, Viazovska competed at the International Mathematics Competition for University Students in 2002, 2003, 2004, and 2005, and was one of the first-place winners in 2002 and 2005.[9] Viazovska earned a candidate degree from the Institute of Mathematics of the National Academy of Sciences of Ukraine in 2010,[2] a master's from the University of Kaiserslautern, and a doctorate (Dr. rer. nat.) from the University of Bonn in 2013. Her doctoral dissertation, Modular Functions and Special Cycles, concerns analytic number theory and was supervised by Don Zagier and Werner Müller.[10] She was a postdoctoral researcher at the Berlin Mathematical School and the Humboldt University of Berlin[8] and a Minerva Distinguished Visitor[11] at Princeton University. Since January 2018 she is full professor[12] at the École Polytechnique Fédérale de Lausanne in Switzerland after a short stint as tenure-track assistant professor.
As well as for her work on sphere packing, Viazovska is also known for her research on spherical designs with Bondarenko and Radchenko. With them she proved a conjecture of Korevaar and Meyers on the existence of small designs in arbitrary dimensions. This result was one of the contributions for which her co-author Andriy Bondarenko won the Vasil A. Popov Prize for approximation theory in 2013.[13] In 2016, she received the Salem Prize[14] and, in 2017, the Clay Research Award and the SASTRA Ramanujan Prize for her work on sphere packing and modular forms.[15][16] In December 2017, she was awarded a 2018 New Horizons Prize in Mathematics.[17] She was an invited speaker at the 2018 International Congress of Mathematicians.[18] For 2019 she was awarded the Ruth Lyttle Satter Prize in Mathematics.[19]
Selected publications
Fonte :
https://en.wikipedia.org/wiki/Maryna_Viazovska
http://maddmaths.simai.eu/news-2/maryna-viazovska-vince-il-premio-ruth-lyttle-satter-2019/
lunedì 14 ottobre 2019
Beata Vergine dell'Intercessione - Покрова Пресвятої Богородиці
L'INTERCESSIONE
DELLA BEATA VERGINE MARIA
L'icona dalla chiesa dell'Intercessione della Madre di Dio,
villaggio Ryvald, Volyn', XIV secolo
INTERCESSIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA
Покрова Пресвятої Богородиці
Il 14 ottobre è la festa dell'Intercessione della Beata Vergine, o, come dice il popolo, la Santa Intercessione. "Il manto copre l'erba con le foglie, il terreno con la neve, l'acqua con il ghiaccio e le ragazze con una corona nuziale." In Ucraina aderiscono ancora all'antica tradizione popolare di celebrare matrimoni dopo l'Intercessione. La parola "Pokrov (il manto)" è stata percepita sia come "copertina" che "patrocinio". La festa dell'Intercessione è una delle più venerate in Ucraina.
Il miracolo dell'apparizione della Vergine avvenne nel X secolo. Secondo la tradizione, la Madonna con il manto apparve nella chiesa di Blacherne a Costantinopoli nel 910 a Sant'Andrea mentre pregava. Sant'Andrea, probabilmente nativo a Kyiv, insieme al suo discepolo Epifanio, ebbe una visione della Vergine. La Vergine Maria circondata da angeli e santi, camminava nel cielo e dopo si vede inginocchiarsi e pregare in lacrime per i cristiani. La Madre di Dio allargava il velo (maforio) sulle persone. Questo miracolo divenne un segno della sua intercessione e della sua protezione. È l'idea del patrocinio della Nostra Signora che sta alla base dell'iconografia dell'Intercessione della Vergine.
L'iconografia, oltre al miracolo, include gli eventi e i personaggi non correlati cronologicamente per renderli partecipi al miracolo della Vergine. Nella raffigurazione della scena del miracolo sono inclusi il salmista Romano (VI sec.) l'imperatore Costantino (IV sec.), Basilio il Grande, Gregorio il Teologo, Giovanni Crisostomo (IV secolo).
Il miracolo dell'apparizione della Vergine avvenne nel X secolo. Secondo la tradizione, la Madonna con il manto apparve nella chiesa di Blacherne a Costantinopoli nel 910 a Sant'Andrea mentre pregava. Sant'Andrea, probabilmente nativo a Kyiv, insieme al suo discepolo Epifanio, ebbe una visione della Vergine. La Vergine Maria circondata da angeli e santi, camminava nel cielo e dopo si vede inginocchiarsi e pregare in lacrime per i cristiani. La Madre di Dio allargava il velo (maforio) sulle persone. Questo miracolo divenne un segno della sua intercessione e della sua protezione. È l'idea del patrocinio della Nostra Signora che sta alla base dell'iconografia dell'Intercessione della Vergine.
L'iconografia, oltre al miracolo, include gli eventi e i personaggi non correlati cronologicamente per renderli partecipi al miracolo della Vergine. Nella raffigurazione della scena del miracolo sono inclusi il salmista Romano (VI sec.) l'imperatore Costantino (IV sec.), Basilio il Grande, Gregorio il Teologo, Giovanni Crisostomo (IV secolo).
Icona dell'Intercessione della Beata Vergine, XIII secolo, Museo Nazionale dell'Arte, Kyiv


La Protezione con i capi dei cossaci, la metà del XVII secolo,
icona dal vilaggio Savarka, regione di Kyiv
icona dal vilaggio Savarka, regione di Kyiv
"La protezione della Vergine" con l'immagine di un ufficiale cosacco,
fine del XVII secolo, villaggio Kobyzhcha, provincia Bobrovytsya (regione Chernihiv).
fine del XVII secolo, villaggio Kobyzhcha, provincia Bobrovytsya (regione Chernihiv).
"Intercessione della Beata Vergine" XVIII secolo.
Icona da Sich "La Protezione della Vergine" con l'immagine dell'ultimo capo di Zaporozhzhia Petro Kalnyshevsky.
Questo è una copia del 1836 dell'icona originale di Sich, come evidenziato dall'iscrizione sul retro: "Una copia dell'icona antica che si trovava nello Zaporozhye Sich, e ora si trova interamente nel villaggio di Pokrovsky, che un tempo era il Sich. La copia fu eseguita per collezione per l'odierna Società di Storia del 1836 ".
"L'Intercessione della Madre di Dio" con la rappresentazione di Hetman Bogdan Khmelnytsky e arcivescove Lasaro Baranovych. La prima metà del XVIII secolo

"L'Intercessione della Vergine" che raffigura gli anziani cosacchi e le loro mogli, XVIII sec.
La Protezione della Madre di Dio con la rappresentazione d'hetman Ivan Sulyma, di Semen Sulyma, che divenne il colonnello di Perejaslav, dello zar e della zarina
Affresco "L'intercessione della Beata Vergine" nella Chiesa dei Padri Basiliani a Zhovkva, nella regione di Leopoli. Metà degli anni '30, artista - Julian Butmanyuk.
giovedì 10 ottobre 2019
EXHIBITION "THE CORROSION OF CHARACTER" - MOSTRA "L'UOMO FLESSIBILE"
EXHIBITION "THE CORROSION OF CHARACTER"
MOSTRA "L'UOMO FLESSIBILE"
a cura di Alessandra Troncone e Kateryna Filyuk
KIEV, 13-09-2019 al 10-11-2019
La mostra "The Corrosion of Character
(L'uomo flessibile)", a cura di Alessandra Troncone e Kateryna Filyuk,
rappresenta un dialogo tra artisti italiani e ucraini della nuova
generazione sul tema del lavoro visto come specchio per comprendere una
realtà moderna più complessa. Contemporaneamente l'attenzione si
concentra sulla flessibilità e la precarietà che hanno forti conseguenze
sugli individui di oggi.
Ispirandosi al saggio "The Corrosion of Character" di Richard Sennett (tradotto in italiano con il titolo "L'uomo flessibile"), il concetto curatoriale è mirato a scoprire in che modo la concezione del lavoro influisce sulla vita privata della persona.
La mostra presenta le opere degli artisti italiani e ucraini: Egor Anzygin, Yevheniia Bielorusets, Diego Cibelli, Antonio Della Guardia, Mykyta Lyskov, Paolo Patelli, Oleksiy Sai, Giulio Squillacciotti, Giuditta Vendrame.
L'inaugurazione della mostra si terrà il 13 settembre alle ore 19:00.
Gli orari di apertura:
dal 13 settembre al 10 novembre 2019 tutti i giorni dalle 10:00 alle 20:00.
Ingresso alla mostra e all'inaugurazione è libero.
Ispirandosi al saggio "The Corrosion of Character" di Richard Sennett (tradotto in italiano con il titolo "L'uomo flessibile"), il concetto curatoriale è mirato a scoprire in che modo la concezione del lavoro influisce sulla vita privata della persona.
La mostra presenta le opere degli artisti italiani e ucraini: Egor Anzygin, Yevheniia Bielorusets, Diego Cibelli, Antonio Della Guardia, Mykyta Lyskov, Paolo Patelli, Oleksiy Sai, Giulio Squillacciotti, Giuditta Vendrame.
L'inaugurazione della mostra si terrà il 13 settembre alle ore 19:00.
Gli orari di apertura:
dal 13 settembre al 10 novembre 2019 tutti i giorni dalle 10:00 alle 20:00.
Ingresso alla mostra e all'inaugurazione è libero.
Informazioni
Data: Da Ven 13 Set 2019 a Dom 10 Nov 2019Orario: Dalle 19:00 alle 20:00
Organizzato da : Platform for Cultural Initiatives "Izolyatsia"
In collaborazione con : Ambasciata d'Italia in Ucraina, Istituto Italiano di Cultura di Kiev, Fondazione la Quadriennale di Roma
Ingresso : Libero
Luogo:
IZONE Creative Community (Kiev, vul. Naberezhno-Luhova, 8, 2° piano)
--------------------------------------------------------
Fonte:
https://iickiev.esteri.it/iic_kiev/it/gli_eventi/calendario/2019/09/mostra-l-uomo-flessibile-a-cura.html
https://izolyatsia.org/en/project/corrosion-of-character
domenica 11 agosto 2019
Gli albori del folklore ucraino. Antecedenti e primi passi di un’etnografia alla ricerca delle comuni e antiche radici del popolo ucraino, di Tamara Mykhaylyak
Gli albori del folklore ucraino
Antecedenti e primi passi di un’etnografia alla ricerca delle comuni e antiche radici del popolo ucraino
Tamara Mykhaylyak
Università degli Studi di Napoli Federico II
Table of Contents
Abstract. This article discusses the main stages that have marked the origin and the development
of the various Anthropological disciplines in Ukraine. From the seventeen-century
onwards, several texts containing the notes of the foreign travellers on the Ukrainian
territories and their inhabitants started to be discovered. Furthermore, over the next
two centuries, the Ukrainian lands became the focus of study not only for Ukrainian
scholars, geographers and linguists, but also for poets and painters, who often enjoyed
adding ethnographic nuances to their stories. A crucial contribution was also provided
by different institutions, namely universities, scientific societies and amateur
associations, for which the interest in the demo-ethno-anthropological disciplines
became stronger and even more evident.
Keywords. ethnography, explorations, national
identity, Ukraine, Lviv, Kharkiv, Kiev
Ci soffermiamo in questa sede su nascita e sviluppo di interessi e studi di natura
folklorica rinvenibili in Ucraina fin dal XI secolo ma poi soprattutto dal Seicento alla
prima metà dell’Ottocento. Tali studi costituiranno lo zoccolo duro dell’etnografia
ucraina (narodoznavstvo
[1]) che si affermerà dalla seconda metà del XIX secolo. In testi letterari, ma anche
nei diari e nelle annotazioni fatte da viaggiatori spesso stranieri di epoca seicentesca
si iniziano a trovare descrizioni dei territori ucraini e dei popoli visitati. Nei
successivi due secoli studiosi prevalentemente ucraini di diverse provenienze
scientifiche, soprattutto geografi e linguisti, ma anche poeti e pittori, percorsero le
terre ucraine aggiungendo sovente ai resoconti di tali loro peregrinazioni sfumature
etnografiche.
Un ulteriore e fondamentale contributo fu dato successivamente da alcune
organizzazioni amatoriali, nelle quali si concretizzò e definì l’interesse per usanze e
costumanze delle popolazioni ucraine. La progressiva acquisizione di notizie, documenti,
materiali e reperti su tali realtà costituì la piattaforma, il punto da cui si mossero
nell’Ottocento istituzioni scientifiche prevalentemente statali, quali università e
altri centri di ricerca, intenzionate innanzitutto all’analisi e alla catalogazione di
quanto fino ad allora raccolto nel tempo [Pavljuk 2006, 15-22].
Sfogliando le pagine di alcuni annali ucraini del XI – XIV secolo, come Cronaca degli anni passati
[2] oppure Cronaca di Galizia e Volinia
[3], possiamo già
trovare diverse descrizioni della vita quotidiana e di usanze popolari. Nella Cronaca degli anni passati si riscontrano i primi accenni a
gruppi che vivevano nella Rus’ di Kiev messi a confronto in rapporto a differenze
riscontrate nei loro riti festivi. Nella cronaca su Galizia e Volinia vengono ricordate
le popolazioni confinanti con la Russia: lituani, cechi, tedeschi e tatari; qui troviamo
notizie sui loro usi e costumi, in particolare, per quel che riguarda l’abbigliamento.
Di fatto anche in Ucraina come altrove l’etnografia, prima di approdare nelle aule
universitarie, si “formò” lungo polverose strade di campagna, con la descrizione di case
contadine e mestieri agricoli, ascoltando e registrando fiabe e canti popolari.
Più specificamente tra XVII e XVIII secolo, il territorio ucraino venne visitato da
alcuni diplomatici, molti commercianti e uomini d’affari stranieri che in loro appunti e
diari fornirono non solo prime informazioni di natura geografica e storica dei luoghi
visitati, ma fecero anche accenni più o meno densi a costumanze dei popoli incontrati.
Tra tali precoci e preziose testimonianze vi è il diario del diplomatico austriaco
Erich Lassota, scritto tra il 1573 e il 1594, nel quale viene disegnato un quadro
politico della vita di Zaporiz’ka Sič
[4] e sono anche descritte alcune
città ucraine come Kiev, Leopoli, Luz’k [Sičync’kyj 1991, 15-18].
L’ingegnere francese Guillaume Le Vasseur de Beauplan, raccoglierà a sua volta
informazioni con le quali realizzare nel 1648 una prima mappa del territorio ucraino,
dalla quale l’editore olandese Willem Hondius creerà un’incisione. Questo documento è
integrato da una piccola illustrazione che raffigura un gruppo di persone in abiti
tradizionali [Sičync’kyj 1991, 21-24].
Fig. 1. Una delle prime mappe raffiguranti le terre ucraine, realizzata nel 1648
dall’incisore olandese Willem Hondius, sulla base di una carta manoscritta disegnata
dall’ingegnere francese Guillaume Le Vasseur de Beauplan.
Tra le testimonianze sulle terre e i popoli ucraini ne esiste anche una italiana: si
tratta di una storia dei cosacchi, scritta dal cappellano bellunese Michele Bianchi,
nato il 1° marzo 1603, conosciuto con lo pseudonimo di Alberto Vimina [Caccamo 1986,
235]. Per una serie di vicissitudini, questo religioso svolse, per conto della
Repubblica Veneta, uffici di natura essenzialmente diplomatica intervenendo in una
mediazione tra Polacchi e Cosacchi, recandosi presso il generale cosacco Bohdan
Chmel'nyc’kyj [Mamczarz 1968]. Nel 1671 furono pubblicate postume a Venezia le sue
memorie dal titolo Historia delle guerre civili in
Polonia, dove sono riportate le vicende delle guerre polacche contro i
Cosacchi succedutesi tra il 1648 e 1652. Dopo oltre due secoli, nel 1890, a Reggio
Emilia, il professor Giuseppe Ferraro stamperà la relazione di Bianchi, con descrizioni
della vita politica e quotidiana, del lavoro contadino e con osservazioni sull’esercizio
del potere presso i cosacchi [Vimina 1890, 1-23]. In riferimento a queste notizie sui
costumi dei cosacchi lo storico Domenico Caccamo scrive:
Figurano […] alcune veloci ma suggestive osservazioni: quella sul "ruvido senato che assiste al generale", dando vita a una primitiva democrazia che alterna le occupazioni agricole, la pratica delle armi e l'esercizio delle magistrature; o quella (in palese contraddizione) sulla dispotica autorità del generale nelle questioni di rilievo politico; o sulla duplice sua natura, l'una "sobria nell'amministrazione degli affari", l'altra "sepolta nell'ebrietà". Ed infine il ricordo personale dei pronti e piacevoli motti di spirito del Cosacco [Caccamo 1986, 263].
Un’altra figura straniera, che scrisse sugli ucraini, fu Johann Gottlieb Georgi,
medico e naturalista di origine tedesca, che, nel 1770 (secondo altre fonti nel 1768) su
invito della Accademia delle Scienze di San Pietroburgo, arrivò in Russia per
partecipare ad alcune spedizioni. Georgi fu inizialmente affiancato da Johan Peter Falk,
un botanico e medico svedese. I due studiosi viaggiarono nel sud-est della Russia,
regione del Volga, Urali meridionali, Siberia occidentale, Altaj, raccogliendo a margine
dei loro compiti di naturalisti, un ricco materiale etnografico. Successivamente, nel
1772 Georgi intraprese un’altra esplorazione con un suo conterraneo, anch’egli botanico,
Peter Simon Pallas. Negli anni a seguire Georgi compì ulteriori viaggi di ricerca in
molte aree della Russia, approfondendo, anno dopo anno, il suo interesse per
l’etnografia. Gli esiti di tutte queste ricerche saranno pubblicate nel libro Opisanie vsech obitajuščich v Rossijskom gosudarstve narodov, ich
zitejskich obrjadov, obyknovenij, odezd, zilišč, upraznenij, zabav, veroispovedanij
i drugich dostopamjatnostej (in italiano: La
descrizione di tutti i popoli che abitano nello stato Russo, dei loro riti
quotidiani, delle loro abitudini, del loro vestiario, delle loro abitazioni, dei
loro esercizi, dei loro svaghi, delle loro credenze e di altre cose
importanti)
. L’opera, in quattro
volumi, vide la luce nel 1799; vi troviamo la descrizione di ben ottanta popoli, il che
fa di questo corposo lavoro un cospicuo quadro della Russia multietnica dell’epoca
[Golovnev, Kisser 2015, 65]. Di fatto, si tratta della prima opera esplicitamente
finalizzata alla descrizione etnografica delle genti che vivevano nell’impero russo. I
volumi risultano inoltre impreziositi da numerose illustrazioni che raffigurano i
rappresentanti di popoli di molte diverse regioni, ritratti con estrema precisione e
cura dei particolari nei loro abiti tradizionali.
Nel quarto volume di tale opera un ampio spazio è dedicato alla Piccola Russia[5] e ai popoli che lì vivevano. L’autore, avendo attinto alle
fonti storiche locali, fa una ricostruzione della vita dei cosacchi e delle più
importanti battaglie che questi guerrieri combatterono nel corso degli anni contro il
Regno polacco, nonché contro le invasioni dei tartari e dei turchi.
Oltre a notizie di natura storico-giuridica, Georgi estende le sue osservazioni a
importanti aspetti di natura socioeconomica e culturale. Effettua una dettagliata
descrizione dei ceti sociali di Malorossija e dei
mestieri che esercitano i suoi abitanti; vi sono anche riferimenti all’organizzazione
del commercio e dell’agricoltura. L’autore fa una panoramica sulla vita quotidiana di
questa gente, sui modi di costruire le abitazioni, sulle tipologie degli abiti
tradizionali, sulla specificità di cibi e bevande e sulle credenze religiose[6]. Troviamo anche notizie circa le fattezze fisiche e le
caratteristiche “psicologiche” di uomini e donne. Di queste ultime Georgi ammira la
bellezza, mettendone allo stesso tempo in risalto l’indole coraggiosa e decisa,
ricordando come esse, al pari dei loro mariti e dei loro fratelli, travestendosi con
abiti maschili, avessero combattuto contro il nemico difendendo città e fortezze [Georgi
1799, 345-346].
Come visto assieme a testimonianze scritte si diffondono parimenti “illustrazioni”
sulle genti ucraine come, ad esempio, quelle di Jerzy Glogowski architetto, pittore ed
etnografo polacco che, tra il 1834 e il 1836, realizza circa trecento acquarelli
dedicati all’abbigliamento tradizionale ucraino [Krvavyč, Stel’maščuk 1988, 29]. Per
realizzare tale lavoro, Glogowski gira, talvolta anche a piedi, in numerosi villaggi e
cittadine della Galizia, realizzando centinaia di schizzi degli abiti maschili e
femminili. L’autore documenta il vestiario di tutti i ceti sociali, dai borghesi agli
artigiani, dai commercianti ai militari, anche se il suo soggetto preferito è quello
contadino. Glogowski ritrae i contadini con grande dignità: anche se sono poveri e
qualche volta scalzi i loro volti appaiono fieri. Ad onore del vero va detto che l’artista
indulge sovente nel disegno, nel bozzetto manierato: siffatta “rosea” immagine del
contesto rurale, che non era corrispondente alla dura vita della campagna, deriva anche
dall’influenza della corrente romantica che si afferma nel campo delle arti visive
europee tra il 1780 e il 1850.
Fig. 3.
Fig. 2 e 3. Acquerelli dell’architetto polacco Jerzy Glogowski, raffiguranti gli abitanti della Galizia. La prima immagine ritrae una contadina del villaggio Smil’nycja, i vistosi ricami dell’abito e del copricapo, indicano l’agiatezza e il benessere della donna, mentre la seconda mette in evidenza una grande sega appoggiata sulla spalla e un’ascia attaccata alla cintura, strumenti da lavoro di un tagliaboschi.
Fig. 2 e 3. Acquerelli dell’architetto polacco Jerzy Glogowski, raffiguranti gli abitanti della Galizia. La prima immagine ritrae una contadina del villaggio Smil’nycja, i vistosi ricami dell’abito e del copricapo, indicano l’agiatezza e il benessere della donna, mentre la seconda mette in evidenza una grande sega appoggiata sulla spalla e un’ascia attaccata alla cintura, strumenti da lavoro di un tagliaboschi.
Alle genti di Galizia è dedicato un nutrito corpus
di immagini, per le quali sono scelti appositi passepartout e sono aggiunte didascalie che indicano i luoghi e la data
di esecuzione. Le persone quasi sempre sono raffigurate in piedi con in mano strumenti
di lavoro come zappe, falci, asce, pale, rastrelli, cesti ed altri utensili domestici.
Gli sfondi sono ora neutri, ora raffiguranti case, muretti, recinzioni, alberi e
boschetti. Gli uomini quasi sempre indossano soprabiti di diversi colori e fogge,
abbelliti da bottoni, cinture e fusciacche ornamentali. Le donne e le ragazze sono
dipinte con le originali acconciature, oppure con vistosi fazzoletti in testa, bianchi e
colorati, dai bordi ricamati e frangiati, legati nei modi più ingegnosi[7].
Le illustrazioni di Glogowski costituiscono, pur con i limiti evidenziati, un
multiforme ventaglio etnografico dipinto a mano che si basa su una ricerca di campo e su
una prolungata presenza sul terreno in molteplici contrade dell’Ucraina occidentale.
L’autore, attraverso questi acquerelli, ci offre una dettagliata testimonianza dei modi
in cui vestivano i differenti ceti popolari all’inizio del XIX secolo, quali tipologie
di tessuti utilizzavano e quali decori impreziosivano gli abiti, il tutto sullo sfondo
di ambientazioni che si richiamavano alla vita quotidiana. Conosciamo così i mestieri
dell’epoca, gli strumenti del lavoro, le mercanzie vendute nei mercati, gli alimenti
della cucina popolare. Attualmente una ricca collezione di codesti acquarelli è
custodita presso la Biblioteca Scientifica Nazionale di Stefanyk nella città di Leopoli.
A partire dalla fine del Settecento fino alla metà dell’Ottocento, in Europa, il
romanticismo influenzò non solo la letteratura, la musica, le arti figurative, ma più in
generale iniziò a dettare le tendenze che avrebbero condizionato anche il viver comune e
la scena politica. Furono gli anni che videro l’ascesa e la caduta di Napoleone, il
determinarsi di imponenti rivolte sociali e il profondo mutare degli assetti politici di
alcuni governi europei. Molti romantici erano convinti nazionalisti, fortemente
impegnati nelle lotte per l’indipendenza del proprio paese. Come ricorda Francesco
Fedele:
i popoli europei vennero a una convinta ribellione contro l’autocrazia e l’assolutismo. Il termine «riforma sociale» divenne una parola-chiave da un capo al altro dell’Europa. Stati di concezione unitaria a regime costituzionale sorsero – o tentarono di sorgere – nei Paesi Bassi, in Francia, in Polonia, in Ungheria, in Grecia, in Italia.Rivolgimenti del genere punteggiarono come è noto la prima metà del secolo, l’età romantica, trasformando nell’arco di appena una generazione il paesaggio istituzionale e nazionale dell’Europa. L’idea stessa di «nazione» divenne un pilastro dell’epoca, come azione o come reazione [Fedele 1988, 39-40].
Anche l’Ucraina fu influenzata dal romanticismo europeo; il recupero dei valori etici
e nazionali divenne il fulcro dell'impegno di molti intellettuali, tra questi il
filologo Mychaylo Oleksandrovyč Maksymovyč, lo storico Mykola Ivanovyč Kostomarov e il
poeta Taras Hryhorovyč Ševčenko[8]. In campo letterario ma
pure teatrale si determinò una vena “etnografica” tipica non solo del romanticismo
ucraino. Molti scrittori e poeti riscoprirono la cultura popolare nel corso di viaggi e
soste in paesi e città dei più diversi luoghi della nazione ove raccolsero e
trascrissero fiabe, proverbi, canti tradizionali, prendendo nota inoltre di riti e
usanze locali.
Il progressivo accrescersi di tali descrizioni creerà le basi per il successivo
sviluppo delle discipline demologiche. Per inciso ricordiamo che parallelamente pure in
Russia vi furono molti esponenti delle arti e delle lettere che attinsero alla materia
folklorica per le loro opere. Aleksandr Sergeevič Puškin, ad esempio, si dedicò alla
trascrizione di canti popolari provenienti direttamente dalle proprietà terriere materne
di Michajlovsk [Baldi, Mykhaylyak 2016, 45]. Va però detto che in Ucraina coloro che
rivolsero il loro interesse alle tradizioni popolari non poterono farlo con la dovuta
libertà, ma subendo, all’opposto un controllo della Russia zarista che osteggiava lingua
ed editoria ucraina[9].
Nonostante tali difficoltà le ricerche mai si arrestarono. Alle raccolte di materiale
folklorico ancora caratterizzate da una sorta di inevitabile “fai da te” e da mancanza
di criteri che normassero e approfondissero le metodiche di osservazione e raccolta dei
dati, si andò progressivamente sostituendo un approccio per così dire più strutturato, e
la focalizzazione delle ricerche su tematiche precise, anticamera delle monografie
etnografiche.
In questa prospettiva, tra i precursori dell’etnografia ucraina ricordiamo Hryhorij
Kalynovs’kyj, sottufficiale dell’esercito russo che nel 1777 pubblicò a San Pietroburgo
Opisanie svadebnych ukrainskich prostonarodnych obrjadov,
v Maloj Rossii i v Slobodskoj Ukrainskoj gubernii,
takoz v Velikorossijskich slobodach,
naselennych malorossianami upotrebljaemych (in italiano: La descrizione dei riti matrimoniali
popolari ucraini nella Piccola Russia e Governatorato di Sloboda ucraina, anche
nelle altre sloboda russe, popolati dai Malorossi). L’opera venne stampata in un periodo storico, come detto, molto
travagliato: nel 1775 Zaporizs’ka Sič, il territorio,
posto sulla riva destra del fiume Dnipro, fu annesso alla Russia mentre l’Austria si
appropriò delle terre occidentali dell’Ucraina. Nonostante questa difficile e complessa
situazione, durante il regno di Caterina II, per un breve periodo, la censura diventò
più tollerante e permise la pubblicazione di alcuni testi concernenti la cultura
popolare. Il lavoro di Kalynovs’kyj, ristampato negli anni successivi più volte, è
considerato una monografia basilare e caratteristica della ricerca etnografica in cui
vengono descritte con dovizia di particolari le pratiche matrimoniali ucraine nelle loro
multiformi varianti. L’autore, in veste di etnografo ante
litteram dimostra infatti ottime doti di attento osservatore collegando
il rito matrimoniale alle sue simbologie, al costume festivo, alle libagioni. Alla fine
del testo è presente un riepilogo dei costi necessari per un matrimonio contadino: le
voci sono divise tra le spese spettanti alla sposa, pari a diciassette rubli e
quarantuno kopejki, e allo sposo, leggermente più basse, sedici rubli e settantanove
[Kalynovs’kyj 1777, 1-25].
Un’altra figura di spicco nella storia dell’etnografia ucraina è quella di Adam
Čarnozkij, conosciuto con lo pseudonimo di Zorian Dolenga-Chodakovs’kyj, considerato uno
dei fondatori della demologia ucraina. A conferirgli tale merito furono poeti e
scrittori del calibro di A. S. Puškin, M. V. Gogol’, M. M. Karamzin, che videro in lui
non uno dei tanti autodidatti più o meno eccentrici, appassionati di tradizioni
popolari, ma uno studioso erudito, profondo conoscitore delle antichità slave e delle
tradizioni popolari.
Adam Čarnozkij nacque nel 1784 in una famiglia nobile polacca. Il padre, a causa di
ristrettezze economiche, condusse il figlio presso parenti agiati per garantirgli una
adeguata istruzione. Sin da ragazzo si appassionò alla storia e alla cultura popolare.
Dopo aver finito il ginnasio nel 1801, proseguì gli studi in ambito giuridico, iniziò a
lavorare come aiutante presso il conte Neselovskij, governatore di Navahrudak, città
bielorussa che all’epoca dei fatti apparteneva all’impero russo. Nonostante il suo
principale impiego, non abbandonò la sua passione per le tradizioni popolari analizzate
in una prospettiva diacronica e sincronica. Compulsò testi antichi e manoscritti
custoditi in archivi locali annotando sistematicamente, in appositi taccuini, argomenti
e notizie di interesse folklorico. Nel 1808 fu arrestato con l’accusa di voler disertare
l’esercito russo, spogliato in seguito del suo titolo nobiliare, degradato e spedito al
confino a Omsk come semplice soldato. Dai suoi diari veniamo a sapere che nonostante il
lungo e difficoltoso viaggio attraverso le immense terre siberiane a cui dovette
forzosamente sottoporsi per raggiungere Omsk, fece di tale “restrittiva” esperienza
l’occasione per conoscere i popoli che potette incontrare lungo il suo cammino. Prese
appunti sulla loro vita quotidiana e sui riti a cui riuscì ad assistere, descrivendo
pure l’ambiente naturale, annotando i nomi locali di piante e alberi. Al termine della
permanenza a Omsk, quando il suo reggimento levò le tende, si trasferì clandestinamente
in Polonia e fu dato per disperso dalle autorità militari. Da quel momento in poi visse
sotto falsa identità facendosi chiamare Dolenga-Chodakovs’kyj Temendo di essere scoperto
e consegnato alle autorità russe, fece molti mestieri e cambiò spesso indirizzo di casa.
Nonostante queste vicende travagliate, ma grazie anche a questa “obbligata” mobilità il
periodo di clandestinità risultò come il più florido per Dolenga-Chodakovs’kyj. Allo
studio delle tradizioni popolari affiancò un interesse per le loro remote origini da cui
trasse pure informazioni utili a una ricostruzione della storia dei paesi slavi.
L’approccio etnografico si avvalse dunque di una prospettiva storica ma parimenti
linguistica: ne è un esempio la sua attenzione alla toponomastica e alla riscoperta
degli antichi nomi di fiumi, città e villaggi [Prijma 1951, 72-73]. In tal senso egli
rivendica all’Ucraina l’origine medesima del termine “Russia” assai diffuso quale radice
o etimo dei nomi di luoghi e corsi d’acqua: «he cited the fact that the Slavs called
many rivers and mountain as rusy (blond)» [Malykhina et al. 2017, 25].
Nel corso di suoi viaggi compiuti tra il 1817 e il 1819 nei territori dell’Ucraina
occidentale Dolenga-Chodakovs’kyj attuò a pieno tale sua prospettiva “integrata” e
“multidisciplinare” dove a sostenere il suo sguardo rivolto a presente e passato
concorrevano un’etnografia attenta alla descrizione di quanto rilevato sul terreno
hic et nunc e un’archeologia che gli tornò utile
per lo studio, ad esempio, dei kurgan[10] di Galizia, Volyn’ e Podillja. Le sue esplorazioni si
alternarono a una conseguente saggistica: nel 1818 uscì il suo primo lavoro, in polacco,
dal titolo Sugli slavi prima del cristianesimo,
l’anno seguente nella rivista russa Vestnik Evropy
(Notiziario dell’Europa) fu pubblicato l’articolo
Le ricerche sulla storia russa. In questi scritti
l’autore sottolineò e nei fatti dimostrò quanto le fonti orali e i dati raccolti sul
campo, dalla viva voce delle persone interpellate e ascoltate, fossero altrettanto
importanti per la ricerca storica quanto libri, annali e manoscritti.
Dolenga-Chodakovs’kyj divenne uno dei primi “promoter” e sostenitori della ricerca sul terreno, affermando che le
tracce delle antichità slave si trovavano disseminate sul territorio, nei canti
popolari, nelle case rurali, nei villaggi contadini[11].
Oltre a singoli entusiasti e appassionati studiosi di tradizioni popolari, a partire
dall’inizio dell’Ottocento, città come Charkiv, Leopoli e Kiev divennero luoghi dove
l’etnografia locale trovò terreno fertile per la sua crescita “istituzionale”.
Charkiv ove già nel 1805 era stata fondata un’università, divenne presto la capitale
della cultura ucraina. L’ateneo iniziò a promuovere e organizzare attività di raccolta
di materiale etnografico nelle varie regioni ucraine. Lo storico e geografo russo
Gavriil Petrovič Uspenskij, a cui nel 1807 fu assegnata la cattedra di storia, durante
una delle riunioni del consiglio accademico, ribadì ai suoi colleghi la necessità di
avviare campagne di raccolta di oggetti antichi e di manufatti inerenti le culture
tradizionali, redigendo a tal fine un questionario con le indicazioni per acquisire
codesti reperti. Lo stesso professore, dopo anni di ricerche, nel 1811 pubblicherà
Opyt povestvovanija o drevnostjach russkich
(Esperienza di una narrazione sulle cose antiche
russe), opera ristampata anche nel 1818, dove indaga sulla vita
quotidiana della gente vissuta ai tempi della Russia antica. Nell’introduzione ribadisce
lo scopo primario di questo suo lavoro, quello di raccontare il passato delle genti
russe, mettendo in risalto la loro ricca e varia cultura.
Da sempre si intraprendono viaggi anche nei paesi più lontani, verso popoli di cui si conosce soltanto il nome, oppure non si sa proprio nulla, con lo scopo di acquisire e diffondere notizie circa i loro caratteri e le loro usanze. [...] Le opere di questo tipo si leggono con piacere. [...] Qui [...] vengono proposte descrizioni di altro genere, non si tratta di popoli ignoti e sconosciuti [...] ma vengono rappresentati caratteri, usanze e istituzioni dei nostri antenati comuni, [...] grazie ai quali oggi siamo rispettati e stimati da altri popoli stranieri [Uspenskij 1818, XI-XII].
Con il passare del tempo, l’università, seguendo l’usanza dell’epoca, istituì, presso
la propria struttura, vari gabinetti, dove venivano custodite rarità archeologiche,
collezioni etnografiche, costumi tradizionali. Tale patrimonio, in seguito, andò a far
parte del Museo Universitario delle belle arti e cose antiche, istituito nel 1835.
Altri docenti universitari furono iniziatori di attività editoriali: dal 1816 al 1819
si stampò la rivista Ukrainskij vestnik
(Il Notiziario ucraino) e, dal 1824 al 1825, Ukrainskij zurnal (La Rivista ucraina). In entrambi i
periodici, oltre a una saggistica strictu sensu
letteraria, si pubblicavano contributi di ambito folklorico e storico-etnografico.
Lo slavista Izmail Ivanovyč Sreznevskij è un’altra figura di spicco nell’università di
Charkiv; egli diresse il Circolo dei amatori delle cose
nazional-popolari ucraine. Tra i membri di questo sodalizio possiamo
citare anche i poeti L.I. Borovykovskyj e A. L. Metlyns’kyj, gli storici M.I.
Kostomarov, V. V. Passek e M. M. Sementovs’kyj. Il movimento nacque dalla spinta del
romanticismo europeo, dal crescente sentimento nazionale ucraino e dalla voglia di
conoscere e onorare i valori nazionali. I partecipanti vedevano il folklore come una
fonte di ispirazione letteraria e a tal fine organizzavano spedizioni nelle varie
regioni ucraine. I risultati della loro attività esplorativa furono pubblicati nel
periodico Zaporozskaja Starina
(Antichità di Zaporoz’e), in stampa dal 1833 al 1838, sotto forma di
saggi, raccolte di fiabe, di poemi e canti di precipua marca contadina, i dati che
serviranno per comprendere l’anima nazionale delle genti ucraine [Makarčuk 2004, 15-16].
Grazie all’operato del circolo, l’intellighenzia
universitaria, ma soprattutto gli studenti, si appassionarono agli studi demologici.
Questi primi lavori hanno posto le basi per un successivo incremento delle ricerche
nell’ambito della cultura popolare, fornendo un prezioso materiale per la formazione
scientifica delle future generazioni di studiosi qualificati.
A Kiev, dopo l’apertura dell’università nel 1834, crebbe l’interesse per lo studio
delle tradizioni popolari. Lo storico ed etnografo Mychaylo Oleksandrovyč Maksymovyč,
primo rettore di questo ateneo, negli anni della sua attività promosse molte iniziative
che giovarono alla nascente disciplina etnografica. Dotato di personalità carismatica
seppe influenzare la gioventù accademica tanto che diversi suoi alunni divennero
folkloristi-etnografi e militanti politici attivi negli anni Quaranta e Cinquanta del
XIX secolo [Tokarev 2015, 281].
Nell’ottobre del 1835, sempre a Kiev, nacque il Comitato
temporaneo per la ricerca delle antichità passate, presieduto dal
provveditore dell’università Georg Friedrich von Bradke. Facevano parte di questa
istituzione Maksymovyč, appena citato, insieme ad altri professori e archeologi. Ruolo
fondamentale fu assunto dal metropolita di Kiev Evgenij, al secolo Evfimij Oleksijovyč
Bolchovitinov, che finanziò campagne di scavi archeologici in diversi punti della città.
Nello stesso anno, il comitato approvò la decisione di aprire, presso l’università, un
primo Museo delle Antichità di Kiev. Tutti reperti, rinvenuti durante gli scavi nel
centro storico, confluirono in questa struttura e l’archeologo K. Lochvyc’kyj ne divenne
il direttore. Dopo circa dieci anni, nel 1845, il comitato fu inglobato nella Commissione temporanea per la valutazione dei manoscritti
antichi. Successivamente, l’interesse verso l’etnografia fu sostenuto da
studiosi e scrittori come M. I. Kostomarov, P. O. Kuliš, O. V. Markovyč, ma soprattutto
T. H. Ševčenko, poeta, conoscitore delle tradizioni popolari e fervente patriota
ucraino. Molti di loro esplorarono le terre ucraine, ascoltando i canti tradizionali,
osservando la quotidianità della gente semplice. Tutto ciò troverà riverbero in opere
letterarie che elogiavano la cultura e il passato eroico del popolo ucraino.
Anche nell’Ucraina occidentale nacquero organizzazioni che sostenevano e promovevano
la cultura popolare. A differenza di Charkiv e Kiev, che erano sotto il dominio russo,
Leopoli nel 1772, dopo la spartizione della Polonia, passò nelle mani dell’Impero
asburgico, diventando la capitale del Regno di Galizia e Lodomiria. Il governo di Vienna
introdusse significative riforme nella burocrazia locale, riorganizzò gli spazi urbani,
costruì nuovi quartieri, ma soprattutto elevò la vita culturale della città: furono
edificati due teatri, fu riformata l’università e fu aperto un politecnico.
L’onda lunga di questi cambiamenti fece di Leopoli un importante salotto
intellettuale, dove nacquero organizzazioni letterarie, sodalizi musicali, case
editrici, stamperie e biblioteche. Dai primi decenni dell’Ottocento, i rappresentanti
dell’élite culturale locale o comunque di una
nobiltà o di un ceto imprenditoriale benestante, ma anche di esponenti del clero, si
mostrarono attratti dal mondo contadino e popolare. Nel dettaglio, significativa traccia
nella vita culturale ucraina di quell’epoca fu lasciata dal circolo letterario Russ’ka trijcja (Trinità Russa), fondato dal poeta Markijan
Semenovyč Šaškevyč, dal linguista ed etnografo Jakiv Fedorovyč Golovac’kij e dal
folklorista Ivan Mykolayovyč Vagylevyč [Steblij 2012, 395]. A partire dagli anni Venti
del XIX secolo, i rappresentanti di questo circolo divennero i promotori di ricerche
demologiche condotte nelle terre dell’Ucraina occidentale. Facevano parte di Russ’ka trijcja, oltre ai suoi fondatori, una ventina di
persone tra cui anche giovani studenti e seminaristi. I leader di Russ’ka trijcja trattenevano una regolare corrispondenza
con gli esponenti del movimento nazionale polacco, con lo scrittore e principale
ideologo del panslavismo[12] Jan Kollar, cofondatore della
slavistica scientifica Pavel Josef Šafařik, ma anche con molti altri attivisti politici,
ucraini e slavi. Assolutamente doveroso per gli associati era diffondere la lingua
ucraina, visitare villaggi e regioni rurali, facendo propaganda tra i contadini per la
lotta ai loro diritti. In occasione di questi numerosi spostamenti, parlando con la
gente, non si mancava di effettuare annotazioni sul folklore locale. I fondatori del
sodalizio ritenevano che la nascita di una nuova letteratura ucraina fosse possibile
attraverso la conoscenza del proprio popolo e delle sue tradizioni.
Nel 1834, il circolo tentò di varare una nuova rivista letteraria Zorja
(Stella), dove
poter pubblicare assieme canti popolari raccolti dalla viva voce dei loro esecutori di
estrazione contadina e opere ideate e firmate dai suoi associati. La censura bloccò
l’uscita della rivista e Russ’ka trijcja finì sotto
il controllo della polizia. Nonostante tale divieto, l’associazione, dopo qualche anno,
preparò per la stampa un altro almanacco letterario Rusalka
Dnistrovaja (L’Ondina del Dnestr), che come quello precedente ospitava
produzioni popolari e colte, canti, poesie e saggi storici in lingua ucraina.
Considerati i persistenti impedimenti riscontrati a Leopoli, Šaškevyč, nel 1837, insieme
ai suoi compagni, riuscì a stampare questo almanacco a Buda, l’attuale Budapest
[Steblij, 2012, 370]. Da qui un migliaio di copie fu introdotto in Ucraina ma la sua
diffusione venne di nuovo impedita dalle autorità. Solo un paio di centinaia di copie
sfuggì alla confisca, raggiungendo i lettori.
Fig. 4. La copertina dell’almanacco Rusalka Dnistrovaja (L’Ondina del Dnestr), l’opera ebbe una grande influenza sul rinascimento della letteratura ucraina e del movimento culturale nella Galizia.
L’almanacco si apriva con un elogio alla lingua ucraina ripartendosi poi in quattro
sezioni. La prima era dedicata al folklore con una ricca raccolta di canzoni popolari
divise per tematiche, preceduta dall’introduzione di Vagylevyč, che rifletteva sulle
diverse tipologie di duma
[13]: delle maschili sottolineava il tono
energico, forte e vitale mentre di quelle femminili metteva in evidenza la natura
melodica, di volta in volta sentimentale, passionale, malinconica.
La seconda sezione ospitava le opere letterarie degli associati; la terza proponeva
invece alcuni canti tradizionali serbi e un frammento di una cronaca ceca tradotto in
lingua ucraina. L’ultima eradestinata a contributi di natura storica e folklorica, nello
specifico ricerche sui manoscritti del monastero di S. Onofrio a Leopoli e una
recensione sull’opera etnografica di J. Lozyns’kyj, Ruskoe
vesile (Il Matrimonio russo), uno dei primi lavori dedicati alla
descrizione del matrimonio nell’Ucraina occidentale [Lozyns’kyj 1835, 1-153].
L’almanacco fu un evento in qualche modo rivoluzionario per la letteratura ucraina,
soprattutto perché dava ampio spazio alla lingua popolare divenendo un manifesto del
rinascimento culturale della Galizia.
Nello stesso periodo in cui Rusalka Dnistrovaja fu
data alle stampe, Šaškevyč lasciò Leopoli e dopo
qualche anno, nel 1843, morì, provato anche dalle reiterate persecuzioni della polizia e
dal progredire della tubercolosi. Anche le strade degli altri associati si separarono.
Il circolo purtroppo ebbe vita breve, ma la meteora di Russ’ka
trijcja, negli anni Trenta e Quaranta del XIX secolo, dette linfa non
indifferente al movimento nazionaldemocratico e culturale dell’Ucraina occidentale
[Kyrčiv 2011, 14], linfa a sua volta tratta dalla materia folklorica, da una comune
impronta antica e popolare.
Come già detto agirono proficuamente in questo quadro le attività svolte da università
e circoli culturali, da associazioni e riviste letterarie che debiti spazi riservarono
agli studi sulle tradizioni popolari quale espressione di un comune e antico cemento
culturale. La demologia prese a incuriosire la gioventù progressista. Si scoprì “il
potenziale pedagogico” del folklore, che incominciava ad essere visto come valido
strumento per formare e consolidare un'identità nazionale e accendere uno spirito
patriottico. La risposta a tutto ciò da parte dell’impero russo non si fece attendere.
Al fine di stroncare una nuova e crescente ondata di sentimento nazionale, fu vietato a
più riprese l'utilizzo della lingua ucraina negli ambiti istituzionali, nella stampa e
persino nel teatro. Di contro il governo austriaco, a cui apparteneva la Galizia, si
mostrò più tollerante verso il movimento nazionale ucraino: Leopoli potette così
diventare la capitale dell’etnografia ucraina ai suoi albori.
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[1] Il termine narodoznavstvo (in ucraino народознавство) proviene dall’unione di due parole ucraine narod “popolo” e znaty
“sapere”, e ha come oggetto di studio una determinata popolazione, le sue tradizioni, i
costumi, i mestieri, la religione, gli aspetti storico-culturali e le peculiarità della
vita quotidiana. In Ucraina, la parola narodoznavstvo
veniva, spesso, scambiata con i termini “etnografia” e “etnologia” in quanto non
esisteva una netta separazione tra questi due concetti. Anche nell’Europa slava, come
sinonimi di “etnografia” e “etnologia”, vengono usati i seguenti termini: narodovedenie (in Russia), narodopis (in Slovacchia e Repubblica Ceca), ludoznawstwo (in Polonia).
[2] Viene anche chiamato Manoscritto
Nestoriano o Cronaca di Nestore
incentrato sulla storia della Rus' di Kiev, redatto a più mani intorno al
1116. L'opera rappresenta una fonte primaria di informazioni sul passato della Russia,
della Bielorussia e dell'Ucraina, nel periodo medievale [Jaremenko 1990].
[3] Risale al XIII secolo, è ritenuta una delle più importanti testimonianze
sulla storia del Principato di Galizia e Volinia. Gli autori della cronaca
sono rimasti sconosciuti [Kotljar 2004, 37].
[4] Trattasi di un’organizzazione territoriale, politica, militare e sociale
dei Cosacchi di Dnipro esistente dal Cinquecento. L’esercito cosacco,
con la sua roccaforte Zaporiz’ka Sič, situata al di là delle rapide del fiume Dnipro,
svolse inizialmente un rilevante ruolo militare nelle campagne della Polonia,
contro Mosca e l’Impero ottomano. Quando la Polonia provò a porre sotto il suo controllo
i cosacchi, essi reagirono con una serie di rivolte armate. La più grande insurrezione
conto la nobiltà polacca e il clero cattolico fu guidata da Bohdan Chmel'nyc’kyj
nel 1648-1649. Dopo alcune vittorie, i cosacchi riuscirono a creare una formazione
politica indipendente ed imporre a gran parte dell’Ucraina una struttura militare
della Sič [Ščerbak 2005, 270-275].
[5] All’epoca i territori dell’attuale Ucraina, che facevano
parte della Russia, si chiamavano Piccola Russia (Malorossija). A tal proposito Kappeler scrive: «Già nell’accordo del
1654 lo zar si autodefiniva «Autocrate di tutta la Russia, Grande e Piccola» e definiva
la «Piccola Russia» sua eredità paterna (votčina) e
sudditi i suoi abitanti; il concetto di «Piccola Russia» (Malorossija), che proveniva dalla terminologia ecclesiastica bizantina,
divenne poi la denominazione ufficiale russa dell’Ucraina» [Kappeler 2006, 61].
[6] Nel libro di Georgi, si possono trovare molte descrizioni
minuziose e inaspettate sulla vita in Malorossija.
Tra le attività e i mestieri esercitati, si viene a sapere che vicino a Kiev c’era un
allevamento di bachi da seta e lavoratori specializzati per raccogliere gli insetti al
fine di produrre le tinture per le stoffe. L’autore si sofferma anche su come gli
ucraini trascorrevano il tempo libero, mettendone in risalto l’amore per la musica. A
sua detta la bellezza dei loro canti è paragonabile a quella delle melodie italiane
[Georgi 1799, 344- 345].
[7] Per le donne, specialmente quelle sposate, farsi vedere in
giro con il capo scoperto era considerato gesto inappropriato; si credeva inoltre che
tale disobbedienza avrebbe potuto essere motivo di scarsi raccolti o finanche causa di
malattie e morte del bestiame. Nelle regioni ucraine esisteva una grande varietà di
copricapi femminili, i più usati erano le chustki,
foulard colorati di lana o seta, la namitka, un
fazzoletto bianco adornato con ricami rossi, ma anche pivka,
korablyk, očipok, obrus e tanti altri
ancora [Voropaj 1991, 316-326].
[8] Ad esempio Kostomarov nei suoi lavori indagò sulle origini
e sulla formazione dello stato russo, sostenendo anche l'indipendenza dell’Ucraina
dall’impero zarista; a tal proposito scrisse un racconto satirico La rivolta dei animali (titolo originale Sko
tskoj
bunt, pubblicato postumo solo nel 1917), dove la rivolta
degli animali di una fattoria contro il padrone rappresenta una metafora
sull'oppressione russa in Ucraina. Kostomarov nell’opera Zakon
Bozij - Knyga buttja ucrajins’koho
narodu (La legge divina -
Il libro della genesi del popolo ucraino, scritto tra
1845-1846) elogiò la vita spirituale del suo popolo: «ogni straniero, arrivando in
Ucraina, rimane stupito dal fatto che in nessun altro paese del mondo si prega Dio così
intensamente, che l’uomo ama assai profondamente sua moglie e che altrettanto
profondamente figli amano i propri genitori» [Kostomarov 1991, 25].
A proposito della preghiera e dell’amore per la patria, nel 1847 il poeta Ševčenko in una delle sue poesie esclamò: «Amatevi, fratelli miei, amate l’Ucraina, e pregate Dio per il suo destino sventurato» [Ševčenko 2003, 549]. Per l’epoca le sue poesie erano rivoluzionarie, estremamente intense e profonde, arrivando dritto al cuore dei suoi compatrioti e accendendo l’anima per l’avvenire dell’Ucraina.
A proposito della preghiera e dell’amore per la patria, nel 1847 il poeta Ševčenko in una delle sue poesie esclamò: «Amatevi, fratelli miei, amate l’Ucraina, e pregate Dio per il suo destino sventurato» [Ševčenko 2003, 549]. Per l’epoca le sue poesie erano rivoluzionarie, estremamente intense e profonde, arrivando dritto al cuore dei suoi compatrioti e accendendo l’anima per l’avvenire dell’Ucraina.
[9] Il Settecento fu epoca difficile per la letteratura
ucraina. A seguito del divieto, da parte dell’impero russo, di pubblicare libri in
ucraino, la letteratura si esprimeva, prevalentemente, nelle forme popolari della poesia
orale e della satira: per paradosso questa condizione favorì però, almeno parzialmente,
la ricerca demologica. Nel secolo successivo si assistette ad altalenanti tentativi, da
parte soprattutto di poeti e scrittori, di “sdoganare” e far rinascere l'ucraino
conferendo a esso lo statuto di lingua ufficiale.
[10] Tumulo sepolcrale delle steppe ucraine e russe. Con la
denominazione “cultura dei kurgan” è stato proposto
di indicare l'insieme di culture preistoriche e protostoriche dell'Eurasia, che usavano
seppellire i morti di alto rango in tumuli funerari, edificati a partire dal 4000 a.C.
circa, e particolarmente nell'Età del Bronzo.
[11] Grande fu la sua passione per le fonti orali; fino al
1819 si stima che egli avesse trascritto la ragguardevole cifra di circa duemila canzoni
popolari.
[12] Il Panslavismo è un movimento culturale diffusosi in
Europa in seguito al romanticismo e alle guerre napoleoniche, che affermava l’esistenza
di una comune identità nazionale dei popoli slavi. Nacque nella prima metà
dell’Ottocento, nell’Impero asburgico, tra le élite
intellettuali slave. Inducendo e sollecitando i popoli slavi a prendere coscienza delle
proprie comuni radici, mirava a creare nell'Oriente europeo, un unico Stato nazionale.
[13] La duma è un canto
popolare epico ucraino, che nacque durante le guerre dei cosacchi contro le invasioni
turche e le oppressioni polacche; viene accompagnato da strumenti a corda come kobza e bandura [Hryza
2006, 669].
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Fonte: http://rivisteclueb.it/riviste/index.php/etnoantropologia/article/view/278/442#d5e35
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