domenica 14 aprile 2024

La Domenica delle Mirofore

La terza Domenica dopo Pasqua 
delle pie donne Mirofore  

di Yaryna Moroz Sarno


Giunte al Tuo Sepolcro, e non trovandovi 
il Tuo corpo immacolato, 
le donne dicevano con pietose lacrime:
“E’ stato forse rapito Colui che ha concesso 
all’emorroissa la guarigione?
E’ forse resuscitato Colui che già prima 
della sua passione aveva predetto la resurrezione?
Sì, Cristo è veramente risorto, 
Lui che dona la resurrezione ai morti!”

Dall'inno di Romano il Melode 


Il mosaico della basilica di Sant’Apollinare Nuovo, 520 ca, Ravenna

La miniatura del Vangelo di Rabbula, VI secolo, Firenze, Laur., Plut. 1.56

   Nella tradizione bizantina la terza domenica dopo la Pasqua è la festa delle Sante donne Mirofore (gr. Μυροφόροι, in lat. Myrophorae), portatrici della mirra, perché sono state queste donne ad essere le prime testimoni della Risurrezione del Signore. Il termine si riferisce alle donne che testimoniano la fedeltà sul Golgota, che erano testimoni della tomba vuota ed a loro viene rivolto il primo annuncio della Risurrezione; sono esse a riferire questo annuncio agli Apostoli. 
   Cercando Gesù per compiere il gesto d'amore, le Mirofore si preocupavano come possono qualcosa fori delle loro possibilità: spostare la pietra. Attraverso i testi liturgici la Chiesa insegna di cercare Gesù più di ogni altra cosa, non avendo paura degli ostacoli che sembrono inamovibili, guardando a Lui, non agli agli ostacoli. Ma, come si canta durante il Mattutino:  

Tu non hai impedito che fosse sigillata la pietra del sepolcro, 
e così risorgendo hai offerto a tutti la roccia della fede. 
Portando gli aromi per la Tua sepoltura al mattino 
le donne giunsero furtive al sepolcro, 
temendo la prepotenza dei giudei, 
e prevedendo la vigilanza dei soldati. 
Ma la loro debole natura vinse quella forte, 
perché il loro animo compassionevole era stato gradito a Dio. 
La pietra del sepolcro, che sembrava rinchiudere la vita annichilendo ogni speranza, diviene con la Risurrezione la roccia della fede, 
al punto tale che la debole natura delle donne, 
preoccupate da prepotenza e arroganza, 
sovrasta gli interlocutori, guardie, giudei o apostoli che siano.
(Dal canto del Mattutino) 


 La prima testimonianza della Risurrezione del Signore riferita alle pie donne con l'apparizione dell'angelo al Sepolcro è descritto nei Vangeli (Mt 27, 55–61; Mt 28, 1–10; Mc 15, 40–16, 11; Lc 23, 50–24, 10; Gv 19, 38–20, 18). I nomi di alcune di esse li conosciamo dai Vangeli: Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo il minore e di Giuseppe (Mt, 1-10), Salome, madre dei figli di Zebedeo (Mc,  16, 1-8) e una certa Giovanna ed altra Susanna (Lc 8, 3), che anche seguirono Gesù dalla Galilea. Sono state loro ad accompagnare Gesù al Calvario (Lc 23, 27-28) ed  al sepolcro, portando olio profumato (myron) per ungere il corpo morto del Signore. 
  Già nel Cantico dei Cantici si menziona myron (Ct 1, 3). Testimoni della morte e della sepoltura di Cristo, le pie Mirofore rappresentano quelli che cercano lo Sposo (Ct 3, 1-2; 5, 6; 6, 1). Cristo, il Figlio di Dio, è Unto nello Spirito, il Re Sacerdote e Sposo della Chiesa. Myron è uno dei titoli dati dalla Chiesa greca al Cristo. Le Miròfore, secondo l'esegesi dei Padri della Chiesa, simboleggiano la Chiesa Sposa alla ricerca dello Sposo.
   Gli evangelisti nominano un numero diverso di partecipanti a questo evento, senza menzionare la Madre di Dio. Tuttavia, i Santi Padri (come, per  esempio, Gregorio Palamas) riconoscevano la sua presenza, che influenzò anche  l'iconografia. Secondo la tradizione liturgica bizantina, la Vergine Maria stava tra le Donne Mirofore (μυροφόροι γυναίκες) ed insieme alle Donne Mirofore, è la Mirofora, portatrice del Figlio di Dio, l'Unto di Dio, Salvatore degli uomini e Sposo dei redenti. Le Donne sono le prime a vedere e ad ascoltare il Risorto, quindi testimoni e annunciatrici del mistero della Resurrezione, della vittoria di Gesù Cristo sulla morte. Si canta durante la liturgia della festa: "L’Angelo diceva alla Piena di grazia: "Salve, o Vergine pura, ti ripeto: Salve! Il tuo Figlio è risorto il terzo giorno dal sepolcro". Risplendi! Risplendi di luce, nuova Gerusalemme! Poiché la gloria del Signore si è levata sopra di te. Tripudia ora ed esulta, Sion, e tu, o pura Madre di Dio, rallegrati nella resurrezione del tuo Figlio".
 L'angelo, rivolgendosi alle Donne presso il Sepolcro del Risorto, disse: "Andate, annunciate, fate memoriale di tutti questi fatti" (Lc 24, 1-12) e "Non temete; andate ad annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea: là mi vedranno» (Mt 28, 10) fa di loro "apostole degli Apostoli" (come le chiamano nella liturgia bizantina), ed anche "le uguali agli Apostoli" (isapóstolai) nella tradizione greca. L’incontro di Gesù con le donne è raccontato dal Vangelo di Giovanni (20,1-8). La narrazione è amplificata con la descrizione dell'incontro del Signore al Santo Sepolcro vuoto con Maria Maddalena (cf. Mc 16, 9), dell’apparizione degli angeli. 
    Nelle letture liturgiche di questa festa si sottolinea il loro ruolo (Mc 16, 9-20, Atti 6, 1-7, Mc 15, 43–16,8). Il Canone della festa delle Mirofore fu composto da Sant'Andrea di Creta. 
   La memoria di queste pie donne è nominata per l'intera settimana, perciò è "la Settimana delle Mirofore", perché le mirofore sono state le prime testimoni della Risurrezione di Cristo e noi, imitando le mirofore, dobbiamo portare il vero profumo della vita nuova. Nel Troparion della Domenica delle Mirofore si dice: "Le donne di divina sapienza correvano con aromi, e ti cercarono con lacrime quasi tu fossi un mortale. Ma esultanti di gioia, ti adorarono Dio vivo, e te annunciarono ai discepoli tuoi, o Cristo". 
   Nei libri liturgici già nell'epoca iconoclasta e post-iconoclasta di Costantinopoli, la commemorazione delle portatrici di mirra si unisce al ricordo dei santi Giuseppe e Nicodemo, entrambi i membri del SinedrioGiuseppe d'Arimatea, che era un seguace segreto e Nicodemo (gr. Νικόδημος), anche il discepolo nascosto, che seguiva Gesù di notte, preparano alla sepoltura e deposero il Signore nel sepolcro nuovo (Gv 19, 39-40). Sulla deposizione di Gesù si  racconta nei Vangeli canonici (Mt 27, 57; Mc 15, 43; Lc 23, 50; Gv 19, 38), i Vangeli apocrifi di Nicodemo e di Pietro, gli Atti di Pilato. 
   Nell'iconografia la scena dell'Apparizione dell'Angelo alle mirofore è conosciuta dal III - IV secolo. Durante il periodo prima dell'iconoclastia principalmente questa era la scena che rappresentava la Resurrezione. Tra le prime scene delle mirofore al Santo Sepolcro è il dipinto affresco databile verso l'anno 232 nel battistero a Dura Europos (Mesopotamia settentrionale). Sono conosciute numerose raffigurazioni del motivo sui sarcofagi del IV - V secolo. Ancora nel VI secolo la scena delle donne mirofore al Santo Sepolcro rappresentava la Resurrezione (a volte inserita nel ciclo della Passione del Signore). Così, sulla miniatura del Vangelo di Rabbula (Firenze, Laurent. Plut. I 56. Fol. 13) sono unite due scene "La Crocifissione" e "L'apparizione dell'angelo alle donne mirofore"; come anche nel mosaico della basilica di Sant'Apollinare Nuovo a Ravenna (prima del 526). 
  Dal IX secolo (quando si formò la scena della Discesa agli Inferi) apparve l'iconografia che raffigurava le donne mirofore sedute presso la tomba (o in piedi) senza l'angelo. Nei secoli successivi (X e l'XI) la composizione dell'apparizione del Signore alle donne mirofore (per esempio, negli affreschi di Santa Sofia a Kyiv). L'iconografia si modificava nei secoli XIII e XIV. 

L'affresco nella sinagoga di Dura Europos 

La scena sul sarcofago di San Celso, IV secolo, 
chiesa di Santa Maria presso San Celso, Milano
                  
Dittico d'avorio di Trivulci, la fine del IV secolo, castello Sforzesco, Milano 

Il frammento del dittico di Milano, V secolo 

La copertina del Vangelo, in 
avorio, V secolo,  Museo del Duomo di Milano 

Il frammento della porta lignee, basilica di Santa Sabina a Roma, V secolo  

Placca d'avorio, Roma, IV-V secolo, Londra, British Museum
 
    Il tema era estremamente popolare nell'arte: sia nella pittura monumentale (mosaici e affreschi) che nei libri miniati e nell'arte applicata. 
 
 
L'immagine delle Mirofore al Santo Sepolcro sulle ampolle, VI secolo,
Museo del Duomo di Monza

Frammento del reliquario, VI secolo, I Musei Vaticani  
 

L'avorio del X secolo, Nord d'Italia, Metropolitan Museum 

Dr. Jeannie Constantinou. Christ is Risen, Part 2b. Rejoice, and Peace! / OrthoChristian.Com
La miniatura del Vangelo bizantino dell'XI secolo (Athos Dionys. 587, fol. 113 v)




L'avorio, 1100 ca, Salerno 

Il mosaico della cattedrale di San Marco, XII secolo, Venezia 

            Mosaico della cattedrale di Monreale, XII secolo, Sicilia         

La miniatura del XIII secolo, Museo J. Paul Getty, Los Angeles,  
Ms. Ludwig II 5 (83.MB.69), fol. 74v

 
    Sulle icone medievali spesso si rappresentava il momento quando le tre donne recate al sepolcro lo vedono vuoto. Tenendo nelle mani i vasetti della mirra per ungere il corpo del Signore, si trovavano davanti l'Angelo "vestito di una veste bianca", che disse: "Non abbiate paura!" (Mc 16, 6). "Non cercate tra i morti colui che è vivo. È risorto!" E come si canta nel troparion della festa, "Stando dinanzi al sepolcro, l’Angelo gridò alle donne mirofore: gli aromi si addicono ai mortali, Cristo invece si è mostrato libero da qualunque corruzione. Ma gridate: è risorto il Signore donando al mondo la grande misericordia". Questo brano evangelico risona nella Stichira dei Vespri: "Le mirofore, apparendo all'alba e vedendo vuoto il Sepolcro, esclamarono agli Apostoli: “L'Onnipotente ha abbattuto la corruzione e strappato coloro che erano nell'Inferno dalle catene; proclamate con franchezza che Cristo Signore è risorto, concedendo grande misericordia al mondo! "


   La miniatura del Vangelo di Lavuryshiv, XIII secolo
 
 
         Il frammento dell'icona della Passione del Cristo del XV secolo, villaggio Zdvyzhen
Museo Nazionale a Leopoli 

Il frammento dell'icona della Passione di Cristo, 
villaggio Trushevychi, fine del XV secolo , 
Museo Nazionale a Leopoli

Il frammento dell'icona ucraina "La Passione del Signore" del XVI secolo, 
villaggio Mygiv, provincia Staryj Sambir, regione di Leopoli
Museo Nazionale a Leopoli   


 
Il frammento dell'icona delle Passioni di Cristo, villaggio Ugreci, XVI secolo,
Museo Nazionale a Leopoli  



   Nella domenica delle Mirofore si presentano due brani del Vangelo, la prima delle quali viene letta al Mattutino ed è il racconto lucano (Lc 24, 1-12): 

    Il primo giorno dopo il sabato, di buon mattino, le donne si recarono alla tomba, portando con sé gli aromi che avevano preparato. Trovarono la pietra rotolata via dal sepolcro; ma, entrate, non trovarono il corpo del Signore Gesù. Mentre erano ancora incerte, ecco due uomini apparire vicino a loro in vesti sfolgoranti. Essendosi le donne impaurite e avendo chinato il volto a terra, essi dissero loro: "Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risuscitato. Ricordatevi come vi parlò quando era ancora in Galilea, dicendo che bisognava che il Figlio dell'uomo fosse consegnato in mano ai peccatori, che fosse crocifisso e risuscitasse il terzo giorno". Ed esse si ricordarono delle sue parole. E, tornate dal sepolcro, annunziarono tutto questo agli Undici e a tutti gli altri. Erano Maria di Màgdala, Giovanna e Maria di Giacomo. Anche le altre che erano insieme lo raccontarono agli apostoli. Quelle parole parvero loro come un vaneggiamento e non credettero ad esse. Pietro tuttavia corse al sepolcro e chinatosi vide solo le bende. E tornò a casa pieno di stupore per l'accaduto.


Gli affreschi nella cappella della Santissima Trinità a Lublino, 1418  



    Durante la Divina Liturgia si legge il brano del Vangelo di Marco (Mc 15,43 - 16,8): In quel tempo, Giuseppe d'Arimatèa, membro autorevole del sinedrio, che aspettava anche lui il regno di Dio, andò coraggiosamente da Pilato per chiedere il corpo di Gesù. Pilato si meravigliò che fosse già morto e, chiamato il centurione, lo interrogò se fosse morto da tempo. Informato dal centurione, concesse la salma a Giuseppe. Egli allora, comprato un lenzuolo, lo calò giù dalla croce e, avvoltolo nel lenzuolo, lo depose in un sepolcro scavato nella roccia. Poi fece rotolare un masso contro l'entrata del sepolcro. Intanto Maria di Màgdala e Maria madre di Ioses stavano ad osservare dove veniva deposto. Passato il sabato, Maria di Màgdala, Maria di Giacomo e Salome comprarono oli aromatici per andare a imbalsamare Gesù. Di buon mattino, il primo giorno dopo il sabato, vennero al sepolcro al levar del sole. Esse dicevano tra loro: "Chi ci rotolerà via il masso dall'ingresso del sepolcro?". Ma, guardando, videro che il masso era già stato rotolato via, benché fosse molto grande. Entrando nel sepolcro, videro un giovane, seduto sulla destra, vestito d'una veste bianca, ed ebbero paura. Ma egli disse loro: "Non abbiate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto, non è qui. Ecco il luogo dove l'avevano deposto. Ora andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro che egli vi precede in Galilea. Là lo vedrete, come vi ha detto". Ed esse, uscite, fuggirono via dal sepolcro perché erano piene di timore e di spavento. E non dissero niente a nessuno, perché avevano paura.

 

"Жони-мироносиці біля гробу Господнього "  2 пол 16 ст. с
L'icona ucraina della seconda metà del XVI secolo (1570 ca), villaggio Nakonecne,  
Museo Nazionale a Leopoli  


Fermatosi dinnanzi alla tomba,
l'Angelo alle donne recanti aromi gridò:
gli aromi si addicono ai mortali,
Cristo invece s'è mostrato alieno da ogni corruzione.
E voi gridate dunque:
è risorto il Signore per donare al mondo 
la grande misericordia
(Troparion della Domenica delle Mirofore)



Le pie donne mirofore vicino al Sepolcro del Signore 
(frammento dell'icona "San Michele Arcangelo con gli atti"),
la seconda metà del  XVI secolo, Museo Nazionale a Leopoli 


Frammento dell'icona del XVII secolo, villaggio Stara Skvariava, 
la scuola della pittura di Peremysl

L'icona ucraina del XVII secolo 

Frammento dell'icona ucraina della devozione popolare, XVII secolo,
Museo Nazionale a Leopoli

L'incisione, Triodion, Kyiv 1631 

L'incisione del Vangelo, 1636, Leopoli 

L'incisione nel libro di Lazzar Baranovyc "La Spada spirituale", Kyiv 1666

L'incisione della Tipografia di Cernighiv, 1685

L'incisione della Triodion pasquale, 1724

Ivan Rutkovyc, l'icona dell'iconostasi Volycia Drevlianska, 1680 

Ivan Rutkovych, l'icona dell'iconostasi di Zhovkva, 1697-99, 
Museo Nazionale a Leopoli 


  Insieme alle mirofore ed  agli apostoli, onoriamo Giuseppe d'Arimatea,
 il nobile consigliere e discepolo zelante per la pietà, 
e insieme a loro acclamiamo e con fede splendidamente celebriamo 
la risurrezione del Salvatore. Gloria.  
Chi mai potrà narrare la gloria indivisa della Deità soprassostanziale?
(Il canto della festa)  


Jov Kondzelevyc, Frammento dell'iconostasi di Skete di Maniava, 1698-1705

Olena Kulcycka, La tela "L'apparizione dell'Angelo alle donne"



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Per consultare alcune rappresentazioni ucraine: 
http://icon.org.ua/gallery/zhoni-mironositsi-bilya-grobu-gospodnogo/ 
https://www.pslava.info/LisnykyS_285,250066.html 
 

Ripubblicato e aggiornato, la prima pubblicazione del V. 2020  

venerdì 12 aprile 2024

Mykhailo Kotsyubynsky, il famoso scrittore ucraino ( 5 (17) settembre 1864 - 12 (25) aprile 1913)


Mykhailo Kotsyubynsky, 
il famoso scrittore impressionista ucraino  
(5 (17) settembre 1864 - 12 (25) aprile 1913)

a cura di Yaryna Moroz Sarno

 

  Il famoso scrittore ucraino Mykhailo Kotsyubynsky (in ucr. Михайло Коцюбинський) nacque il 5 (17) settembre 1864 a Vinnytsia nella famiglia di un dipendente statale. Mychailo ha ricevuto la sua istruzione primaria a casa. Della sua educazione principalmente si occupava la madre Glykeria Maksymivna, che proveniva da una famiglia aristocratica. Da lei prese una sottile organizzazione mentale e l'amore per la natura. Grazie a lei il futuro scrittore aveva l'opportunità di studiare esempi di alta arte fin dalla giovane età. 


 
                                         
 
  Dal 1875 studiò alla scuola e per i successivi cinque anni al Seminario Teologico, non limitandosi allo studio del solo programma obbligatorio: legge con ammirazione anche le opere di Taras Shevchenko, Marko Vovchko, Heinrich Heine, Mykola Gogol ed altri per prepararsi ad entrare all'università. Come scrisse dopo: "Ho sviluppato il mio gusto letterario sotto l'influenza della letteratura europea. Mi piace meno la letteratura slava. In tempi recenti, sono molto affezionato agli scrittori del nord (Ibsen, Arne Harbog, Knut Hamsun, Jonas Lee, Weed e altri), così come Maeterlinck, Rodenbach".
   
                                                
 
    Tra il 1882 e il 1892, Mykhailo Kotsyubynsky insegnava, dando lezioni private ai bambini delle famiglie benestanti a Vinnytsia e nei villaggi circostanti. Nel 1890, la sua poesia "La nostra casa" fu pubblicata sulla rivista "Dzvinok" di Leopoli. E ben presto sono stati pubblicati i suoi racconti "Kharytia", "Yalynka" (1891), che testimoniavano lo straordinario talento del giovane autore. Nelle prime opere di Kotsyubinsky, si sente l'influenza di Ivan S. Levitsky, ma anche lì si rivelano il colorito e l'armonia del talento del giovane scrittore. Già i suoi primi racconti sono caratterizzati da un sottile psicologismo, l'espressività e un laconicismo artistico.
    
 


 Dal 1898 lo scrittore si stabilì a Chernighiv, trovando un lavoro nell'amministrazione, dal 1900 al 1911 lavorò nell'ufficio statistico provinciale. Qui lo scrittore  incontrò la  sua futura moglie: Vira Deisha (1863-1921), che proveniva da un'antica famiglia nobile ucraina di Gortysky, il suo padre era dalla famiglia cosacca. Le insegnava francese, matematica e calligrafia.  


   Questo periodo della vita e del lavoro di Mykhailo Kotsyubynsky è speciale, poiché l'intellighenzia di Chernighiv si raccoglie intorno a lui. Mykhailo Kotsyubynsky intrattenne relazioni amichevoli con molti importanti scrittori, personaggi pubblici e politici ucraini: Borys Grinchenko, Yevhen Chykalenko, Volodymyr Antonovych, Ivan Steshenko, Volodymyr Strashkevych ed altri. Aveva una stretta amicizia con Mychailo Zhuk. L'artista dipinse i ritratti di M. Kotsyubynsky e delle sue figlie Oksana e Iryna, illustrò anche i suoi libri. Laboriosi ed energici M. Kotsyubynsky e M. Zhuk (che portava da Kotsyubynsky anche i suoi studenti preferiti Pavlo Tychyna, Arkady Kazka, Vasyl Ellansky ed Oleksandr Sokolovsky) cercavano d'aiutare anche i giovani di talento. 
  Mykhailo Kotsyubynsky è stato uno degli iniziatori e il primo presidente della società "Prosvita" a Chernighiv, che giudò nel 1906-08. Nel 1907 organizzò la serata dedicata a T. Shevchenko. 
   Aiutava a crescere creativamente ai giovani, raccogliendoli per i tradizionali "lunedì" (1906–07) e "i sabati letterari" (1911–12), dove partecipavano famosi scrittori Mykola Moronyj, Borys Grincenko, Volodymyr Samiylenko, Lysenko giovane Pavlo Tychyna ed altr., si discutevano le nuove opere lettrarie. I sabati letterari da Mychailo Kotsyubynsky divennero il nucleo della vita culturale della città. 

La foto con la moglie Vira, 1902

Il ritratto di Mychailo Kotsiubynsky eseguito da Mychailo Zhuk 
  
 Mykhailo Zhuk. An author of the modern Ukrainian typeface |  odessa-journal.com
Il ritratto di Mykhailo Kotsyubynsky, eseguito da M. Zhuk, 1907

 
   Nel 1900 viaggiò a Leopoli dove conobbe Ivan Franko. 
   Immerso in attività pubbliche ed educative, trovava anche il tempo e l'ispirazione per le nuove opere. Nella sua casa di Chernighiv, lo scrittore scrisse le sue opere migliori ("Strega"(1898), "In un modo umano" (1900), "Ad alto prezzo", "Bambola" (entrambi - 1901), "Sulla pietra", "Fiore di melo" (entrambi 1902), "Dal profondo" (1903-04), ", "Risate", "Lui sta arrivando" (entrambi 1906), "Intermezzo" (1908). A Chernighiv Kotsiubynsky creò una delle sue opere più importanti "Fata Morgana" (pubblicata in "L'antichità kyevana", 1904) sui tragici eventi nel villaggio di Vykhvostiv, a cui ha assistito. La seconda parte del romanzo "Fata Morgana" è stata pubblicata nell'aprile del 1910 nel "Messaggero letterario-scientifico". Dai sentimenti rurali ha catturato i principali cambiamenti nella coscienza dei contadini e le nuove tendenze della psicologia sociale del villaggio, che si è manifestata in pieno vigore durante la rivoluzione. 


   Lo scrittore viaggiando nei paesi europei, visitò Austria, Germania, Svizzera nel 1905, Grecia e Turchia. Dresda, Berlino, Vienna, Ginevra, Zurigo, Lucerna, Firenze, Venezia, Genova, Roma, Napoli e pochi anni dopo Costantinopoli, Salonicco, Atene, Creta, Sicilia - queste e molte altre città c'erano nel suo itinerario. 
  Kotsjubinsky aveva già guadagnato una certa popolarità in Europa, i suoi libri furono pubblicati in Francia e Germania durante la sua vita, Svezia, Repubblica Ceca, e ,quindi, aveva molti incontri sociali sulla strada per l'Italia. A Vienna è stato ammirato da tutti coloro che potevano raggiungerlo: dai parlamentari locali ai giornalisti tedeschi (proprio di recente è uscita con grande successo una traduzione tedesca di alcuni suoi racconti). Arrivando a Venezia in treno da Vienna, girova per le città italiane per un altro paio di settimane: va a Roma, poi a Napoli. 
   Per la prima volta venne in Italia nel 1905. Quando arrivò da Vienna in Italia per la prima volta, scrisse l'8 maggio del 1905 a sua moglie"L'intera strada da Vienna all'Italia è un paradiso". Lo affascinò con la sua bellezza Venezia: "La stessa Venezia, dove mi trovo per il secondo giorno, è così bella che è difficile descriverla", - scrisse in una lettera. A Milano fu colpito dalle enormi dimensioni del Duomo, che considerava uno degli edifici più belli del mondo. Kotsyubynsky ha scritto a sua moglie il 25 maggio del 1905: "Una cattedrale così bella che probabilmente non c'è edificio migliore al mondo. Ho sempre ammirato la cattedrale, sia sopra che dentro, e non riuscivo a staccare gli occhi da essa".
    Per la necessità della cure fu varie volte l'Italia: nel 1905, 1909, 1910 e 1911: stava a Milano, Roma, Firenze, Venezia, Messina e Napoli, per lungo periodo visse sull'isola Capri. 
    Soggiornò anche a Roma, Firenze, Napoli e Messina. Mychailo Kotsyubynsky a Roma ogni volta visitava i suoi posti preferiti, conosceva bene anche i musei vaticani. In una lettera lo scrittore afferma di conoscere Roma meglio di Chernighiv. Ebbe una grande impressione dell'arte a Firenze: “Ci sono diversi musei, bellissimi marmi, bronzi, immagini ovunque. Sembra che qui si viva solo dell'arte, non di pane, perché quando a Vienna vedi un bar o un ristorante, ma qui ogni casa è come i negozi di antiquariato e di immagini”.  

La cartolina da Capri 

 Più lungo periodo lo scrittore trascorse sull'isola di Capri. M. Kotsyubynskyi è stato molto colpito dai viaggi a Capri. Soggiornò a intermittenza nell'hotel "Palmira" e storico "Royal" per un paio di mesi alla metà del 1909, poi nel 1910 e dal novembre del 1911 al marzo del 1912. 
   L'impressione della bellezza di Capri la descrisse nella sua lettera: "Quì in qualche modo tutto l'organismo è attraversato dagli aromi del mare, dei fiori, così pieni di bellezza che ti dimentichi di essere un uomo, una creatura piuttosto impura, e ti sembri una pianta profumata. E tutto il tempo l'anima canta, si adegua all'armonia generale" (lettera dal 15 luglio 1910). In un'altra lettera scrisse: "Questa è la caratteristica di Capri, che affascina, attrae una persona. Anche se non sono qui per la prima volta e non per il primo giorno, e mi sembra che non sia la realtà ma una favola che è davanti ai miei occhi, qui tutto è così strano e magico" (del 30 luglio del 1910, lettera a Elia Shpaga). In un'altra sua lettera è scritto: "Mi dispiace lasciare Capri. Non ho ancora finito di leggere questo racconto, questo racconto magico, che è così affascinante e che è ancora così bello che probabilmente non ha fine. Tutto qui è infinitamente bello e affascinante, e più bevi la bellezza della natura, più hai sete. Non so come salutare Capri, da dove cominciare ". E fu proprio l'Italia con i suoi registri diversi della realtà a spingerlo all'analisi interna nella profonda dimensione psicologica, aiutandolo ad identificare e realizzare le sue nuove  opere, e alla fine sublimando la forma letteraria delle cosiddette "storie italiane".  
    Nel 1911, il suo sggiorno sull'isola soleggiata giunse giusto in tempo per le vacanze di Natale. Nelle sue lettere lo scrittore racconta alla sua famiglia le tradizioni di festeggiare il Natale a Capri. 
  Nella sua lettera del 23 dicembre 1911, M. Kotsyubynsky scrive: "Dopodomani è Natale qui. Ognuno si scambia regali. N. ha già dei doni che gli vengono portati: una bambola con un vestito meravigliosamente ricamato e un velo, come una giovane donna, ma sotto il vestito, invece di un corpo, un'intera montagna di fichi; vino - in bottiglie grandi e piccole, biancheria per la casa e così via. ... Lunedì i N. ceneranno da noi e andremo tutti in chiesa a celebrare le feste, che, si dice, qui vengono celebrate in modo grandioso". E il giorno dopo, in lettere datate 25-27 dicembre 1911, Mykhailo Kotsyubynsky racconta come è passato il Natale, descrivendo argutamente il divertimento festivo di Capri. "Quindi abbiamo già festeggiato il Natale. Per un'intera settimana, i conoscenti si sono scambiati regali, che vengono visualizzati sui tavoli per l'intera vacanza. I miei ospiti hanno decine di bouquet, vino in secchielli e bottiglie grandi, bambole dolci ripiene di fichi, tovaglioli, frutta, scarpe ricamate, lanterne, ecc. Qualcuno mi ha persino mandato un mazzo di rose e viole con un foglio di carta su cui è scritto "Tanti auguri di buon Natale".

 
 
 
   Furono gli industriali e grandi mecenati ucraini Vasyl Symyrenko (1835-1915), Volodymyr Leontovych (1866-1933) e Yevhen Chykalenko (1866-1933) ad offrire la loro beneficenza per lo scrittore. Fu con questi contributi che Mykhailo Kotsyubynsky andò nell'isola italiana di Capri nel 1909 per via Leopoli, Vienna, Roma e Napoli. Durante i viaggi nell'isola di Capri lo scrittore incontrava spesso Maxym Gorky, e nell'inverno 1911-1912 viveva con lui mentre scriveva le sue famose opere "Non è colpa dei cavalli" e "Regalo di compleanno". 

Kotsyubynskyj con gli amici sulla barca vicina a Capri

   Al ritorno dall'Italia nell'estate del 1910, Mychailo Kotsyubynsky visitò il villaggio dei Carpazi Kryvorivnya, dopo di che creò una delle sue migliori opere: il romanzo "Le ombre degli antenati dimenticati" (1911). 
 
L'autografo del romanzo "Le ombre degli antenati dimenticati" (1911). 

Copertina della prima pubblicazione del libro "Le ombre degli antenati dimenticati", 1913, grafica di Mykhajlo Zhuk 


Copertina del libro "Le ombre degli antenati dimenticati", grafica di Olena Kulchycka 






Le illustrazione del libro di Olena Kulchycka

Copertina del libro "Le ombre degli antenati dimenticati", grafica di G. Yakutovych 
 

Le illustrazione del libro "Le ombre degli antenati dimenticati", 1967
grafica di G. Yakutovych 


 
 
  Riposando nella "Atene ucraina" (chiamata così Kryvorivna) insieme a Ivan Franko, Lesya Ukrainka, Gnat Khotkevych, Mykhailo Kotsyubynsky ammirando questa regione scrisse: "Mi sono tuffato a capofitto nella regione di Hutsul ... che terra originale! Che insolito popolo da favola! Mi piace molto. Voglio scrivere storie sulla vita di Hutsul e ho paura di scrivere una bugia lì ". Disegnando immagini della vita e dello stile di vita degli Hutsuls, raccontando la storia di un amore tragico sullo sfondo dell'inimicizia tra due clan Hutsul, Kotsyubynsky comprendeva i sentimenti più importanti per la coscienza universale e le categorie di esistenza di amore e odio, vita e morte. Secondo la trama del romanzo, nel 1964 uscì un film omonimo di Sergiy Paradzianov, che è diventato uno dei capolavori cinematografici a livello mondiale. 
   Nel 1906-1912 Kotsyubynsky scrisse anche i racconti "Risate", "Se ne va" (1906), "Sconosciuto", "In viaggio" (1907), "Persona grata", "Come siamo andati al pozzo" (1908), "Debutto" (1909, "Lettera" (1911). 
   Nel 1911, la Società dei sostenitori della letteratura, scienza e dell'arte ucraina assegnò a Mykhailo Kotsyubynsky una borsa per tutta la vita di 2.000 rubli all'anno in modo che potesse dimettersi dal lavoro e dedicarsi alla creatività. Ben presto lo scrittore iniziò a sentirsi peggio (asma e tubercolosi). 
  Il grande scrittore morì nella primavera, il 25 aprile del 1913 a Kyiv. Fu sepolto sulla collina Boldina a Chernihiv, sulla riva destra del Desna. Dopo la morte del marito, Vira Ustimovna ha lavorato come correttrice di bozze, prestando il servizio nell'ufficio statistico provinciale. Nel dicembre 1921, morì a Chernihiv a causa di un forte tifo la vedova dello scrittore ed è stata sepolta accanto a suo marito. 
  Nella letteratura ucraina Kotsyubynsky è rimasto come maestro della prosa psicologica. Le sue opere insieme alle opere dei suoi contemporanei più anziani e più giovani (Ivan Franko, Olga Kobylianska, Lesia Ukrainka, V. Leontovych, N. Chernyavsky, Volodymyr Vynnychenko) hanno consolidato la tendenza della moderna letteratura ucraina a rompere con un'idealizzazione sentimentale della vita ucraina e con l'autolimitazione del quadro del realismo etnografico, e diventare una letteratura moderna indipendente e originale, sintetizzando l'anima delle persone nelle immagini della creazione artistica.

Il ritratto di Mychailo Kotsiubynsky di Mychailo Zhuk


Data di prima pubblicazione
17/09/21

Copertina delle opere, grafica di Les' Lozovskyj  


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